FABRIZIO POGGI alla CARNEGIE HALL

FABRIZIO POGGI alla CARNEGIE HALL di NEW YORK per il LEAD BELLY FEST
Quando cammini su quel palco ti senti il cuore in gola queste le parole di Leonard Bernstein uno dei più grandi compositori del ‘900 sulla Carnegie Hall, il leggendario teatro di New York.
Lo scorso 4 febbraio, insieme a Guy Davis e alla sua inseparabile armonica, anche Fabrizio Poggi ha calcato il palco di uno dei teatri più famosi al mondo la Carnegie Hall appunto.
L’occasione era il Lead Belly Fest concerto in memoria di Lead Belly, uno dei padri fondatori della folk music americana.
Unico italiano (e uno dei pochissimi europei) sul palco, Fabrizio Poggi ha condiviso la scena con l’amico Guy Davis e con alcune leggende della musica d’oltreoceano, artisti del calibro di Buddy Guy, Eric Burdon), Edgar Winter, Marky Ramone (il batterista dei Ramones) e Jon Cobert (che suonò il pianoforte su “Imagine” di John Lennon), Mark Rivera (sassofonista di Billy Joel) e tantissimi altri grandi artisti. Lo stesso festival si è svolto nel 2015 alla Royal Albert Hall di Londra con molti degli stessi artisti con l’aggiunta (si fa per dire) di Van Morrison.
Lead Belly in America è un personaggio molto popolare. E’ una pietra miliare della musica folk e blues del secolo scorso e ha influenzato tantissimi musicisti delle generazioni successive. George Harrison, per esempio, ha ripetuto più volte che senza Lead Belly non ci sarebbero stati i Beatles.
Oltre a una canzone di Davis, Guy e Fabrizio hanno proposto “Bourgeois Blues”, un pezzo del 1937 che Lead Belly scrisse per denunciare la discriminazione di cui fu oggetto durante un viaggio a Washington. Gli hotel della capitale rifiutarono di affittare una camera a lui e alla moglie Martha, e quando si indignò per il trattamento ricevuto un amico gli disse scherzando “Ma come, non sapevi che Washington è una città borghese?”. Lui, che era un ex schiavo, non conosceva l’esatto significato del termine ma ne rimase colpito e lo utilizzò per scrivere un testo breve ma molto incisivo.
Su quel palco che emana storia da ogni piccolo angolo, ci hanno suonato i Beatles, Charlie Parker, Pavarotti e tanti altri grandi della musica. Credo che tra i lettori del Busca ci sia sicuramente qualcuno che sia stato a sentire un concerto alla Carnegie Hall, e quindi sa di cosa parlo.
Ovunque ti giri, nei corridoi con le gigantografie di Billie Holiday e Duke Ellington; nei camerini con i pianoforti a coda rigorosamente Steinway, nel legno del palco, ovunque i tuoi occhi si girino si riempiono di lacrime emozionate.
Il back stage era pieno di artisti stellari, da Edgar Winter a Marky Ramone. Avvicinarsi a Eric Burdon salutarlo dicendogli che vieni dall’Italia e lui che si mette a cantarmi “Bell’ammore, bell’ammore” beh, come dice una celebre pubblicità, quello non ha prezzo.
E poi è arrivato il momento del concerto. Un’emozione indescrivibile e indimenticabile.
La vita ci ha dato il privilegio di vivere tanti momenti meravigliosi e come direbbero i nostri amici americani: “We feel blessed” e questo vissuto alla Carnegie Hall è forse tra i più grandi.
Come racconta Fabrizio: “Esibirmi in quella sala è stata la più grande emozione della mia carriera, un’impresa vissuta come un sogno e di cui ancora non mi sono reso conto. Quando ho finito il primo assolo di armonica e il pubblico ha applaudito, sono quasi sobbalzato per lo stupore. Non so se sia l’acustica, ma un applauso lì dentro è un boato assordante. Per qualche secondo sono rimasto interdetto, non mi aspettavo una cosa del genere. In quel momento non ho potuto fare a meno di sentirmi un po’ orgoglioso di essere italiano. Non sono certo il primo italiano ad essere salito sul palco della Carnegie Hall, ma sono forse uno dei primi ad esserci andato per suonare il blues, una musica che appartiene profondamente alla cultura americana”.
E quel boato l’ho sentito anch’io dal dietro le quinte e vi assicuro che ho avuto un tuffo al cuore.
Ci sono diversi aneddoti sulla Carnegie Hall, uno dei più famosi che ci raccontavano i nostri amici americani è quello di un celebre violinista che uscendo dalla Carnegie Hall incontra un turista che volendo visitare il teatro, gli chiede: “Scusi, come si fa ad entrare alla Carnegie Hall? ” E lui risponde: “Esercitandosi, facendo pratica, ogni giorno della tua vita”.
Se quel giorno mentre uscivo dalla Carnegie Hall fosse passato un turista e mi avesse chiesto come si fa ad entrare alla Carnegie Hall gli avrei risposto: credendo nei propri sogni, e suonare ogni giorno la tua armonica. Che è quello che ho visto fare a Fabrizio ogni giorno della sua vita. E il viaggio continua…
Angelina Poggi




Lead Belly Fest @ Carnegie Hall with: Buddy Guy, Eric Burdon, Kenny Wayne Shepherd; Marky Ramone, Tom Chapin; Dom Flemons as MC; Nick Moss with Michael Ledbetter ( a distant relative of Leadbelly); Laurence Jones; Josh White, Jr., (son of legendary folk singer Josh White who sang at Lead Belly’s funeral); Walter Trout; Edgar Winter, Guy Davis with Fabrizio Poggi; Sari Schorr; Dana Fuchs; Jerron “Blind Boy” Paxton; Tom Paley (who is the last man alive to have played with Lead Belly); and a house band led by Jon Cobert