Spaghetti Juke Joint (cd 2014)

IL MANIFESTO

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BLUES MAGAZINE
FRANCE

Blues Magazine 77
RECENSIONE APPARSA SU BLUES MAGAZINE   FRANCE copia


MACALLE’ BLUES recensione scritta da Giovanni Robino

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Questo disco – il diciottesimo per Fabrizio Poggi – fin dal titolo, racconta una storia; una storia ben poco nota anche ai più informati sul genere e dai contorni leggendari: quella dei Delta Italians. Contadini per lo più originari di Marche, Emilia, Veneto e Lombardia che, al passaggio tra ottocento e novecento, abbandonarono l’Italia per stabilirsi nelle piantagioni di cotone del Delta del Mississippi. Con l’abolizione della schiavitù e il conseguente, progressivo, abbandono di quelle piantagioni da parte della manodopera afroamericana, furono proprio gli “italians” a rimpiazzare, in parte, la forza lavoro mancante per la raccolta del cotone.
E come per i Delta Italians allora, per Fabrizio, oggi, questo nuovo disco rappresenta una sorta di rivoluzione. Dopo le varie peregrinazioni artistiche e stilistiche tra Italia e Stati Uniti e un sodalizio “unplugged” ormai consolidato con Guy Davis, Poggi infonde nuova linfa ai Chicken Mambo rimaneggiando la formazione che, attualmente, include il talentuoso Enrico Polverari alla chitarra oltre che Tino Cappelletti (per anni e anni con Fabio Treves) al basso e Gino Carravieri alla batteria. Le sonorità, ora, virano un po’ più sul rockeggiante, ma il repertorio guarda molto al Mississippi con ampie citazioni di autori sacri come Sonny Boy Williamson secondo (Rice Miller), dal cui songbook si estrapolano l’iniziale Bye Bye Bird e Checkin’ Upon My Baby e poi, Slim Harpo la cui King Bee è impreziosita dalla slide guitar di un vulcanico, ispirato, Sonny Landreth, Blind Lemon Jefferson con la sua One Kind Favor e Big Joe Williams con la celeberrima e conclusiva Baby Please Don’t Go. Poi ci sono le rivisitazioni di brani noti e altri ospiti americani a far capolino nel prosieguo dell’ascolto: a The Blues Is Alright, del pure mississippiano Little Milton, viene reinventato il testo e aggiunta la chitarra di un monumentale Ronnie Earl; mentre in Mojo, rilettura del ben celebre Mojo Workin’, compare – ma guarda un po’! – proprio la chitarra di Bob Margolin, che fu per anni chitarrista di quel Muddy Waters, originale autore del pezzo. Da non dimenticare, poi, i brani a firma di Fabrizio come l’evocativo Devil At The Crossroad, originale contraltare al Tom Waits di Way Down In The Hole, pure presente nel disco, o I Want My Baby a cui viene aggiunta l’equilibrata ed elegante slide di Claudio Bazzari. A ricordare, poi, le sonorità della vicina Louisiana, pur sempre cara a Fabrizio, ecco qua e là l’accordion di Claudio Noseda.
Non sappiamo se e quanto, i Delta Italians, abbiano mai contribuito allo sviluppo del blues; probabilmente per nulla e la loro citazione è soltanto un pretesto per tracciare una linea idealmente parallela a quella degli afroamericani. Ma questo lavoro, che pare provenire direttamente da oltreoceano è, altrettanto idealmente, dedicato a loro e al loro ipotetico juke joint inevitabilmente chiamato Spaghetti.


THE ROCKER MAGAZINE
GRAN BRETAGNA

Rocker recensione TRADURZIONEcopia copia


ARFM RADIO LONDRA
GRAN BRETAGNA

ARFM JULY 3RD


LA HISTORIA DEL BLUES recensione scritta da Diego Luis
ARGENTINA

HISTORIA
L’interprete e armonicista italiano Fabrizio Poggi con al fianco la sua band i Chicken Mambo ci offre un nuovo album, “Spaghetti Juke Joint”, un omaggio agli italiani che emigrarono negli Stati Uniti per lavorare nelle piantagioni di cotone alla fine del XIX secolo, alcuni dei quali sono stati probabilmente anche proprietari di Juke Joint, i luoghi tradizionali in cui i ricercatori facevano le loro registrazioni sul campo. Il suono dell’album si muove attraverso il Delta Blues di Sonny Boy Williamson, il meglio del british blues e un po’ di blues revival in stile Canned Heat e Johnny Winter, in quello che potrebbe essere un omaggio alla storia del blues. L’energia, l’abilità e la classe di Poggi nel suonare la sua armonica restano intatte e non perdono forza col passare del tempo. I Chicken Mambo sono una solida base per lo sviluppo sonoro del disco, completamente immersi nel mondo del blues di inizio secolo scorso. A tutto ciò si aggiunge il supporto di figure come Ronnie Earl, Bob Margolin e Sonny Landreth, che contribuiscono al meglio per godersi ancora di più gli spaghetti preparati da Fabrizio Poggi.


BLUESNEWS MAGAZINE recensione scritta da Thr
GERMANIA

bluesnewsde
(traduzione e adattamento)
Fabrizio Poggi con il nome della sua band e nella scelta del titolo del suo nuovo disco mostra senza dubbio uno spirito ironico. La lista degli album che il cantante e armonicista ha registrato con il proprio nome o come sideman è davvero lunga, così come è lunga la lista di coloro con cui ha calcato il palcoscenico. Con la sua band tutta italiana ha ora registrato un album di canzoni blues molto popolari: da King Bee (Slim Harpo), a Mystery Train (Junior Parker) a The Blues Is Alright (Little Milton) accanto a proprie composizioni. Con Poggi, ci sono Ronnie Earl, Sonny Landreth e Bob Margolin… tre ospiti illustri invitati a mostrare il proprio virtuosismo su alcuni brani. il risultato è un’interessante miscela di blues classico e minimalista che lascia però spazio anche a nuove idee. Ne è la prova una traccia in particolare che qui ha una veste completamente diversa dall’originale Si tratta di “Rock Me Baby” di BB King, che diventa un ritmato e coinvolgente numero zydeco contraddistinto dal groove della fisarmonica. Questo è un brano che rende la gioia che pervade tutto l’album. Piacevolissima e tutta da ascoltare l’interazione tra il chitarrista Enrico Polverari e l’organista Claudio Noseda. Spaghetti Juke Joint è quindi un disco sia tradizionale che moderno, un’ esperienza sonora che consigliamo molto calorosamente a tutti i nostri blues fan per guarire ogni loro tristezza.


ROCKIN’ ROLL CALL recensione scritta da Bill Locey
California, USA

ROCKIN ROLL CALL
(traduzione e adattamento)
Fabrizio Poggi & Chicken Mambo hanno realizzato un nuovo cd, “Spaghetti Juke Joint” per l’Appaloosa Records. E’ il 18° album di una lunga carriera, Poggi è un maestro dell’armonica, ha la voce di un perfetto bluesman / frontman e una back band italiana potente come un esercito romano in azione. Questo disco è dedicato ai loro connazionali – ai primi immigrati di 125 anni fa – a quegli uomini duri e orgogliosi che arrivarono in Mississippi, nel cuore del paese del cotone, per vivere e lavorare accanto ai neri che quasi per caso in quel momento stavano creando il blues. Poggi sembra aver capito bene la lezione e qui insieme alla sua band ripropone tanti classici del blues, ma anche un paio di originali, e ospita famosi assi della chitarra come Ronnie Earl, Sonny Landreth e Bob Margolin, anche se il suo chitarrista Enrico Polverari, non è certo da meno. La prima traccia, “Bye Bye Bird”, è un brano grintoso e sarebbe perfetto per la sigla di Willy il Coyote.


ROOTSTIME recensione scritta da Eric Schuurmans
BELGIO

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…Fabrizio Poggi ha realizzato lo scorso anno il suo album numero diciotto dal titolo “Spaghetti Juke Joint”. E’ di nuovo un album registrato con la sua band storica (ma completamente rinnovata), i Chicken Mambo. Oltre alle regolamentari dodici tracce c’è anche una bonus track.
Accanto alle proprie composizioni Poggi torna alle radici della sua stessa musica. Alla musica che lo ha ispirato nei quarant’anni precedenti. Poggi non era solo in studio perché gli hanno fatto visita lo specialista della slide Sonny Landreth nonché Ronnie Earl e Bob Margolin…
Poggi apre il suo album con “Bye Bye Bird” una canzone di Sonny Boy Williamson II. Quest’autentica bomba musicale esplode dagli altoparlanti sin dalle prime note grazie al groove di Poggi e all’appassionata chitarra di Enrico Polverari. “King bee” di Slim Harpo lascia che il chitarrista slide Sonny Landreth inizi una festa in stile New Orleans guidata dalla cadenza dei tamburi di Gino Carravieri. Insieme a Poggi qui c’è anche Claudio Noseda alle tastiere. La numero tre è un boogie, si tratta di “The Blues Is Alright” una canzone di Little Milton in cui è presente il secondo ospite, il chitarrista Ronnie Earl. Il bassista Tino cappelletti qui fornisce una solida linea di basso.
“Devil At The Crossroad” è un brano di Poggi così come la traccia 12 “I Want My Baby”. E’ una traccia piacevole e pacata con eccellenti e cazzuti riff di Polverari. “Mystery Train” di Junior Parker ritrova nuovamente Polverari e l’organo accanto a un Poggi scatenato ad inseguire quel treno. “Way Down In The Hole” è uno spiritual di Tom Waits che ondeggia su un ritmo latino. Polverari ci regala riff di chitarra a non finire e i cori qui sono davvero belli! La seconda canzone di Sonny Boy Williamson II è “Checkin ‘Up On My Baby” un classico giro di blues con un Polverari davvero cattivo, che però lascia abbastanza spazio per il groove dell’armonica di Poggi. Si continua con “One Kind Favor” di Blind Lemon Jefferson. La canzone si muove tra nuances latine e texane con brillanti assoli alternati di Polverari e Poggi. Terzo ospite è il chitarrista slide Bob Margolin che si può ascoltare in “Mojo”, un funky blues con un bel groove di Noseda. Stefano Spina è ai cori. Anche “Rock Me Baby” di BB king si avvale dell’aiuto della fisarmonica di Noseda, che qui disegna deliziosi tratti latini. Sara Cappeletti da vita a un duetto sul traditional “Nobody” con Poggi che ha ancora abbastanza fiato per donarci un paio di assoli di armonica. “I Want My Baby” è la spinta che precede la bonus track “Baby Please Do not Go”, una canzone di Big Joe Williams. Alle percussioni su “I Want My Baby” c’è Stefano Spina e alla slide guitar Claudio Bazzari. Carravieri chiude il tutto con un solido assolo di batteria. “Baby Please Do not Go” è un classico che tutti conosciamo tenuto insieme dal il ritmo sincopato della cassa del batterista Carravieri.
Dopo il suo album con Guy Davis (“Juba Dance”) Fabrizio Poggi torna con i Chicken Mambo e con un album “Spaghetti Juke Joint” che è l’ennesima conferma della classe di questo inestimabile cantante / (e soprattutto) armonicista. Godetevi come abbiamo già fatto poi noi uno dei più importanti artisti blues provenienti dall’ Italia che, dopo tutti questi anni, non mostra ancora alcun segno di usura.


SOULBAG recensione scritta da Christophe Mourot
FRANCIA

SB-Cover219 copie


SOUNDGUARDIAN recensione scritta da Mladen Loncar
CROAZIA

soundguardian
Traduzione e adattamento (estratto)
… Dalla vicina Italia ci arriva “Spaghetti Juke Joint” il nuovo album in studio di Fabrizio Poggi grande musicista blues, compositore, cantante e armonicista. L’album è stato pubblicato il 14 ottobre dello scorso anno dalla casa discografica Appaloosa Records.
Questo è il suo 18° album. Un disco che sicuramente avrà un ruolo significativo sulla scena blues mondiale. Fabrizio è senza dubbio un affermato musicista blues, quindi non c’è da meravigliarsi se con lui sono entrati in studio musicisti famosi come Sonny Landreth, Ronnie Earl e Steady Rollin’ Bob Margolin. Stelle tra le stelle! L’album inizia con una dedica di Fabrizio al grande Rice Miller, cioè a Sonny Boy Williamson II. Con questo brano la band ci mostra come può essere riarrangiata una canzone famosa come “Bye Bye Bird”.
Quest’album è un vero gioiello, al di là dei grandi ospiti già menzionati ed è difficile scegliere quale sia il brano migliore compresa la conclusiva bonus track “Baby please don’t go”.13 brani da assaporare in maniera molto intensa, profonda e commovente. Questo, naturalmente, si riferisce al fatto che l’album è dominato da una gran dose di sincerità, un’onestà che tocca e colpisce nel profondo e quindi non deve stupire se questo lavoro sarà spesso ospite sul mio lettore cd. Dalle prestazioni vocali a quelle strumentali si possono ritrovare innumerevoli eccellenze che trasformano questi blues in brani elaborati e interessanti… L’album è strato registrato tra Milano e l’America ma il suo significato è davvero intercontinentale e il contenuto è affascinante su scala globale. Il fatto è che ovunque suonino Fabrizio Poggi & Chicken Mambo danno sempre il meglio, sono al 100% in ogni nota, in ogni canzone ovunque essi suonino. Non importa se il luogo in cui si esibiscono sia piccolo o grande la band ci mette sempre un grande feeling e tutto il suo cuore per interpretare al meglio la musica che noi tutti amiamo.
UNA RACCOMANDAZIONE:
Accertatevi di non ascoltare questo disco solo sporadicamente e scegliendo solo qualche canzone qua e là: partite dall’inizio e andate fino alla fine e in un batter d’occhio vi ritroverete ad ascoltarlo di nuovo dall’inizio!
Fabrizio Poggi & Chicken Mambo con i loro ospiti vi apriranno nuovi e assolutamente inaspettati orizzonti blues che sono sicuro apprezzerete. Semplicemente, non lasciatevi sfuggire questa bellezza di cd.

www.fabriziopoggi.com
www.chickenmambo.com
www.appaloosarecords.it


BLUEBIRD recensione scritta da Giovanni “Gio” Pilato
Boston, USA

bluebird
Quando esce un nuovo disco di Fabrizio Poggi, il battito del cuore di ogni fan del blues comincia a pulsare più velocemente, come il suono dell’armonica di Fabrizio.
Spaghetti Juke Joint è un omaggio a quegli italiani che emigrarono in America in cerca di lavoro alla fine del 1800, nelle piantagioni del Mississippi e che forse, chissà, come una leggenda urbana ricorda, possono avere davvero aperto un Juke Joint da qualche parte tra i campi di cotone. Il disco rende omaggio al genere a 360 gradi. I suoni e ritmi che attraversano il disco sono sospesi tra il suono del Delta Blues di Sonny Boy Williamson, il miglior periodo dei maestri del blues inglese come Rory Gallagher e il blues rock di titani come i Canned Heat e del grande e indimenticabile Johnny Winter. La capacità e la classe di Poggi sembrano rimanere intatte nel tempo e mai offuscate da tutti gli anni spesi sulla strada; la sua energia e la sua passione nel suonare l’armonica sono davvero unici e costituiscono un piacere per ogni amante della musica. I Chicken Mambo sono, come sempre, una solida spina dorsale che porta l’ascoltatore attraverso mezzo secolo di storia del blues con questo nuovo disco energico e meravigliosamente costruito. Per completare un album di grande intensità e di statura artistica come questo, Fabrizio Poggi accoglie grandi stelle del firmamento Blues come Ronnie Earl, Sonny Landreth e Bob Margolin, solo per citarne alcuni, come ospiti speciali sul suo nuovo disco. Uno dei motti preferiti vicino al cuore di Fabrizio Poggi è ”Chi non ama il Blues, ha un buco nell’anima.” Chi non ama un disco come Spaghetti Juke Joint, ha quel buco per davvero.


MAT2020 recensione scritta da Athos Enrile

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MISSISSIPPI BLUES CLUB
Minnesota, USA

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Un’armonica appassionata e un blues tradizionale suonato con arrangiamenti variegati e una voce carezzevole. – MISSISSIPPI BLUES CLUB – Minnesota USA


BLUES BLAST MAGAZINE
Illinois, USA

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Spaghetti Juke Joint – Fabrizio Poggi & Chicken Mambo (Appaloosa 2014)
(TRADUZIONE E ADATTAMENTO)
Fabrizio Poggi ha suonato il blues per molti anni nella sua natia Italia, in tutta Europa e negli Stati Uniti. Nel 2013 ha lavorato con Guy Davis per il suo CD Juba Dance nominato ai Blues Music Award e nel corso degli anni ha suonato con molti importanti artisti blues americani … “Bye Bye Bird”, un brano di Sonny Boy Williamson II … saetta come un fulmine grazie alla chitarra selvaggia di Enrico Polverari e alla convincente armonica di Fabrizio. “I’m A King Bee” di Slim Harpo è senza dubbio la traccia più forte dell’album e ospita Sonny Landreth che aggiunge una calzante e paludosa slide al mix. Al tutto si unisce il pianoforte di Claudio Noseda e tutta la band ispirata dal classico sound di Landreth suona con l’impeto di una tempesta. … “Mystery Train” di Junior Parker… inizia alla grande con un bell’ organo a sostegno della spedita sezione ritmica. Fabrizio tira fuori un bel suono di treno dalla sua armonica ricreando un’atmosfera da festa campagnola anche grazie ai tipici urletti del leader. “Way Down In The Hole” di Tom Waits… vede Fabrizio suonare sul registro acuto e racchiude anche le belle armonie vocali di Sara Cappelletti… la band ritorna a Sonny Boy Williamson II per “Checking Up On My Baby”, un altro brano spesso reinterpretato che swinga alla grande con l’organo che si aggiunge nuovamente al quartetto base…
“One Kind Favour” di Blind Lemon Jefferson… ha dei versi addizionali di Guy Davis. E’ molto diversa dalle altre versioni che conosciamo e amiamo come ad esempio quella dei Canned Heat, il tutto qui è infatti suonato in uno stile rilassato con una delicata chitarra ritmica e un’organo avvolgente …
Il tradizional “Nobody Fault But Mine” ospita Sara Cappelletti … e un assolo di Enrico fiero e roccioso. Per “I Want My Baby” Fabrizio usa un’affabile riff blues… la band suona ottimamente con l’ospite Claudio Bazzari che aggiunge un pregevole lavoro di slide…
“… Solide reinterpretazioni di classici d’annata”.


IL POPOLO DEL BLUES recensione scritta da Giulia Nuti

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L’Italia può vantare con orgoglio di essere la terra d’origine di Fabrizio Poggi, bluesman che da decenni porta nel mondo il nome del blues italiano e che nel 2014 è stato candidato niente meno che ai Blues Music Awards, gli Oscar del blues.
Fabrizio da sempre non teme di confrontarsi con l’America e i suoi artisti: la terra che del blues vanta la paternità lo ha accolto a braccia aperte e così hanno fatto i suoi musicisti, che considerano Poggi, originario di Voghera, uno di loro. Non sorprende quindi trovare nei suoi album ospiti internazionali di spicco. A questo nuovo lavoro, Spaghetti Juke Joint, partecipano Sonny Landreth (ottimi i suoi tocchi di slide su King Bee), Ronnie Earl e Bob Margolin, ma anche gli italiani Sara Cappelletti e Claudio Bazzari (noto session man e già con i Pueblo assieme a Max Meazza).
Per Fabrizio è un album dal taglio classico, in cui esegue Sonny Boy Williamson II ma anche la celeberrima Mistery Train. Come affrontare in modo personale un repertorio così noto ed ascoltato in tante versioni? La risposta per Poggi è semplice e istintiva. Passa attraverso il calore e l’espressività della sua armonica, che si lancia in assoli intelligenti, ben costruiti e di gran cuore. Enrico Polverari alla chitarra è il co protagonista imprescindibile dell’equilibrio di questo lavoro, anche lui capace di dar vita a riuscitissimi assoli e sempre appropriati contrappunti.Non sono ovviamente da meno Tino Cappelletti al basso e Gino Carravieri alla batteria, la solida sezione ritmica dei Chicken Mambo.
Un disco dal notevole gusto e respiro strumentale, anche più marcato rispetto ad altri lavori recenti di Fabrizio. L’assunto di partenza è semplice: anche gli Italiani sanno suonare il blues e affrontare i grandi classici. Per passione, per mestiere, ma anche forse per quel pezzetto di cuore black che batte dentro di loro. Nelle note di copertina così come nel titolo si fa riferimento alla storia di tutti quegli italiani che si sono trovati a lavorare nelle piantagioni di cotone in Mississippi e che con gli schiavi neri hanno condiviso un piccolo pezzo di storia. Ecco che l’attenzione si sofferma così su quel ponte ideale che ci collega ai bluesman del delta del Mississippi. Fabrizio di questo collegamento è senz’altro un alfiere, in grado di raccontarlo con le note della sua armonica prima ancora che a parole (per quanto anche a parole abbia saputo dare il suo fondamentale contributo, firmando volumi come Il soffio dell’anima, armoniche e armonicisti blues). Ciliegina sulla torta è la capacità di Fabrizio di essere anche un autore e aggiungere alla raccolta riusciti brani autografi come Devil At The Cross Road. Ottimo album da gustarsi tutto d’un fiato che conferma la competenza con cui Poggi sa affrontare questo genere musicale.


ZICAZINE recensione scritta da Fred Delforge
FRANCE

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Instancabile sulla scena blues mondiale, Fabrizio Poggi ha calcato i palchi di tutto il mondo con grandi nomi come Charlie Musselwhite, i Blind Boys Of Alabama, Zachary Richard, Eric Bibb e molti altri e non è un caso che sia stato nominato ai Blues Music Awards 2014 per il suo album “Juba Dance” realizzato in collaborazione con Guy Davis. Nonostante sia una vera star, il cantante e armonicista è sempre rimasto modesto e accessibile, ed è un naturale ritorno alle sue radici quello che ci offre con questo nuovo album, il diciottesimo della sua colossale carriera, in cui rivisita a suo modo alcuni classici blues e rock blues. Accompagnato dalla sua band italiana, i Chicken Mambo, Fabrizio Poggi non dimentica mai di invitare alcuni dei suoi amici per condividere i brani con lui e ci si imbatte allora, quasi per caso, con le chitarre di Sonny Landreth, Ronnie Earl e Bob Margolin per un album che riesce a mettere insieme con dinamismo unico la pianura del Po e il Mississippi. Omaggio agli schiavi africani e agli immigrati italiani che hanno sperimentato molte delle stesse disgrazie e ingiustizie, “Spaghetti Juke Joint” ci riporta al sound di Sonny Boy Williamson 2, Slim Harpo, Little Milton, BB King e Tom Waits ed è arricchito anche da alcuni brani originali come “Devil At The Cross Road” e “Mojo” che sono in modo naturale in perfetta continuità con le cover presenti nel cd. In particolar modo, ci pregiamo di segnalare la presenza di standard come “King Bee”, “Mystery Train” e “Rock Me Baby”, ma anche una sorprendente “Baby Please Don’t Go” bonus track posta alla fine dell’album; il tutto supportato da una magnifica armonica e da una voce che sa sempre essere al posto giusto e, infine, da un gruppo in cui si sente che tutti si divertono a suonare una musica ricca e sincera. Registrato tra Milano, Portland e Lafayette, questo “Spaghetti Juke Joint” aggiungerà sicuramente nuovi blues fan intorno a questo geniale e accattivante artista. A quando una performance dal vivo a casa nostra per accontentare i fan francesi dell’artista?


WASHINGTON BLUES SOCIETY recensione scritta da Eric Steiner
Washington – USA

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Il diciottesimo disco di Fabrizio Poggi comprende 13 solidi blues tradizionali con due originali e 11 covers ben scelte tra Tom Waits, Big Joe Williams, Junior Parker, Blind Lemon Jefferson, e Sonny Boy Williamson (il secondo). Fabrizio ha suonato in Juba Dance di Guy Davis nominato lo scorso anno ai Blues Music Awards come Acoustic Album del 2014. Lo stesso CD si è anche piazzato al 1 ° posto della classifica di Roots Music Report. Quando Spaghetti Juke Joint è arrivato nella mia cassetta delle lettere, l’ho subito messo nel mio lettore CD e ho così scoperto un nuovo bluesman italiano (almeno per me). Il CD reinventa “Bye Bye Bird” di Sonny Boy Williamson (il secondo) che inizia con fedele rispetto verso l’originale grazie alle eccezionali capacità di Fabrizio all’armonica, per poi decollare a tutta velocità verso un elettrico boogie blues. In particolare poi mi hanno impressionato i nomi che Fabrizio ospita in Spaghetti Juke Joint: Slim Harpo probabilmente non riconoscerebbe il modo in cui Sonny Landreth si tuffa nella sua “King Bee”, sostenuta da un groove ad alta energia e rinforzata dalle tastiere di Claudio Noseda. Ronnie Earl è ospite in una devota interpretazione di “The Blues Is Alright” di Little Milton mentre “Steady Rollin” Bob Margolin piega le note al suo volere con vigorosa veemenza in “Mojo” un brano originale di Fabrizio. Un altro originale, “Devil at the Crossroads”, dimostra che Fabrizio Poggi non ha imparato il linguaggio base del blues tradizionale americano solo a livello musicale ma che, come molti artisti della comunità blues internazionale è più che competente anche nella sua seconda lingua, l’inglese, idioma in cui registra i suoi CD. I membri principali dei Chicken Mambo comprendono Enrico Polverari alla chitarra, Tino Cappelletti al basso e Gino Carravieri alla batteria e percussioni. Spaghetti Juke Joint presenta una delle versioni più emozionanti che abbia mai sentito di “Mistery Train” di Junior Parker, ma la band in ogni caso suona costantemente alla grande dall’inizio alla fine del CD. La guest vocalist Sara Cappelletti aggiunge un tocco personale al blues tradizionale di “Nobody”, e sono sicuro che questa cantante si troverebbe a proprio agio nei migliori blues club americani di Seattle, Chicago, St. Louis e San Francisco. Spaghetti Juke Joint fa riferimento alla situazione relativamente poco conosciuta degli immigrati italiani che nel 19° secolo cercarono una vita migliore nel Delta del Mississippi lavorando nelle piantagioni al fianco degli schiavi afroamericani. Le note di copertina stampate in italiano e in inglese ci raccontano la loro storia e sono presenti anche un paio di immagini che ci aiutano a ricordare questi primi immigrati nel Delta: una foto della targa che rammenta la storia della Sunnyside Plantation e un’altra immagine che raffigura l’emporio di quella piantagione.
La musica e la confezione di questo CD sono di prima classe anche grazie alle foto di Jack Spencer, Angela Megassini, Robi Cosso e Anna Fracassi.


GOLDMINE recensione scritta da Mike Greenblatt
Iola, Wisconsin – USA

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(traduzione e adattamento)
… “Spaghetti Juke Joint” (Appaloosa) di Fabrizio Poggi & Chicken Mambo è l’album numero 18 di Fab (che ha anche scritto due libri), e segue “Juba Dance” inciso con Guy Davis nel 2013. Questo cantante / compositore / armonicista di lungo corso sa davvero suonare il blues come fanno i grandi. Qui ci offre con energia materiale di Sonny Boy Williamson II, Slim Harpo, Little Milton, Junior Parker, Tom Waits, Blind Lemon Jefferson, BB King, Big Joe Williams e alcuni suoi originali con l’aiuto della sua nuova band, e di musicisti super come Sonny Landreth, Ronnie Earl e Bob Margolin. La festa è assicurata e siete tutti invitati!


SMOKY MOUNTAIN BLUES SOCIETY recesione scritta da Blue Barry ~ Smoky Mountain Tennessee – USA

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Perbacco questo è un grande CD! Accidenti! Vorrei aver trasmesso la traccia
numero due 2 con Sonny Landreth nella mia trasmissione radio l’altra sera. Questi ragazzi sono micidiali! Ognuno è un grande musicista! Sono davvero
colpito. E dovrebbero avere grande successo.
Blue Barry ~ Smoky Mountain Blues Society
Cantante, compositore, e premiato armonicista Hohner, Fabrizio Poggi ha appena sfornato il suo 18 ° album! Sì, avete capito bene il numero dei dischi. Dopo aver suonato per 40 anni tra Europa e Stati Uniti, l’italiano Fabrizio Poggi si scatena attraverso il grande blues di “Spaghetti Juke Joint”. Ha suonato dal vivo e in studio con i Blind Boys of Alabama, Garth Hudson, The Band, Eric Bibb, Charlie Musselwhite, Ronnie Earl, Kim Wilson, John Hammond, Marcia Ball, Flaco Jimenez, Little Feat, Otis Taylor, Steve Cropper, e la lista potrebbe continuare all’infinito! Wow! Gli ospiti di questo CD sono Sonny Landreth, musicista super e mostro della slide guitar, Ronnie Earl, eccellente chitarrista e assoluto fuoriclasse, e Bob Margolin famoso per la sua collaborazione con Muddy Waters che ci dona un po’ della sua fantastica slide. Con tre originali, alcuni brani tradizionali, qualche cover di blues classico Fabrizio ci conquista davvero.
E ricordando quando sia stato difficile il periodo intorno al l890 per molti italiani che emigrarono nel Delta, rende omaggio a quelle persone e a quei tempi duri e difficili. Gli italiani sopportavano le stesse tempeste, le inondazioni, il caldo, il duro lavoro nei campi, le zanzare, la povertà e i magri salari dei loro predecessori. Con la sua originale band “Chicken Mambo” e i musicisti stellari che lo circondano, Poggi suona e canta diversi splendidi blues! E sa davvero come soffiare nella sua armonica. La band è ben affiatata e meravigliosamente ottima. Enrico Polverari alla chitarra è “irreale”! Se non sapessi da dove vengono questi musicisti potrei pensare che sono di Chicago. Il titolo del CD “Spaghetti Juke Joint” ci porta a chiederci se magari un italiano non abbia davvero aperto un Juke Joint blues laggiù in Mississippi. Questi musicisti di certo potrebbero averlo fatto, e chissà …… che non sia davvero successo. Se l’avessero fatto, e avessero suonato il blues alla grande e in questo modo, forse quel posto sarebbe ancora lì! Andate su www.chickenmambo.com . Non voglio che crediate alle mie parole, voglio che li ascoltiate per conto vostro. Sonny Landreth è eccezionale in “King Bee” e Fabrizio interpreta “Bye Bye Bird” di Sonny Boy Williamson nel solo il modo in cui si vorrebbe ascoltarla. Con 13 tracce che suonate meglio di così non si può, vi garantisco che qui troverete sicuramente qualcosa che piacerà. È meglio per voi se gli prestate attenzione. Non perdete quest’occasione.


Recensione apparsa su Don and Sheryl BluesBlog scritta da Sheryl and Don Crow  Nashville, Tennessee – USA

donandsherylsbluesblog
Fabrizio Poggi e Chicken Mambo recensione 17 gennaio 2015
FABRIZIO POGGI AND CHICKEN MAMBO – SPAGHETTI JUKE JOINT
BYE BYE BIRD–KING BEE–THE BLUES IS ALRIGHT-DEVIL AT THE CROSS ROAD–MYSTERY TRAIN WAY DOWN IN THE HOLE–CHECKIN’ UP ON MY BABY–ONE KIND FAVOR–MOJO–ROCK ME BABY NOBODY–WANT MY BABY–BABY PLEASE DON’T GO (BONUS TRACK)
Fabrizio Poggi è oggi il più noto bluesman italiano negli Stati Uniti e le sue doti di cantante e harpman certamente si aggiungono alla sua meritata reputazione. La sua carriera internazionale ha attraversato quarant’anni, e la sua recente uscita “Spaghetti Juke Joint”, vede Fabrizio e la sua band ad alto numero di ottani, i Chicken Mambo, fare faville attraverso tre originali e dieci cover con l’aiuto di alcuni amici speciali.
Il titolo è un riferimento storico ai tanti immigrati italiani che lasciarono la loro patria alla fine del 19° secolo ed emigrarono nel delta del Mississippi per raccogliere il cotone a fianco degli schiavi neri. Con questi ultimi soffrivano le stesse disgrazie: inondazioni, malaria, e padroni delle piantagioni senza scrupoli. Insieme hanno condiviso la stesse passione per fare musica, e Fabrizio sembra davvero aver seguito il loro impervio cammino.
Fabrizio mette in mostra le sue abilità alle Hohner nell’iniziale “Bye Bye Bird,” e Sonny Landreth aggiunge la sua autorevole slide a “King Bee.” Una versione piuttosto originale di “The Blues Is Alright” vede ospite la fantastica chitarra di Ronnie Earl. Un’altra canzone resa ancor più seducente da Fabrizio per questo set è “Mojo”, con il suo ultra-funky groove e la micidiale slide di Steady Rollin’ Bob Margolin.
I nostri brani preferiti sono tre. Nel primo i ragazzi ci offrono una “Checkin’ Up On My Baby” fuori dall’ordinario, nel secondo ci ricordano di “mantenere il diavolo dentro al suo buco” con una tosta versione di questo brano di Tom Waits. Il terzo è “Devil at The Cross Road” è una bella traccia originale, con il suo messaggio eterno che parla di mastini dell’inferno, patti scellerati e la voce del diavolo che chiede la sua ricompensa sotto forma della tua anima.
Fabrizio Poggi è da molti anni anche uno studioso di blues, ha diciotto album all’attivo e ottime credenziali a livello internazionale. Come armonicista ha un posto tra i grandi, e lui e i Chicken Mambo possono andare davvero fieri del loro considerevole lavoro contenuto in “Spaghetti Juke Joint”. Alla prossima …


 Recensione apparsa su IL BLUES scritta da Silvano Brambilla

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Recensione apparsa su “Midwest Records”
Chicago, Illinois – USA

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FABRIZIO POGGI & Chicken Mambo/Spaghetti Juke Joint APPALOOSA:
Troppo bello per essere vero!
A quanto pare c’è un numero sempre crescente di europei che hanno una bravura micidiale nel mettersi al servizio dell’autentica musica roots. Poggi, vincitore di un award e che non ha problemi a saltare a piè pari l’oceano per suonare con tanti grandi della musica roots americana compresi quelli della brigata di Woodstock, in compagnia di alcuni suoi compatrioti ci fa dono di un album di blues elettrico e il risultato è immacolato e appassionante. Se dopo avervi dato il giusto calcio nel sedere perché corriate ad ascoltare la sua versione di ‘The Blues is Alright’ di Little Milton non lo fate, beh allora ci deve essere qualcosa che non va in voi se proprio non volete partecipare a questa festa. Roba tosta dall’inizio alla fine.


Recensione scritta da Roberto G. Sacchi

“SPAGHETTI JUKE JOINT” – Fabrizio Poggi & Chicken Mambo
Definire cosa sia il rock richiederebbe tre o quattro libri e i colleghi giornalisti che finora si sono cimentati nella definizione non sempre –leggi quasi mai- se la sono cavata brillantemente. E’ infatti probabilmente per questi motivi che per meglio definire il rock sono stati inventati una serie di prefissi e suffissi (folk rock, rock blues, country rock e chi più ne ha più ne suoni) per cercare di evitare l’insidia delle perifrasi ingannevoli e evitare di cadere nell’eccesso di genericità.
Inoltre, quarantacinque anni di ascolti consapevoli mi hanno convinto almeno di una cosa: il rock è il genere musicale più facile al mondo da suonare male. L’affermazione non ammette repliche e/o distinguo e me ne assumo ogni responsabilità. E’ forse per questo che in giro per il pianeta lo si suona tanto, cercando probabilmente di sopperire con la quantità alla qualità.
Giunto al suo diciottesimo disco in carriera, Fabrizio Poggi (che a questo punto definire il miglior bluesman italiano non è certo abusato né impreciso) ci regala insieme alla sua band un gioiello di rock-blues che, oltre a essere tremendamente ben suonato e ricco di senso e motivazioni, è di grande e gradevolissimo impatto sonoro. Se nei precedenti ultimi lavori discografici di Poggi i suoni folk e le argomentazioni spirituali sembravano aver preso il sopravvento nello stile e nell’ispirazione, “Spaghetti Juke Joint” si schiera apertamente sul fronte del rock e lo fa con una consapevolezza e una maestria tali da rendere inutile la nostra premessa sulla definizione del genere e/o ogni altro giudizio su chi lo suona più o meno bene. Solo come sanno fare altri capolavori del genere l’ultimo disco di Fabrizio trasmette il desiderio di movimento dalla testa ai piedi, coinvolge e trascina, dispensa emozioni eccellenti e lascia senza respiro com’è nelle conseguenze causate da ascolti massicci di rock (più o meno blues) da quando questo genere esiste e viene replicato in ogni angolo del mondo.


Recensione apparsa su “Reflections in Blue” di Bill Wilson
Pennsylvania – USA

reflections in blue
Comunque sia, una grande saga o pura verità mandata Dio, la storia narra che nel 1895, un gruppo di italiani sbarcarono in Mississippi alla ricerca di una vita migliore. Molti finirono alla Sunnyside Plantation nei pressi di Greenville, Mississippi. Attirati qui con la promessa di una vita migliore si trovarono sostanzialmente nella stessa condizione degli schiavi afro-americani. Tutto successe alla fine della Guerra Civile, quando gli schiavi liberi, seppur solo a parole, cominciarono a migrare a nord, lasciando così i proprietari delle piantagioni in una difficile situazione. Gli italiani, gente abituata al lavoro duro, soffrirono insieme agli schiavi ancora presenti, e la loro sofferenza era, se possibile, ancora maggiore di quella che opprimeva i neri . La leggenda narra che un italiano abbia aperto un Juke Joint e che nell’attesa di un nome migliore lo chiamò inevitabilmente Spaghetti Juke Joint. Se la storia del Juke Joint sia la verità o solo una grande storia passata di generazione in generazione, anche se l’ immigrazione degli italiani è ben documentata, il nome che gli avevano dato diventa oggi un ottimo titolo per questo disco di Fabrizio & Chicken Mambo, una solida blues band che fa base in Italia. Fabrizio ha lavorato molto negli Stati Uniti e dispone di un totale di ben 18 CD al suo attivo. Superbo armonicista, compositore e cantante con un grande anima, Fabrizio ha suonato in America e nel resto del mondo con un numero incredibile di grandi di tutti i tempi, un elenco troppo lungo da riportare. In Spaghetti Juke Joint Poggi e la band ospitano, tra gli altri, Sonny Landreth , Ronnie Earl e Bob Margolin. I brani originali dell’album sono solo tre perché questi musicisti dimostrano di aver ben compreso e di amare profondamente i classici di questa musica americana, una musica che ormai ha assunto un fascino universale. Questo è un album di robusto e autentico blues proprio come quello che si ascolta dalle nostre parti. Si dice che l’era digitale abbia reso il mondo molto più piccolo. Non solo concordo con questa affermazione, ma mi sento di aggiungere che ancor prima, la musica stava già facendo un grande lavoro per unire i popoli del mondo. Il Blues è davvero diventato un linguaggio universale, indipendentemente dalla sua origine.
Fabrizio Poggi e Chicken Mambo sono una blues band di prim’ordine … con o senza l’ aiuto dei loro special guests americani. Spaghetti Juke Joint è musicalmente impeccabile e gronda di potenza emotiva. Meglio di così proprio non si può.


BMAN’S BLUES REPORT articolo di Bman
Phoenix, Arizona USA

bman
Ho appena ricevuto questa nuova uscita, Spaghetti Juke Joint di Fabrizio Poggi & Chicken Mambo ed è una bomba! Con Bye Bye Bird di Sonny Boy Williamson e con Poggi all’armonica e ella voce solista si entra subito in un juke joint. Il magistrale riff di chitarra di Enrico Polverari davvero guida questo boogie in cui ci si lascia andare senza freni davvero volentieri… Questo è il Boogie! Il brano successivo è King Bee di Slim Harpo con ritmo alla New Orleans creato con stile dai tamburi a passo di marcia di Gino Carravieri. Claudio Noseda di suo ci mette una bella base di pianoforte e il re della chitarra slide Sonny Landreth scambia formidabili riff con Poggi. Eccellente! Un altro boogie è The Blues is Alright di Little Milton ed è una traccia speciale perché si tratta di una delle migliori versioni di questo brano che abbia mai sentito. Con la chitarra morbida e fascinosa di Ronnie Earl, le portanti linee guida del basso di Tino Cappelletti e il robusto ritmo di Carravieri questa è una traccia davvero tosta! L’originale Devil At The Cross Road ha un’andatura davvero notevole grazie ai riff pungenti della chitarra di Polverari. Superlativa! Per Mystery Train di Junior Parker, Noseda rilascia un lavoro morbido di organo e Poggi è davvero a proprio agio con l’armonica. Questo è il blues di Chicago come lo si suonava una volta. Polverari dimostra di saper davvero dominare il manico della sua chitarra. Davvero forte!
Way Down In The Hole di Tom Waits ha un’atmosfera un po’ latina e dei cori ben fatti. Poggi maneggia la sua armonica con mano esperta, facendole davvero “piangere” il blues. Ancora una volta Polverari si fa strada abbattendo porte aperte con i suoi eccitanti riff di chitarra. Molto elegante. Checkin ‘Up On My Baby è un classico 12 battute con un bel groove. Polverari prende il comando assoluto con un riff in cui dimostra grande abilità e bravura. Poggi si insinua tra i solchi e cavalca l’onda. Davvero notevole! One Kind Favor di Blind Lemon Jefferson prende un ritmo latino con influenze texane e forti connotazioni blues. Poggi assicura una piacevole traccia vocale che ben si fonde con i riff di Polverari rendendo questo uno dei brani più pregevoli dell’intero lavoro. Nel funky blues Mojo, Bob Margolin scatena la bramosia della sua slide guitar assistito da Noseda all’organo. Con le eccellenti parti di Margolin, Polverari e lo stile classico dell’armonica di Poggi, questo brano funziona alla grande! Anche Rock Me Baby di BB King ha un feeling latino. Noseda aggiunge con la fisarmonica un certo sapore di New Orleans e si sdoppia con un convincente assolo di piano. Poggi e Polverari si prendono ognuno il proprio spazio solista senza sprecare una sola nota. Molto bella! Nobody è basata su una classica melodia blues in cui si evidenzia la brillante armonica di Poggi e la voce di Sara Cappelletti che davvero aggiunge qualche spezia in più alla canzone.
Polverari durante il solo scorre con penetrante passione sulla tastiera della sua chitarra mentre il basso di Tino C fa salti a tutto andare. Un’altra eccellente traccia!
I Want My Baby ha un forte ritmo in stile New Orleans rinforzato da Stefano Spina alle percussioni e Claudio Bazzari alla chitarra slide. Va sottolineato che c’è un piacevole lavoro di slide un po’ su tutto il disco da parte di tutti chitarristi coinvolti. Carravieri ha l’opportunità di aprire il brano con un coinciso assolo della sua batteria… che adoro! A chiudere il lavoro è Baby Please Don’t Go di Big Joe Williams in stile abbastanza tradizionale caratterizzato dal ritmo sincopato di Carravieri. Poggi con la sua armonica ci conduce infine verso l’uscita del juke joint. Un lavoro davvero lodevole che consiglio vivamente.


WORLD OF HARMONICA di Shaun Monument May

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Difficile immaginare un brutto disco da parte di questo armonicista italiano di caratura internazionale. E anche questo non fa eccezione. Un incredibile affiatamento musicale su cui spicca una straordinaria armonica. Superbo!


La Nuova Sardegna articolo di Walter Porcedda

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Il Fatto Quotidiano
“Fabrizio Poggi: ‘Spaghetti Juke Joint’, il racconto blues del tragico sogno americano ” di Pasquale Rinaldis

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Spaghetti Juke Joint è il disco numero 18 per Fabrizio Poggi, cantante e armonicista premio Oscar Hohner Harmonicas e candidato ai Blues Music Awards 2014 (gli Oscar del blues). Con questo nuovo disco, il bluesman scatta un’istantanea sonora di quella che è l’attuale formazione della sua storica band, i Chicken Mambo, una formazione che eccelle per energia, talento e grande esperienza e composta oggi da Enrico Polverari, Tino Capelletti e Gino Carravieri.
Registrato tra l’Italia e gli States, questo nuovo lavoro “è per me un po’ un ritorno alle origini, a quella musica che mi ha profondamente influenzato nei primi anni della mia carriera musicale iniziata quasi quarant’anni fa – racconta Fabrizio Poggi – e che mi ha portato spesso a esibirmi oltreoceano su palchi prestigiosi e in compagnia di illustri comprimari diventando pur senza volerlo il bluesman italiano più conosciuto negli Stati Uniti”.
Il titolo dell’album vuole essere un omaggio a quegli italiani che alla fine dell’Ottocento, inseguendo un tragico sogno, andarono a raccogliere il cotone al fianco dei neri nelle piantagioni del Mississippi, lottando strenuamente contro zanzare, inondazioni e pregiudizi razziali. Loro erano là quando gli afroamericani crearono il blues. E chissà: magari come narra una leggenda qualche italiano aprì davvero un juke joint (le bettole dove è nato il blues) da qualche parte tra i campi di cotone del Mississippi.
Il disco segna un ritorno al rock blues di Freddy King, Canned Heat, Johnny Winter e ZZ Top, alle sonorità southern degli Allman Brothers Band, al british blues di John Mayall e al variegato mondo musicale di New Orleans senza dimenticare il sound classico di Muddy Waters, Howlin’ Wolf e Sonny Boy Williamson. Al suo fianco, anche tre ospiti di grande caratura, ciascuno leggendario a modo suo: Sonny Landreth considerato a ragione il numero uno della chitarra slide con il suo stile originale e inconfondibile, Ronnie Earl uno dei più grandi chitarristi blues di tutti i tempi eletto chitarrista dell’anno 2014, e Bob Margolin per anni al fianco di Muddy Waters nei dischi storici prodotti da Johnny Winter e sui palchi di mezzo mondo compreso quello di The Last Waltz.
Riguardo alle canzoni, Bye Bye Bird, è “una canzone del mio armonicista prediletto Rice Miller meglio conosciuto come Sonny Boy Williamson. L’intro è suonato con una vecchia armonica inventata quasi cento anni fa e estremamente affascinante per il suo suono caldo e pastoso. L’arrangiamento è un omaggio John Lee Hooker passando per Canned Heat e ZZ Top”.
King Bee è un grande classico dello swamp blues, ovvero del blues delle paludi, di un cantante armonicista troppo spesso dimenticato. Slim Harpo ha scritto classici diventati immortali. Questo brano è forse conosciuto per la celebre versione di Muddy Waters. “Noi l’abbiamo completamente reinventata grazie a un efficace arrangiamento chitarristico di Enrico Polverari che l’ha trasformata in un tour de force di marca southern in cui la slide guitar di Sonny Landreth fa davvero faville”.
Per The Blues is Alright, Poggi ha quasi completamente riscritto il testo di brano di Little Milton in cui compare Ronnie Earl: “Ho mantenuto il celebre ritornello e ho aggiunto quello che è per me l’essenza del blues. Ecco le parole che ho scritto e che canto: ‘Il blues è un miracolo, il blues è guarigione, il blues è una medicina che consola la tua anima. Il blues è la madre, il blues è la radice. Non importa dove tu sia nato, la lingua che parli, o il colore della tua pelle perché il blues, è per tutti”.
Devil at the crossroad: in Mississippi c’è un diavolo a ogni incrocio. A ogni crocicchio: “Questa canzone parla di quella volta che ne ho incontrato uno. Capita a tutti prima o poi di incontrare un diavolo nella vita e il blues a volte serve per mandarlo via. Il brano è un omaggio, seppur indiretto, a Robert Johnson”.
Mistery Train racconta di quel treno misterioso che passava per Memphis e si diceva che portasse via le più belle ragazze della città. Lo cantava Junior Parker nel lontano 1953: “E’ un brano che suono da tantissimi anni, ma che non avevo mai registrato. Sono particolarmente legato a questo brano che in qualche modo chiude un cerchio iniziato tanti anni fa quando vidi per la prima volta al cinema The Last Waltz, il film d’addio di The Bande venni folgorato dall’incredibile suono dell’armonica di Paul Butterfield che suonava proprio Mistery Train. Non avevo mai sentito quello strumento suonare in un modo così emozionante. Il giorno dopo andai subito a comprarmi un’armonica”.
Way down in the Hole è un brano di Tom Waits: “Ci sono buchi profondi sulle strade della vita e bisogna stare attenti a non caderci dentro. Perché poi uscirne è davvero difficile e io ne so qualcosa. L’ho suonata spesso dal vivo con i Blind Boys quindi mi è venuto naturale includerla nell’album”.
Checkin’ upon my Baby di Sonny Boy Williamson: “Credo che questa sia la prima canzone ho imparato a suonare con l’armonica ed è la canzone che ho suonato sulla sua tomba sperduta tra i campi di cotone del Mississippi”.
One Kind Favor è una canzone che ha quasi cent’anni, o forse di più. La cantava un texano cieco che si chiamava Blind Lemon Jefferson. “Avevo registrato questo brano con Guy Davis in Juba dance il disco che abbiamo fatto insieme e ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto farne una mia versione pensando a come l’avrebbero suonata i musicisti creoli di New Orleans”.
Mojo è un dichiarato omaggio al celebre brano di Muddy Waters: “E’ una canzone in qualche modo tutta mia a partire dall’arrangiamento funky soul e dal testo in cui canto: ‘C’è bisogno di un mojo – così si chiamano i portafortuna nella lingua del blues – per vivere in questo pazzo mondo. Un mojo chiamato blues”’. Rock Me Baby è una canzone dedicata alle gioie dell’amore carnale che BB King scrisse tanti anni fa: “Lui l’ha dedicata a una donna, io invece alla mia armonica con cui ogni volta che salgo sul palco ho un rapporto davvero intimo. Quando suono il blues io davvero faccio l’amore con la mia armonica. Mi piace accarezzarla, toccarla e persino baciarla ripetutamente come faccio in questo brano”.
Nobody invece è un brano la cui origine si perde nella notte dei tempi, da cui è scaturito il celebre spiritual che Blind Willie Johnson cantava nel cuore nero del Texas nel 1930. “Questa è una versione ‘secolare’ – racconta Fabrizio – in cui i temi spirituali si trasformano in uno dei soggetti più cari al blues: l’amore tradito, l’amore che fugge, il richiamo della strada e la vita stessa dei bluesmen sempre in viaggio dal cassone di un camion all’altro e attaccati ai respingenti dei vagoni merci. E poi la solitudine, la vera compagna di viaggio di questi errabondi musicisti”.
I want my Baby è un sentito omaggio a Bo Diddley e al suo contagioso e inconfondibile ritmo. “Il brano è un ottimo showcase per la chitarra slide di Claudio Bazzari, ma soprattutto per un vero poeta dei tamburi: il nostro batterista Gino Carravieri che con il bassista Tino Cappelletti è davvero il cuore pulsante della band”.
Bonus track è Baby Please Don’t Go di Big Joe Williams: “Anche questa è una canzone che ho suonato tante volte in giro per il mondo con Guy Davis. Non doveva nemmeno finire sull’album. La stavamo suonando per riscaldare gli strumenti e il fonico l’ha registrata. Quando ce l’ha fatta riascoltare ci è piaciuta al punto che abbiamo deciso di aggiungerla come bonus track. Il sound è davvero molto sixties tra Canned Head e John Mayall. E c’è un pizzico di Doors grazie al suono acido e psichedelico dell’organo di Claudio Noseda”.

Recensione apparsa su BLOW UP scritta da Piercarlo Poggio

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Recensione apparsa su RootsHighway scritta da Matteo Fratti

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Si potrebbe credere, come si appresta a farci ritenere il titolo dell’ultimo disco di Fabrizio Poggi, che se c’è uno “spaghetti-western”, allora ci sia anche uno “spaghetti-blues”. Nulla ci vieta di pensarlo, che pure in quell’amalgama culturale che è il nostro tempo, ci sta persino lo stereotipo di un’Italia vista dall’America e viceversa (con tanta voglia di casa, come da slogan promozionali di certa pasta “nostrana”). Ma dietro quel sapore da piccolo borgo antico che tanto appeal ha all’estero, odori di globalizzazione compromettono persino l’immaginario iperbolico e un po’ sfruttato a noi sì caro, della famiglia che assale letteralmente gli spaghetti in tavola infilandoseli pure nelle tasche (era il Totò del celebre Miseria e Nobiltà …). Cosa si nasconda però dietro un ipotetico Spaghetti Juke Joint lo spiega meglio l’armonicista pavese nel booklet allegato, con quella verve da cantastorie che tanto si addice al suo “c’era una volta …”.
Il fatto che racconta è più che mai attuale, nelle dinamiche di ricerca di una manodopera a basso costo all’indomani della Guerra Civile americana: l’affrancamento di alcuni schiavi neri che rese allora necessario un rimpiazzo con altri braccianti agricoli reperiti nientemeno che in Italia, altra area povera dalle aspettative di un mondo migliore, oltreoceano. Quella migrazione vide quindi alcuni cosiddetti Delta Italians arrivare nella piantagione di Sunnyside (Greenville, Mississippi) a fine ‘800, ritrovandosi fianco a fianco dei neri a condividerne in parte la stessa storia di fatica, dolore, miseria, razzismo e certamente anche … di blues. Indebitati fino al collo per la traversata (… faccenda più che attuale) non tornarono mai a casa e un “landmark” in zona ce li ricorda, con questa storia forse comune alle tante che parlano di migrazione, ma molto originale per il blues. E che, se mai fosse esistito un Juke-Joint da quelle parti, forse qualcuno ne avrebbe di sicuro parlato come dello Spaghetti Juke Joint.
Poggi lo fa, e l’occasione è propizia per un altro album (il n.18) che uno dei suonatori d’ance italiani più noti negli States licenzia assieme ai suoi Chicken Mambo. E tra Polverari alla chitarra, Cappelletti al basso e Carravieri alla batteria, stavolta gli ospiti (com’è ormai tradizione del nostro e la cui porta a favore dell’ “italian” è sempre aperta) sono niente meno che i guitar-heroes Sonny Landreth, Ronnie Earl, Bob Margolin per la sponda americana, la voce d’arte Sara Cappelletti e lo slide di Claudio Bazzari al di qua dell’Atlantico, con Claudio Noseda piano, organo e fisarmonica e Stefano Spina, cori e percussioni. Il risultato è un elettro-folk-blues magistrale, vivo nei suoni e che vede punte di diamante in alcune cover “williamsoniane” come Bye Bye Bird o Checkin Up On My Baby, ma anche il Tom Waits di Way Down In The Hole e autografi interessanti come Devil At The Crossroad o la Mojo con ospite il bottleneck di Margolin, King Bee di Slim Harpo, con l’inconfondibile Landreth.
Un altro colpo interessante per Poggi & Co., e una musica come luogo dell’anima, dove è sempre bello trovare posto e immaginare quella scritta: Open 24 Hours…

Il Fatto Quotidiano – Pasquale Rinaldis

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Commento di Rob Paparozzi (The Original Blues Brothers Band, Blood Sweat & Tears)
a Spaghetti Juke Joint

Fabrizio Poggi & Rob Paparozzi
I’m really enjoying your latest project what a terrific concept. I never knew about the Italian Slaves, fascinating piece of history.
Your new band sounds SO good on these classic Blues Standards and you sound at home with the Vocals and Harpwork…Bravo!
Also, you couldn’t have picked more PERFECT special guests: Sonny, Ronnie, Bob along w/ Sara & Claudio really make for a special recording w/ a whole lotta SOUL…..
Thanks for sharing it with me and congrats on an amazing year you had with everything including the hit with Guy Davis!
Rob


Commento di Charlie Musselwhite a Spaghetti Juke Joint

bella
Howdy Y’all,
Just finished listening to Spaghetti Juke Joint and it was a mighty fun listen. Must’ve been fun to record. Congratulations on a fine bunch of blues! Yahoo! Bravo! It¹s all GOOOOOOD!!!
Charlie


Commento di Sonny Landreth a Spaghetti Juke Joint

Sonny Landreth & Eric Clapton

King Bee came out great! As did all of Spaghetti Juke Joint, really nice work. I found your story of the Italians in the Delta fascinating as I’d never really heard about that before. I wish you much success!
Sonny


Sentieri Notturni Radio Capital – Sergio Mancinelli

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Fabrizio Poggi, una vita spesa a suonare il blues, a ricercare il blues. Un disco con un suono forte, corposo, molto blues e molto rock blues…


Edoardo Fassio, conduttore di Catfish Blues su www.radioflash.to, il più duraturo programma radio di blues in Europa

Annuncio 2014 - 09
I miei complimenti per questa opera numero diciotto (wow!). Fabrizio la maturità, si capisce, l’aveva già superata da tempo! …Sarò felice di condividere la sua musica con gli ascoltatori di Catfish Blues…
…Inserirò nella mia scaletta una selezione dall’eccellente Spaghetti Juke Joint.


Recensione apparsa su BlogFoolk scritta da Salvatore Esposito

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Fabrizio Poggi non ha bisogno di presentazioni al grande pubblico degli appassionati di blues in Italia, a parlare per lui c’è un percorso artistico di altissimo profilo costellato da innumerevoli collaborazioni di carattere internazionale, una corposa discografia e tanti riconoscimenti di prestigio tra cui il premio Oscar Hohner Harmonicas e la nomination ai Blues Music Awards del 2014. A distanza di appena un anno dalla pubblicazione dell’ottimo “Juba Dance” con Guy Davis e dell’antologia “Spirit Of Mercy”, il bluesman pavese torna con “Spaghetti Juke Joint”, diciottesimo album in carriera, nel quale ha raccolto dodici brani più una bonus track, incisi con gli inseparabili Chicken Mambo, e a cui si sono aggiunti alcuni ospiti d’eccezione come Sonny Landreth, Ronnie Earl, Bob Margolin, Sara Cappelletti, Claudio Noseda e Claudio Bazzari. Ad ispirare il disco è una riflessione profonda sul tema dell’immigrazione, che prende le mosse dalle vicende degli italiani che alla fine dell’ Ottocento, inseguendo la speranza di un futuro migliore emigrarono negli Stati Uniti, per ritrovarsi a raccogliere cotone con i neri nelle piantagioni del Mississippi, lottando quotidianamente contro zanzare, inondazioni e discriminazioni razziali. Forse qualcuno di loro fu testimone diretto della nascita del blues, e magari fu proprio un italiano ad aprire anche uno di quei juke joint che fecero da culla ai primi bluesman. In questo senso il titolo “Spaghetti Juke Joint” assume un significato completamente differente da quello che potrebbe essere uno stereotipo di blues in salsa italiana, ma piuttosto porta alla luce una vicenda poco nota, forse frutto di una leggenda, ma senza dubbio piena di quelle sofferenze, quei drammi e quelle emozioni che solo le dodici battute sanno racchiudere. Dal punto di vista prettamente sonoro, Fabrizio Poggi, dopo aver percorso i sentieri del gospel e dello spiritual nei precedenti lavori, con questo nuovo album ritorna alle sonorità del rock blues e al southern rock, così come non mancano echi del british blues, le sonorità di New Orleans, e il sound classico di Muddy Waters, Howlin’ Wolf e Sonny Boy Williamson. In parallelo emerge anche una bella istantanea dell’attuale line up dei Chicken Mambo che vede protagonisti Enrico Polverari (chitarra), Tino Cappelletti (basso) e Gino Carravieri (batteria), i quali accompagnano abitualmente dal vivo Fabrizio Poggi. Ad aprire il disco è “Bye Bye Bird” dal repertorio di Sonny Boy Williamson II, che prende le mosse dalle sonorità zydeco per sfociare in un rock blues di grande potenza. Si prosegue prima con la rovente “King Bee” in cui brilla la slide di Sonny Landreth, e poi con la splendida “The Blues Is Alright” impreziosita dalla chitarra di Ronnie Earle. Se l’autografa “Devil At The Cross Road” ci riporta alle origini luciferine del blues, la successiva “Mistery Train” di Junior Parker è l’occasione per apprezzare tutta l’energia dei Chicken Mambo nel supportare l’armonica di Fabrizio Poggi, nel ricreare lo sferragliare del treno sui binari malmessi di una ferrovia del Mississippi. La bella versione di “Way Down In The Hole” di Tom Waits, ci conduce ad un altro classico di Sonny Boy Williamson II ovvero “Checkin’ Up On My Baby” in cui il bluesman pavese sfoggia un cantato davvero impeccabile. La sinuosa “On Kind Favor” funge poi da perfetto apripista per “Mojo” nella quale protagonista è la slide di Bob Margolin. Non manca un omaggio a B.B. King con “Rock Me Baby”, ma è con il tradizionale “Nobody” cantata con Sara Cappelletti, che si tocca uno dei vertici del disco. Il finale vede brillare la slide di Claudio Bazzani in “I Want My Baby” e una gustosa rilettura del superclassico “Baby Please Don’t Go”, proposta come bonus track, che sugellano uno dei dischi più affascinanti di tutta la produzione di Fabrizio Poggi.


Recensione apparsa su L’Arena scritta da Beppe Montresor

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Recensione apparsa sul Buscadero scritta da Bruno Conti

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Recensione apparsa sul sito www.jamonline.it scritta da Roberto Caselli

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L’aspetto elettrico è la dimensione dominante del disco e fa da volano per tutti i pezzi che vanno dalla rivisitazione del classico stile Chicago al rock blues.
Discograficamente parlando Fabrizio Poggi compie la maggiore età. Questo Spaghetti Juke Joint è infatti il suo diciottesimo album, un lavoro naturalmente orientato verso il blues, il genere che l’ha ormai reso noto oltre che a casa nostra, anche oltre oceano. Appena tornato da una serie di concerti che l’hanno visto protagonista nella mitica Big House della Allman Brothers Band, Fabrizio sforna questo bel lavoro che lo vede come sempre in primo piano con la sua armonica, capace di rinverdire vecchi fasti grazie anche alla nuova formazione che prevede Enrico Polverari alla chitarra, Tino Cappelletti al basso e Gino Carravieri alla batteria. Per la verità Poggi non si risparmia niente e presenta come ospiti anche delle vere e proprie star come Sonny Landreth che fa meraviglie in King Bee, nonché Ronnie Earl e Bob Margolin che dicono la loro rispettivamente in The blues Is Alright e Mojo.
Non mancano neanche gli amici di casa nostra come Sara Cappelletti che regala la sua voce in Nobody e Claudio Bazzarri sempre molto reattivo in I Want My Baby. Il disco si snoda in modo eterogeneo, cominciando con Bye Bye Bird del vecchio Rice Miller che parte come uno zydeco d’atmosfera per poi lasciare spazio alla chitarra elettrica che si prende la scena in modo eccellente.
L’aspetto elettrico diventa presto la dimensione dominante del disco, l’energia che si sprigiona è contagiosa e fa da volano per tutti i pezzi che vanno dalla rivisitazione del classico stile Chicago a un rock blues di grande impatto. Anche il traditional Nobody deve adeguarsi al trend lasciando grande spazio all’armonica di Fabrizio e alla bella voce di Sara che spinge verso il soul. Molti i blues famosi ripresi (Rock Me Baby, Baby Please Don’t Go, The Blues Is Alright), ma interessanti anche i brani che portano la firma dello stesso Poggi (I Want My Baby, Davil At The Crossroad e Mojo). Piacevole la cover di Tom Waits, Way Down In The Hole.


Recensione apparsa su Discoclub: passione musica scritta da Bruno Conti

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Ma Quindi Abbiamo “Inventato” Anche Il Blues?
Fabrizio Poggi & Chicken Mambo – Spaghetti Juke Joint – Appaloosa/IRD

Ormai avevamo dato per superato l’assunto secondo il quale i bianchi non potevano suonare il blues, poi avevamo anche messo da parte i pregiudizi verso i non americani, sdoganando di volta in volta, inglesi, francesi, olandesi, tedeschi, e chi volete voi, poi i musicisti africani, tra i progenitori del genere, persino noi latini abbiamo dato dei sostanziosi contributi alla causa. E ora, nelle colte note di questo Spaghetti Juke Joint, Fabrizio Poggi spariglia tutte queste certezze acquisite, con un breve saggio contenuto nel libretto del CD: una “storia vera” intitolata Gli Italiani che inventarono il Blues! Ma come, io sapevo che eravamo un popolo di Santi, Poeti e Navigatori, al limite cuochi e pizzaioli, ma addirittura Inventori del Blues! Per l’opera lirica, ok, quello è comprovato, ma il Blues non viene dalle piantagioni di cotone del Delta del Mississippi? E secondo voi dove si trovavano, verso la fine del 1800, questi italiani che inventarono il Blues?
Se volete sapere il seguito, vi comprate il CD, così finite di leggere la storia che ci racconta questo grande musicista, anche divulgatore e autore di libri sull’argomento, nonché musicista verace della bassa Lombardia, in quel di Voghera. Fabrizio Poggi è uno dei più prolifici nel campo, in Italia, questo è il 18° album, il precedente Juba Dance, pubblicato a nome Guy Davis, ma con la fattiva presenza delle armoniche del nostro è stato nominato ai Blues Music Awards del 2014, come miglior disco acustico. Senza stare a raccontarvi tutta la sua storia, che è lunga, comunque https://www.youtube.com/watch?v=gZiD-VCGgaA , in circa 30 anni, Fabrizio ha registrato anche parecchi dischi negli Stati Uniti, oltre a suonarvi con una certa regolarità, e in conseguenza di ciò ha stretto molte amicizie con musicisti di valore che si muovono intorno a questa area geografica e musicale. Alcuni appaiono pure in questo nuovo disco, che è un album di blues elettrico, con band al seguito, i Chicken Mambo, versione 2014, ovvero Tino Cappelletti al basso, Enrico Polverari alla chitarra e Gino Carravieri alla batteria, oltre allo stesso Fabrizio Poggi, armonica e voce, e al membro onorario, Claudio Noseda, tastiere e fisa.
Se volete saperlo subito, così mi levo il pensiero, il disco è molto bello, e mi ricorda assai, nel suono e nell’attitudine, alcune delle grandi band bianche che hanno fatto la storia del blues, quelle guidate da un cantante/armonicista: bravi, i Bluesbreakers di Mayall o la Butterfield Blues Band, per citarne un paio delle più “scarse”, proprio quel tipo di suono, classici del blues, e qualche brano originale, suonati con grande passione e vigore, l’armonica ma anche le chitarre molto presenti, con arrangiamenti vivaci e pimpanti che suonano molto meglio di gran parte di quello che viene spacciato per blues oggi,e qui sto già parlando del disco. Prendete l’iniziale Bye Bye Bird di Sonny Boy Williamson (II, mi raccomando), testo minimale, praticamente Bye Bye Bird ripetuto dodici volte e e I’m Gone, tre volte, reiterato ed essenziale come deve essere il blues, ovviamente se Fabrizio soffia nella sua Hohner con vibrante passione (come direbbe Napolitano), la chitarra di Polverari si lancia in vorticosi soli, ben sostenuto dalla ritmica e dall’organo, ben delineati nel suono. E che dire di uno dei maestri riconosciuti della slide moderna come Sonny Landreth, che aggiunge le acrobazie del suo strumento, sfidando il wah-wah di Polverari in una vorticosa King Bee, e pure Ronnie Earl ci mette del suo, con chirurgica precisione, in The Blues Is Alright, uno shuffle dal repertorio di Little Milton, con testo potenziato da Fabrizio Poggi, che poi firma Devil At Tbe Cross Road, dove il “vero” Ronnie Earl mi sembra uno straripante Polverari, solista veramente travolgente in un omaggio al puro Chicago Blues, dove anche l’armonica di Poggi è perfetta.
Mistery Train, con la sua andatura inconfondibile è un altro classico immancabile, ben sostenuto, come in altri brani, anche dalla vocalità di Sara Cappelletti (un cognome che mi dice qualcosa). Way Down In The Hole, di un bluesman inconsueto, tale Tom Waits, propone interessanti variazioni al menu, mentre Checkin’ Up On My Baby, anche se è sempre di Williamson, ricorda molto Mastro Muddy e One Kind Favor, altro vecchio blues, aggiornato da Guy Davis, ci permette di gustare sempre con piacere il dualismo chitarra/armonica che domina tutto l’abum; Mojo, variazione di Poggi sul tema classico, ci permette di apprezzare la slide di Bob Margolin, altro virtuoso dell’attrezzo, che poi lascia spazio nuovamente a Polverari e al basso di Cappelletti. La signora Cappelletti duetta con Fabrizio, che prima si “sfoga” all’armonica in Nobody, che poi sarebbe Nobody’s Fault But Mine, mentre Claudio Bazzari presta la sua slide per una galoppante I Want My Baby, finale con Baby Please Don’t Go, mentre prima non manca anche una gaglarda Rock Me Baby. Ottimo blues “italiano”, come dice il buon Fabrizio, “se non vi piace il blues, avete un buco nell’anima”!


Recensione apparsa su Late For The Sky

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FABRIZIO POGGI & CHICKEN MAMBO
Spaghetti Juke Joint
(Appaloosa 2014)
Oltre vent’anni di attività alle spalle e una dozzina di dischi non sono pochi per una formazione italiana che opera nell’ambito della musica d’oltreoceano, tanto più con riconoscimenti di riguardo da parte dei musicisti a cui Fabrizio Poggi e soci si ispirano. Gli apprezzamenti sono evidenti scorrendo le note di copertina dei loro dischi, spesso ricchi di guest star, texane o chicagoane che siano, da Jerry Jeff Walker a Garth Hudson a Zachary Richard fino agli ospiti che si uniscono ai Chicken Mambo in questo nuovo disco tematico.
L’idea di base è quella che gli immigrati italiani di fine ottocento – andati a raccogliere cotone in luogo degli afroamericani che con la schiavitù ormai abolita se ne erano andati a cercare occupazione e fortuna nel nord industriale – possano aver avuto qualche implicazione col blues che usciva dalle juke joint in cui trascorrevano il tempo libero i neri che erano rimasti a lavorare nei campi di cotone del Mississippi. E chissà, magari uno di loro potrebbe aver gestito una di queste juke joint il cui nome avrebbe potuto essere proprio quello che suggerisce il titolo del CD di cui stiamo parlando.
Fabrizio Poggi ha sempre avuto un debole per gli album tematici e lo si evince in quasi tutta la sua produzione recente: la nuova fatica è tutta blues, un omaggio al blues considerato sia nelle radici rurali che nell’estensione urbana elettrica che nella seconda metà del novecento ha favorito la diffusione commerciale del genere. Da Slim Harpo a Little Milton a Sonny Boy Williamson (non dimentichiamo che Poggi oltre ad essere dotato di una voce molto soul è in primis un armonicista con i controfiocchi), passando per il Junior Parker di Mistery Train, il Tom Waits di Way Down In The Hole e l’immancabile B.B. King di Rock Me Baby, questo Spaghetti Juke Joint è una bella raccolta di classici del genere, con qualche brano a firma dello stesso Poggi, apprezzabili I Want My Baby e Devil At The Crossroad, più di routine e ripetitiva Mojo.
A rinforzare i Chicken Mambo ci sono le tastiere di Claudio Noseda, la voce di Sara Cappelletti e le chitarre americane di Sonny Landreth, Ronnie Earl e Bob Margolin.


Dal sito www.caru.com

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Era da un pò di tempo, a parte il disco con Guy Davis, che Poggi non faceva un album di questo valore. Attorniato dai Chicken Mambo, ma anche da Ronnie Earl, Sonny Landreth, Bob Margolin oltre a Sara Cappelletti, Claudio Noseda e Claudio Bazzarri, Poggi mette a punto 13 brani da ricordare. Tra i quali citiamo una bella versione di Baby Please Don’t Go quindi Mojo, Rock Me Baby, Devil at The Cross Road, Mistery Train etc. Digipack edition.


Dal magazine IRD NEWS

cover IRD NEWS
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Recensione apparsa su Miapavia scritta da Furio Sollazzi

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Per parlare di Fabrizio Poggi mi occorrerebbero cinque o sei articoli (come minimo) a causa delle mille iniziative, concerti, dischi, libri, premi ricevuti, riconoscimenti internazionali etc…
Questo Spaghetti Juke Joint è il suo diciottesimo album e segue il precedente Juba Dance, pubblicato a nome Guy Davis, ma prodotto e interamente suonato da Poggi, che è stato nominato ai Blues Music Awards del 2014, come miglior disco acustico, segnando così la “prima volta” di un artista italiano in quel contesto.
Conosco e seguo Fabrizio da più di 25 anni e non mi sono stupito più di tanto quando, ascoltando il disco, mi sono subito accorto che è una sorta di “ritorno alle origini”; abbandonate le atmosfere quasi mistiche degli ultimi lavori, in cui la ricerca delle origini del Blues (quasi una “missione”) l’aveva spinto fin dentro il lato religioso delle radici musicali, Fabrizio è tornato al Blues elettrico che caratterizzava la prima formazione dei Chicken Mambo e si diverte un mondo a farlo.
Appena tornato da una serie di concerti che l’hanno visto protagonista nella mitica Big House della Allman Brothers Band, Fabrizio sforna questo nuovo lavoro che lo vede protagonista con la sua armonica (e la voce) insieme alla nuova formazione che vede Enrico Polverari alla chitarra, Tino Cappelletti al basso e Gino Carravieri alla batteria. Per non parlare degli ospiti italiani (Sara Cappelletti in Nobody e Claudio Bazzarri in I Want My Baby) e vere e proprie star come Sonny Landreth (il suo assolo in King Bee basterebbe a giustificare l’acquisto del disco), Ronnie Earl e Bob Margolin rispettivamente in The blues Is Alright e Mojo.
Molti i blues famosi ripresi (Rock Me Baby, Baby Please Don’t Go, The Blues Is Alright), ma anche i brani che portano la firma dello stesso Poggi (I Want My Baby, Devil At The Crossroad e Mojo) e la cover di Tom Waits, Way Down In The Hole.
…Fabrizio si esplicita in un breve saggio introduttivo contenuto nell’album, dal titolo “Spaghetti Juke Joint: Gli Italiani che inventarono il Blues!” in cui si adombra il sospetto, l’ipotesi che gli emigranti italiani che vennero chiamati a sostituire gli schiavi liberati nelle piantagioni di cotone (e come -e con- i neri trattati nuovamente come schiavi) possano, nella disperata vita in comune, aver partecipato alla nascita di questo genere musicale!
E perché no? Al mondo gli italiani hanno inventato e scoperto quasi tutto, perché non il Blues?
Bravo Fabrizio!


“Highway 61” radio show of Radio Voce Spazio, Alessandria, Italy di Massimo Ferro

highway 61 by massimo ferro

Il disco è, come sempre eccellente: Fabrizio è riuscito ancora una volta a
sorprendermi con un album di solido e vigoroso blues (con qualche tocco di
sano rock).

Playlist of “Highway 61” radio show of Radio Voce Spazio, Alessandria, Italy – 5/11/2014

1. Fabrizio Poggi & Chicken Mambo – Spaghetti Juke Joint (Appaloosa)
2. Ramon Goose – Blues And Spirituals (Acoustic Music)
3. Brad Colerick – Tucson (Back 9)
4. The Ballroom Band – Shokebuk Sessions (BB)
5. Karin Wright – You Got The Silver (Ghost Town)
6. Andy Schneider – Epic Fail (Andy Schneider Entertainment)
7. John Fullbright – Songs (Blue Dirt)
8. Pauline Andrès – All Them Ghosts (Pauline Andrès)
9. Kenny Butterill – Troubadour Tales (No Bull Songs)
10. Fo’ Reel – Heavey Water (Fo’ Reel)
11. Dr. John – Ske-Dat-De-Dat: The Spirit Of Sutch (Concord)
12. Chris Jones & The Night Drivers – Live At The Old Store (GSM)
13. Paul Daugherty – River Pearl (Bake It Black)
14. Eddie Seville – Ragged Hearts (Eddie Seville)