Zachary Richard

Zachary è diventato il mio eroe nel momento in cui ho messo sul piatto “Women in the room” che è ancora il suo disco che preferisco, e lui lo sa. La sua fisarmonica cajun, e la sua voce piena di passione mi hanno subito rubato il cuore, Era il 1989. L’anno seguente al Milano Blues Festival Zachary apriva per Bonnie Raitt e noi a farci largo in un servizio d’ordine che sembrava quello di Madonna, per stringergli la mano, per dirgli: “Ciao, sono Fabrizio ..sai che per colpa tua sto mettendo in piedi una band che si ispira al suono di New Orleans”. Lui mi ascolta, mi saluta scambia qualche parola con la mia compagna Angelina, poi lo portano via come una rock star, lui che si sente un poeta, lui che divo proprio non è.
Qualche anno dopo, era il 1995 (avevamo già fatto un album “Mississippi Moon”) i Chicken Mambo incidono una loro personalissima versione di una bella canzone di Zachary. Si tratta di “Love my zydeco” tratta dal bellissimo “Zack’s bon ton”. Una persona ad un concerto una sera mi dice: “Perché non mandi il disco a Zachary Richard, se vuoi io posso farti avere l’indirizzo”. Non so come, ma l’indirizzo arrivò davvero. Misi il cd insieme ad una piccola lettera in una busta e gliela spedii. Passarono circa sei mesi, io se devo essere onesto ormai non ci speravo più, quando un giorno mi arriva un fax dagli Stati Uniti, il nome del mittente è Zachary Richard – Scott – Louisiana. Beh, sul fax dice che gli piace molto il disco in generale e trova carina la nostra versionedel suo pezzo. Gli piace tantissimo anche come suono l’armonica, che a volte a lui ricorda la sua fisarmonica. L’unica cosa che gli dispiace è che nel disco non ci sia un bell’organetto cajun. Ero molto emozionato, avere i complimenti di un musicista che stimi davvero non è cosa da tutti i giorni. Mi faccio coraggio e gli rispondo che l’organetto cajun non c’è perché non è facile trovare un buon organettista cajun nel nostro paese. Aggiungo anche un a”battutaccia”: “perché non vieni tu a suonare la fisarmonica nel prossimo disco dei Chicken?” Passano altri sei mesi, arriva un nuovo fax: Zachary: “io potrei anche venire a suonare sul vostro disco fatemi avere il recapito della vostra casa discografica che la metto in contatto con il mio manager”. Ho pensato: “ wow!” ma poi ho mandato a Zachary un fax in cui descrivevo cosa vuol dire suonare musica americana cantata in inglese nel nostro paese, di come usassimo i soldi guadagnati durante i concerti per pagarci i costi del cd, e quando avevamo finito i cd, i soldi che avevamo guadagnato li usavamo per incidere un nuovo disco. Non potevamo nemmeno permetterci uno scassatissimo pulmino.Quando andavamo a suonare al Sud, prendevamo il treno. Insomma gli ho detto la verità e forse ha capito cosa vuol dire suonare musica “alternativa” nel “più bel paese del mondo” (come ha detto Bob Dylan, a Torino qualche anno fa, anche se lui vive in America). Passano altri tre mesi e mi arriva un nuovo fax da Milano: sono Zachary sto completando il mio tour europeo e probabilmente ho due giorni liberi, se volete vengo a registrare e per farvi risparmiare sui costi, non vengo da Parigi, dove mi trovo, in aereo ma verrò in treno. Ricordo ancora vivissimamente quella mattina che io e l’Angelina siamo andati a prenderlo alla Stazione Centrale di Milano. Lui, il nostro eroe, è sceso dal treno con il suo organetto e una sacca da viaggio e ha detto semplicemente: “ciao sono Zachary”. Due ore dopo la “rockstar” che cercavo di salutare al Milano Blues Festival era seduta sul balcone di casa mia e mi stava insegnando come si suona l’organetto cajun. Zachary, che nel frattempo era diventato un amico, durante i giorni di registrazione mi ha raccontato tantissime storie sulla sua terra e sulle esperienze di musicista che mi hanno davvero fatto crescere. Mentre imparava a suonare “Hey Evangeline” e “Bayou Queen” mi raccontava dei suoi inizi e di come avesse deciso di diventare un “cajun rocker”. Zachary, tra l’altro, mi ha raccontato che in quel periodo era in contatto con un noto cantautore italiano, diciamo folk –pop, uno che suona il violino, è magro e ha tantissimi capelli, tanto per non fare nomi. Il cantautore folk italiano e il cajun cocker, erano in contatto perché avevano la stessa casa discografica e avevano inciso una versione di un brano di Zachary tradotto e cantato dal violinista di casa nostra.
Ebbene quando ha saputo che Zachary veniva a suonare con noi si è molto arrabbiato e pare gli abbia detto: “Ma quelli non sono nessuno..non perderti con degli sconfitti in partenza…” Per fortuna Zachary, che ha meno capelli ma più cuore, non gli ha dato retta. Il mio nuovo amico mi ha confessato tra l’altro di aver iniziato con la musica proprio con il mio strumento prediletto : l’armonica a bocca, e di voler suonare un rock “alla Rolling Stones”. Durante un viaggio a Parigi in quegli anni scoprì, paradossalmente, la musica tradizionale della Louisiana e ne fu fatalmente attratto. Il suo compagno di viaggio era Michael Doucet (il fondatore dei Beausoleil) che un tantino più convinto di lui, lo convinse ad imparare la fisarmonica diatonica tradizionale e ad abbandonare il rock.
Zachary incide con Michael qualche album di “vera” musica cajun ma poi scopre l’energia dell’errebi suonato con la fisarmonica di Clifton Chenier e decide di contaminare (per nostra fortuna) la musica cajun con la sensualità del blues e l’energia del rock.
Michael Doucet non lo saluterà più ma questa è un’altra storia. La mia esperienza con lui è continuata con gli anni partecipando come ospite ad alcuni suoi concerti.
Durante le sue registrazioni coi Chicken Mambo Zachary mi ha anche fatto ascoltare una bellissima canzone che eseguiva in concerto con la chitarra, il violino e a volte la mia armonica ad accompagnare la sua voce. Era una canzone scritta in francese dolce e commovente con un testo splendido che mi sarebbe piaciuto tradurre in italiano.
Zac, pur essendo un amico, ci ha messo un po’ di tempo a concedermi il permesso di incidere nell’album “Heroes & Friends” questa canzone (lui tiene molto alle parole delle sue canzoni, e mi sembra giusto) ma alla fine mi ha confessato che il mio “nuovo testo” lo aveva commosso. Il brano si chiamava “Canzone delle rondini”. Mi spiace che in questi ultimi anni le nostre strade non si siano incrociate più tanto spesso, ma Zachary ultimamente si è dedicato molto ai suoi libri di poesie (che tra l’altro sono molto belli).
Il suo disco del 1996 “Cap enrage” è arrivato ai primi posti nelle classifiche canadesi e questo l’ha un pochino “rilassato” sotto il punto di vista musicale ma sono sicuro che presto sarà di nuovo sulla strada a far vibrare le ance della sua fisarmonica cajun.