Juba Dance (cd 2013)

Recensione Juba Dance apparsa sul sito belga www.warande.be
(traduzione e adattamento)
JUBA DANCE – GUY DAVIS feat. Fabrizio Poggi
Il sessantaduenne musicista (e attore) americano Guy Davis è diventato l’ambasciatore internazionale della musica blues acustica della sua generazione. Da anni manifesta il suo amore per il blues in tutti e quattro i continenti.
Guy Davis è cresciuto a New York City, ma ha sviluppato la sua passione per il blues attraverso le storie dei suoi nonni che vivevano nelle zone rurali del sud degli Stati Uniti . Davis ha inciso più di dieci album tutti acclamati dalla critica negli Stati Uniti e ha lavorato con leggende del blues come Dr. John, Bonnie Raitt, Taj Mahal e Pete Seeger .
Con il virtuoso dell’armonica e fisarmonicista italiano Fabrizio Poggi nel 2013 ha realizzato Juba Dance (in cui compaiono anche i Blind Boys of Alabama). L’album ha fatto guadagnare a Guy Davis una nomination come “Miglior artista acustico” e “Miglior disco acustico” ai trentennali Blues Music Awards negli Stati Uniti.
Voce, chitarra, banjo: Guy Davis
Armonica: Fabrizio Poggi


SUONO di Giancarlo Susanna
Che il blues abbia un’importanza decisiva nella nascita della popular music è un dato di fatto acquisito. Quelle che mancano, d’altra parte, sono le occasioni per ascoltarlo dal vivo. Le generazioni più giovani non amano ricordare il passato e per raccontare il presente preferiscono usare altri linguaggi. Anche per questo, a prescindere dall’intrinseco valore di quello che fa, ci sembra molto importante la presenza di un musicista che rivendica con orgoglio il suo status di bluesman. Attraverso il recupero dei classici e dei racconti di nonni e bisnonni, Davis narra le vicissitudini del popolo nero. Ci rende altresì partecipi del come e del perché un bimbo cresciuto nei sobborghi della middle-class di New York si sia interessato alle sue radici, compiendo un percorso spesso doloroso. Tra gli artisti che Davis considera essenziali nella sua crescita spiccano Blind Willie McTell, Skip James, Mance Lipscomb, Mississippi John Hurt, Taj Mahal e Buddy Guy. Alcuni di questi nomi li troviamo tra i credits di questo bel disco, ma Davis non si limita al pur prezioso impegno di “storico” del blues acustico e scrive brani originali, creando un efficace cortocircuito tra ieri e oggi. Alla sua bella voce e al suo limpido stile chitarristico fa da contraltare l’armonica dell’ottimo Fabrizio Poggi.


IL POPOLO DEL BLUES di Giulia Nuti
Fabrizio Poggi è un fiore all’occhiello del blues italiano: 17 album registrati, numerosi tour negli Stati Uniti, collaborazioni importanti che spaziano da Charlie Musselwhite a Flaco Jimenez, da John Hammond a Garth Hudson, libri che sono un must come il suo Il soffio dell’anima: armoniche e armonicisti blues (Master Music/Ricordi).
E’ armonicista, musicista, giornalista e vero e proprio alfiere del blues italiano nel mondo, come anche in questo caso si dimostra firmando un’eccellente collaborazione con il bluesman americano Guy Davis.
Il loro Juba Dance, pubblicato per l’etichetta franco americana Dixie Frog, è un viaggio intenso e spirituale che ci immerge nelle atmosfere del blues acustico, tornite dagli incastri tra chitarre, banjo, voce, armonica.
Un album guidato da pochi strumenti, ma in grado di sostenere un carico infinito di emozioni e di evocare i paesaggi, le immagini, i colori dell’America del blues più autentica. Non a caso, l’album in breve tempo ha conquistato il primo posto nella classifica dei dischi più trasmessi dalle radio americane.
Ottime le interpretazioni dei classici, da Blind Lemon Jefferson (una emozionante See that my grave is kept clean con la partecipazione dei Blind Boys of Alabama) a Statesboro Blues di Blind Willie McTell. Già fermandosi qui, ci sarebbero tutti gli elementi per parlare dell’alchimia musicale del duo e della grande sintonia che Guy e Fabrizio dimostrano. E’ con le composizioni originali di Davis, però, che l’album trova la perfetta quadratura del cerchio. Quella di Davis è una penna raffinata e misurata, capace di spaziare dalla dolcissima Love Looks Good on You alla più accattivante e ritmica Dance Juba Dance, fino alla più lenta e convincente Black Coffee. Un album in cui, insomma, c’è la sensazione che non manchi proprio niente.
Mentre questa recensione viene pubblicata, Juba Dance è candidato ai Blues Music Awards, gli Oscar del blues, come miglior album acustico dell’anno. In bocca al lupo a Guy Davis e Fabrizio Poggi!


NO DEPRESSION by Devon Leger
Guy Davis featuring Fabrizio Poggi Juba Dance.
2013. M.C. Records.
Guy Davis played our showcase room and just about charmed us silly. No surprise there, he’s known as one of the foremost country blues interpreters around, and each album of his is a little treasure box. But singing along to his delightful song “Love Looks Good On You,” I was just happy to have a part in his music. There’s something welcoming to what he does, something that draws you in in a way that’s unusual for the blues. Isn’t this supposed to be a solo affair? The hard times of a single man, voice raised in protest? With Davis, the blues reaches to its own deeper meaning: a collection of traditions and old byways inspired by the past but refreshingly present. Davis’ new album, Juba Dance, seems almost too easy, an illusion born from Davis’ total mastery of the traditions. Here he’s wandering the back roads of the African-American experience, seemingly picking songs as scraps floating through the air. The title song, “Juba Dance,” references the great African-American dancer Master Juba, but is really, as Davis says, “an excuse for me to play claw-hammer banjo the way I really want to, combined with a butt shaking rhythm.” “See That My Grave is Kept Clean,” with Davis joined by the Blind Boys of Alabama is a revelation. As a songwriter, Davis excels here again. Aside from “Love Looks Good On You,” which should be this album’s single, I’ve got huge love for his song “Lost Again,” which manages to be a bit funny and poignant at the same time. “Did You See My Baby” is about the cutest ribald blues song featuring a harmonica that I’ve heard. Watching Guy perform this and shake his ass was a definite Folk Alliance highlight! Juba Dance is an utterly delightful album full of surprises. I didn’t know Guy Davis played the banjo so well, for example. Find your own surprises!
…Special note for Italian harmonica master Fabrizio Poggi who was funny and charming in person with Guy Davis and shines like a polished gem on Guy’s album “Juba Dance”.


Recensione da www.bealestreet.be
Guy Davis featuring Fabrizio Poggi – Juba dance
(traduzione e adattamento)
Risparmiare sui costi …. ovvero un album contenuto in un semplice involucro di cartone è quello che purtroppo si trova in vendita oggigiorno visto il persistente rallentamento delle vendite di CD . Una felice eccezione a questa triste regola è “Juba Dance”, il nuovo capolavoro dell’appassionato, showman e interprete Guy Davis uno che non si è affatto risparmiato e che ha lavorato duramente con il suo compagno Fabrizio Poggi (cantante / armonicista Hohner Harmonica Award / scrittore ) per offrirci un bellissimo disco in digipack. Qui non ci sono solo una ricchezza di informazioni e di belle foto ma anche tredici canzoni sublimi che calzano come un guanto un uomo che è considerato nell’ anno 2013, uno dei importanti artisti Blues odierni!
Guy Davis ha nel proprio sangue il talento di saper raccontare storie, e tutto ciò si manifesta in “Juba Dance” in un certo numero di tributi: a John Lee Hooker ( ” Black Coffee ” ) , al genio dell’armonica Sonny Terry ( ” Did You See My Baby ” ), a Muddy Waters (“My Eyes Keep Me In Trouble ” ), Blind Willie Mc Tell ( ” Statesboro Blues “) , il reverendo Robert Wilkins ( ” That’s No Way To get Along ” ), Josh White ( ” Prodigal Son ” ); e in “Love Looks Good On You” (dedicata a Bob Fanke e sua moglie) .
Guy Davis si esprime brillantemente nel solco della tradizione non solo vocalmente , ma anche con la chitarra a 12, 6 corde e slide , banjo a 5, 6 corde e slide , mandolino , tamburello, il registro alto dell’armonica lasciando a Fabrizio Poggi (che ha suonato con Garth Hudson, Eric Bibb, Zachary Richard, Charlie Musselwhite, Flaco Jimenez, Otis Taylor, Marcia Ball), il compito di offrirci la sua interpretazione dei grandi dello strumento.
“Juba Dance” è composto da una serie di collegamenti musicali in cui “Saturday blues ” coincide con “See That My Grave Is Kept Clean” che si avvale del supporto aggiuntivo dei Blind Boys of Alabama e a “Some Cold rainy day” che vedere la partecipazione di Lea Gilmore…
Guy Davis & Fabrizio Poggi = talento e maestria !


Recensione apparsa su Black & Blue Blog di Ale Zoccarato
Quest’anno ai trentacinquesimi Blues Music Awards tiferemo senza dubbio per un artista: Guy Davis.
Un po’ perché è un grande musicista un po’ anche perché, a modo nostro, siamo patriottici ogni tanto…
L’americanissimo Guy è stato nominato nelle categorie “Acoustic Artist” e “Acoustic Album” con il suo “Juba Dance”.
Dunque che c’entra il patriottismo? Beh il disco è stato realizzato in gran parte in Italia, Bergamo per la precisione, ed ha come ospite il nostro armonicista Fabrizio Poggi.
L’ennesimo traguardo per il musicista pavese che non solo è bravo ma ha anche da tempo intrapreso una sorta di missione nella diffusione della cultura blues in Italia.
Fabrizio in Juba Dance accompagna all’armonica Davis in sette brani su tredici e, se si pensa che gli altri due featuring sono di Blind Boys of Alabama e Lea Gilmore, direi che c’è da esserne orgogliosi.
Il brano “Dance Juba Dance” da due mesi è il più trasmesso nelle blues radio americane; certo questo potrebbe non stupire – d’altro canto Guy Davis non è mica il primo che passa per strada – ma se teniamo presente che si tratta di un album interamente acustico e che non ha un qualche gigante discografico alle spalle (esce per l’austriaca Dixiefrog) questo dato è decisamente esplicativo della qualità del disco. In più ciò succede in un periodo che non è di vacche magre per le produzioni discografiche, dato che scorrendo la classifica si trovano nomi come quelli di Buddy Guy, Tedeschi Trucks Band e Musselwhite fresco di un Grammy con Ben Harper (grande Charlie sei un mito).
Probabilmente dopo tutto risulta quasi superfluo fare una sorta di recensione all’album…
Possiamo dire che Guy Davis si conferma un pilastro fondamentale della riscoperta della tradizione in atto negli ultimi anni. Voce sporca ma senza forzature, approccio agli strumenti a corde decisamente old style, riesce a riproporre composizioni originali, vecchi classici (Muddy Waters, Blind Willie McTell, Josh White) e cover di artisti meno conosciuti dai più (Bertha “Chippie” Hill, Ishman Bracey, Reverend Robert Wilkins – anche se la sua “That’s no way to get along” è diventata famosa grazie alla coppia Clapton-JJ Cale) in una modalità piacevole e sotto un certo aspetto quasi “moderna”; Davis è un bluesman fatto e finito certamente, alla ricerca delle radici ma ha una buona dose di fantasia e risulta indiscutibilmente fresco e attuale senza – grazie a dio – sentire l’esigenza di ripulire e “infighettare” i suoni degli strumenti e gli arrangiamenti scarni. Poggi dal canto suo colora i brani egregiamente senza esagerare nelle note e negli interventi.
Blues che non annoia mai e, forse, facendo un passo indietro nel nostro discorso, proprio per il fatto che non guarda al futuro ma al più remoto passato, prendendo come esempio, senza scimmiottare, l’approccio di gente come Charlie Patton, Robert Johnson, Leadbelly abituati a dover intrattenere e divertire pubblici differenti spostandosi dalle feste campestri ai juke joint.

Un grande disco.

W la Juba Dance dunque, W Guy Davis, W Fabrizio Poggi

P. s. La Juba Dance è un’antica danza degli schiavi delle piantagioni di cotone americane importata dall’Africa occidentale. Giusto per chiarire ulteriormente le intenzioni dell’artista…


Recensione dal programma radio
“The weekend planet” trasmesso dalla ABC
Condotto da Doug Spencer (Australia)

(traduzione e adattamento)
‘BLACK COFFEE’ from JUBA DANCE – GUY DAVIS FEATURING FABRIZIO POGGI
Un blues ipnotico, magnetico e virile che evoca John Lee Hooker a cui questo brano è dedicato.
La voce afroamericana di Guy è accompagnata dalla sua 6 corde acustica, dalla chitarra slide, dal tamburello e dal battito del piede, a cui si aggiunge la meravigliosa armonica “che sembra cantare” del suo amico italiano Fabrizio Poggi.
Guy ha registrato il suo nuovo album in Italia, con Fabrizio come coproduttore e ospite speciale…


Recensione apparsa su Blues Blast magazine di Marty Gunther (USA)
Guy Davis feat. Fabrizio Poggi – Juba Dance
(traduzione e adattamento)
Con Juba Dance il chitarrista blues Guy Davis, assistito da Fabrizio Poggi all’armonica, combina perfettamente i brani standard con le proprie composizioni donando nuova vita al linguaggio country blues.
Il titolo si riferisce a una forma di espressione che ha avuto origine in Africa occidentale e che consiste in un ritmo creato dal battito dei piedi e da colpi dati a braccia, gambe, torace e guance. Juba – conosciuto anche come hambone – è stato portato nel Nuovo Mondo attraverso il commercio degli schiavi è stato un precursore del blues ed è stato spesso utilizzato per tenere lontana la tristezza.
Con ” Juba Dance” Davis tesse una trama in cui sono presenti sia la bellezza sia il dolore di quell’esperienza antica, creando un ricco e moderno arazzo musicale.
Figlio dei celebri attori e attivisti dei diritti civili Ruby Dee e Ossie Davis, Guy, attore e regista egli stesso, si è innamorato di questa musica ascoltando i suoi nonni che ha spesso celebrato nel corso della sua carriera mettendo le loro esperienze nelle proprie canzoni.
Poggi, che ha co -prodotto questo CD , è nativo di Voghera, Italia. E’ anche un giornalista e si è esibito frequentemente negli Stati Uniti nel corso degli ultimi 20 anni, in particolare con la sua band, i Chicken Mambo.
La prima uscita di Davis targata M.C. Records è un disco che prende il via con “Lost Again”, in cui Guy si alterna tra chitarra a sei e a 12 corde e il registro alto dell’armonica mentre Poggi si concentra sui registri bassi e sulla bass harp. E’ un brano originale vivace e ottimista a cui Guy fornisce anche brillanti accenti di campanaccio.
“My Eyes Keep Me In Trouble” di Muddy Waters presenta Davis e Poggi che si alternano rispettivamente alla voce e all’armonica; prima che Guy ci offra la tenera “Love Looks Good On You”, originale dal tocco classico. Guy poi duetta con la potente ed energica voce blues e gospel di Lea Gilmore in “Some Cold Rainy Day “, canzone scritta nel 1928 da Bertha “Chippie” Hill, una delle prime superstar del vaudeville blues. Si arriva quindi a un grande assist da parte dei Blind Boys Of Alabama – Jimmy Carter, Ben Moore , Eric ” Ricky” McKinnie e Joey Williams – per una magnifica versione di ” See That My Grave Is Kept Clean”. Il brano ha un significato speciale per Davis. Scritto da Blind Lemon Jefferson, questo è il brano che Guy ha cantato al funerale di suo padre.
In “Dance Juba Dance”ad essere in primo piano è il banjo di Davis arpeggiato in stile clawhammer, mentre “Black Coffee”, tributo a John Lee Hooker, mette in evidenza il significativo e intenso contributo di Poggi all’armonica diatonica.
“Did You See My Baby” è l’omaggio di Guy alla star dell’armonica Piedmont, Sonny Terry.
Il chitarrista ha scritto anche il brano successivo, “Satisfied”, basato su una storia raccontata a Guy dal musicista Bryan Bowers. Si tratta di una riproposizione della “chiamata – e – risposta” che avveniva sovente tra due gruppi di detenuti di un campo di lavoro, uno maschile e l’altro femminile. Le ultime quattro tracce sono tutte versioni aggiornate di classici del blues d’annata: “That’s No Way To Get Along” di Rev. Robert Wilkins conduce ad un’interpretazione di “Saturday Blues” di Ishman Bracey. A seguire un altro originale di Wilkins, “Prodigal Son”, in cui Davis ci propone l’arrangiamento ideato da Josh White. Il disco si conclude con “Statesboro Blues” di Blind Willie McTell.
E’ un lavoro molto bello che brilla dall’inizio alla fine e con il quale Davis si è guadagnato una nomination ai Blues Music Awards 2014 come Disco Acustico dell’Anno.
E ‘ un album di oggi ma anche un classico senza tempo.


Recensione apparsa su Where y’at di Sam Nelson (New Orleans)
(traduzione e adattamento)
Guy Davis è cresciuto a New York , ma ha imparato ad amare il blues del sud degli States piuttosto presto. Ha iniziato la sua carriera come attore e musicista nei piccoli teatri di Broadway e, negli ultimi due decenni, si è impegnato a fondo per preservare il blues tradizionale. Al contrario di molti dei suoi contemporanei che fondono il blues con il funk ed il rock, Guy Davis ha invece realizzato un lavoro rigoroso e fedele alla musica delle radici. L’album prende il nome da una danza ritmica creata dagli schiavi delle piantagioni e la title track rende omaggio ai suoni e ai ritmi di Haiti. La maggior parte dell’album è invece incentrata sul patrimonio folk blues del profondo sud, in cui Davis segue i canali seminali e limacciosi del country blues di musicisti come Ishman Bracey, Furry Lewis, e Brownie McGhee. Davis suona il tutto in uno stile grezzo e minimalista usando nella maggior parte dei brani chitarre acustiche a 6 e 12 corde e banjo a cinque corde. Ad accompagnarlo all’armonica c’è il bluesman italiano Fabrizio Poggi. Alcuni dei brani migliori sono omaggi raccolti nelle profondità del catalogo dei classici del southern blues. Tra questi “That’s No Way To Get Along” del reverendo Wilkins, e “Prodigal Son” boogie woogie di Josh White. Davis è anche un compositore di canzoni di talento, come dimostra la felice “Love Looks Good On You”, che è tradizionale nella sua struttura lirica ma originale nei contenuti … e potrebbe appartenere allo stile fluido di Mississippi John Hurt . Nell’album sono ospiti anche i Blind Boys of Alabama i cui cori compaiono in “See That My Grave Is kept Clean”, che Davis ha cantato ai funerali del padre, l’attore Ossie Davis. L’ album è stato registrato in Italia.


I Migliori Album Blues del 2013 per www.downatthecrossroads.com (Irlanda)
Guy Davis feat. Fabrizio Poggi: Juba Dance
Blues acustico della “vecchia scuola”da uno dei maestri del genere. La voce di Guy Davis e il suo lavoro alla chitarra sono inconfondibili così come il suo danzare su una strada che attraversa ragtime, ballate commoventi e coinvolgenti blues. Ospite la raffinata armonica blues di Fabrizio Poggi. Una delizia.


Commento apparso su Blues Music Magazine (USA)
…Un’incisione a 24 carati…


Commento apparso su SOULFUL CORNER by Yayo
…Per gli amanti del blues-country, album imperdibile!…


Recensione apparsa su Rhythms Magazine (Australia)
Guy Davis feat. Fabrizio Poggi – Juba Dance
(traduzione e adattamento)
Perseverando nel mantenere la tradizione folk- blues viva e in ottima forma, l’attore / scrittore / musicista / cantante / polistrumentista Guy Davis fa squadra con il noto armonicista italiano Fabrizio Poggi per questa nuova aggiunta al suo già vasto catalogo. Figlio degli attori Ossie Davis e Ruby Dee, Davis è un maestro del Piedmont e del Delta country blues che ci propone con l’utilizzo degli strumenti principali del genere: la sei corde acustica, la 12 corde, la chitarra slide, il mandolino , il banjo e la blues harp. Le canzoni originali di Davis conservano lo spirito dei grandi artisti del blues anteguerra e le sue interpretazioni del loro materiale è riproposto con inventiva e nuovi arrangiamenti senza sacrificare il rispetto per il passato. Il cd è stato registrato in Italia, con le parti degli ospiti incise negli Stati Uniti. L’imperatrice blues e gospel Lea Gilmore si unisce a Davis in uno splendido duetto vocale su “Some Cold Rainy Day” classico blues di Bertha ‘Chippie’ Hill e i Blind Boys Of Alabama supportano la voce ruvida di Guy accarezzando l’anima su “See That My Grave Is Kept Clean” di Blind Lemon Jefferson. “Saturday Blues” di Ishman Bracey, “My Eyes Keep Me In Trouble” di Muddy Waters, “That’s No Way To Get Along” di Robert Wilkins, “Prodigal Son” di Josh White e “Statesboro Blues” di Blind Willie McTell ” sono eseguite con abilità e autorevolezza, mentre la traccia che da il titolo al disco è un brano tradizionale antecedente alla forma blues che mette in mostra la bravura di Davis al banjo claw hammer.


Recensione apparsa su FORTE MAGAZINE (AUSTRALIA)
Guy Davis feat. Fabrizio Poggi – JUBA DANCE
(traduzione e adattamento)
Come bluesman che appartiene alla “vecchia scuola”, Guy Davis è relativamente un nuovo arrivato. Ha saputo sin da subito come rapportarsi rispetto alla storia del blues collocandosi tra chi non si sente un bluesman e allo stesso tempo si considera un loro erede naturale. Non che ci sia nulla di sbagliato in tutto questo, anzi. Il suo stile acustico senza fronzoli renderebbe orgogliosi i suoi predecessori. Similarmente a Eric Bibb anche lui vanta una bella voce e un’ottima perizia strumentale e ha un sound contemporaneo e tradizionale allo stesso tempo.
In Juba Dance chitarre, banjo, armonica e voce danno vita a un perfetto equilibrio di leggerezza e genuinità. Inoltre un enorme contributo viene apportato dal lavoro di Fabrizio Poggi eroe dell’ armonica Hohner. E c’è più di un riferimento casuale a Sonny Terry espresso da entrambi gli artisti. Davis, infatti dedica ‘Did You See My Baby’ al leggendario armonicista . E’ una delle cinque tracce in cui Davis suona da solo, citando con la chitarra sia il compagno di Terry, Brownie McGhee che Bukka White.
Il brano di apertura vede Davis sui registri alti dell’armonica e Poggi che si occupa di quelli bassi, armonica basso compresa.
Come sovente accade ai classici del blues, ci sono echi che rimandano ad altri brani.
I brani originali potrebbero tranquillamente essere scambiati per standard del blues che si suonano da decenni e viceversa con le cover.
Il favoloso e insolito ritmo di ‘Saturday Blues’ mi ha ricordato sia l’originale del 1928 che la versione di ‘Stones in my Passway’ fatta da Joe Bonamassa.
Davis offre anche pregevoli interpretazioni di brani di Muddy Waters, Blind Willie McTell, Josh White, John Lee Hooker e Rev. Robert Wilkins’ di cui propone ‘That’s No Way to Get Along’. Quest’ultima è deliziosa almeno quanto quella targata Stones.
Davis aggiunge al tutto anche mandolino, chitarra slide, “percussioni da veranda” (battito di mani, cucchiai di legno ecc.) e la cadenza tipica dei canti da lavoro. Ciliegina sulla torta il contributo dei Blind Boys Of Alabama.


Recensione apparsa su the free press (Maine, USA)
(traduzione e adattamento)
Guy Davis feat. Fabrizio Poggi – Juba Dance
-Davis fa molto con poco-
Guy Davis , bluesman e narratore americano, in Juba Dance mostra tutto il valore inestimabile del blues acustico. Sebbene il blues acustico contemporaneo non sia in primo piano come dovrebbe essere sulla scena musicale odierna, questo stile ha continuato a svilupparsi di anno in anno. E Guy Davis è all’avanguardia in tutto questo. La sua abilità nel raccontare storie è pari a quella di leggende come Son House; e la sua competenza strumentale è paragonabile a quella di eroi della chitarra come Elizabeth Cotten. Inoltre, la sua voce, è profonda e potente come quella di Howlin ‘ Wolf . I suoi talenti sono tanti: Guy Davis però non si limita semplicemente a ripetere ciò che ha funzionato per altri in passato, ma ha incorporato con sensibilità elementi di delta blues per creare uno stile tutto suo, immediatamente riconoscibile. Nella sua versione di ” Statesboro Blues “, classico scritto da Blind Willie McTell , Guy Davis mostra grande rispetto per i grandi bluesman di altri tempi, aggiungendo però nel contempo nuovi contributi . La chitarra è suonata in stile fingerpicking con un ritmo martellante giocato sui bassi e con una serie di riff suonati simultaneamente sul registro superiore dello strumento. Questa tecnica nota a tutti è però eseguita da Davis con la precisione di un metronomo e una forza immensa, che rendono questo brano pressoché unico. Una voce profonda e ruvida guida quest’intensa melodia capace di fare provare profondi brividi a ciascun ascoltatore. “Love looks good on you ” mostra il lato più dolce di Davis . Anche se relativamente semplice, questa canzone si stacca dal classico blues di 12 battute che possiamo invece ascoltare in gran parte dell’album. La parte di chitarra lenta e intricata allo stesso tempo è costruita con gusto e si lega ottimamente con il lavoro sul registro alto dell’armonica caratterizzato da note lunghe e ben sostenute. Sebbene non sia una canzone blues, secondo la più rigorosa delle definizioni, Davis è stato capace di infondere al brano la profondità e la ruvidità del blues, un sound che non è mai stato messo da parte in nessuna delle sue opere.
Forse la cosa più che colpisce maggiormente di Davis, è quanto quest’artista sia in grado di fare avvalendosi solo di una chitarra acustica , un banjo , un’armonica (quando non è Fabrizio Poggi a suonare la sua grande armonica) e la sua voce. Questo approccio minimalista crea un suono che è tutt’altro che povero. In realtà, un numero minore di strumenti porta alla luce una complessità, una passione e una voce musicale unica, ovvero tutto ciò che Davis si propone di comunicare.
Quest’ approccio semplice e diretto che caratterizza Juba Dance, dovrebbe essere riconosciuto come qualcosa di musicalmente inestimabile.


Recensione apparsa su Late For The Sky di Paolo Boiotti
Guy Davis è uno dei migliori interpreti contemporanei della tradizione blues. Figlio di artisti e attivisti, nato a New York nel ’52, ha registrato il suo primo album nel ’78, poi ha scelto la carriera di attore teatrale e televisivo per alcuni anni, tornando alla musica acustica country-blues con influenze folk con Stomp Down River nel ’95. Da allora ha proseguito con coerenza la sua storia musicale con otto album in studio fino a questo Juba Dance, una collaborazione con il nostro armonicista Fabrizio Poggi, che ha anche coprodotto l’album registrato quasi interamente a Bergamo negli studi Suonovivo con l’ingegnere del suono Dario Ravelli. Alternando tracce soliste a duetti con Poggi, Davis traccia un percorso di rivisitazione del blues acustico con materiale originale scritto come tributo ai grandi del passato che lo hanno ispirato (Son House, Sonny Terry, Mississippi John Hurt) e con qualche cover eseguita con rispetto e passione. Un disco pregevole nel quale spiccano la voce roca e il fingerpicking di Guy spesso accoppiate alla scattante armonica di Fabrizio, che negli ultimi anni è uscito dalla dimensione nazionale, acquisendo esperienze e consensi di grande prestigio con dischi pregevoli come Spirit & Freedom e Mercy. Il ritmato folk di Lost Again apre il dischetto con entrambi i protagonisti all’armonica, seguito da My Eyes Keep Me In Trouble, scattante blues di Muddy Waters. La ballata Love Looks Good On You mi ha ricordato il miglior Kaukonen, mentre il tradizionale Some Cold Rainy Day è arricchito dalla voce gospel di Lea Gilmore. See That My Grave Is Kept Clean è bella per conto suo, ma il banjo di Guy e le voci degli inossidabili Blind Boys Of Alabama rendono questa versione particolarmente incisiva. Nel prosieguo spiccano Black Coffee, tributo a John Lee Hooker con Poggi in primo piano, Did You See My Baby, tributo a Sonny Terry che dal vivo viene interpretato teatralmente, lo spledido folk blues That’s No Way To Get Along del Rev. Robert Wilkens e il country blues Prodigal Son nella versione di Josh White.


Recensione apparsa su L’Arena di Beppe Montresor
Blues acustico essenziale e senza trucchi
Nell’album di Davis anche la partecipazione di Fabrizio Poggi e del coro dei Blind Boys of Alabama
Quasi contemporaneamente, sono usciti due splendidi album di altrettanti bluesmen afro-americani, Guy Davis ed Eric Bibb, molto apprezzati anche nel nostro paese, dove si sono esibiti spesso in vari contesti, molto significativi, trattandosi di musicisti che hanno quasi sempre privilegiato il linguaggio scarno ed essenziale, del tutto privo di «trucchi», del blues acustico. In quest’occasione Davis continua in bellezza il suo tradizionale percorso con Juba Dance, che come sempre alterna omaggi ai grandi maestri e composizioni originali di ottimo livello. Bibb, invece, questa volta ha messo a punto una raccolta musicalmente più ambiziosa e sofisticata, che in più momenti esonda dagli steccati blues e pesca soluzioni e sapori anche altrove (folk, soul, gospel, persino certe raffinatezze pop…). E se la nostra preferenza in questa «sfida» va – soprattutto per l’intensità delle interpretazioni – a Davis, entrambi si confermano ai vertici di quel preziosissimo stuolo di alfieri della tradizione popolare americana che non ha «abdicato» allo strapotere di rap o hip-hop. È vero che né Davis né Bibb, emersi agli inizi degli anni Novanta, sono più dei ragazzini (Eric ha superato i sessanta, Guy ne ha qualcuno di meno), ma la loro poetica ha indiscutibilmente una valenza del tutto attuale, che tien viva, anche con esiti originali, la continuità tra ieri e oggi. Conta probabilmente molto il fatto che entrambi vengano da un contesto familiare colto e immerso attivamente nel fecondo humus delle lotte per i diritti civili negli anni Sessanta, che avevano visti coinvolti i rispettivi padri, Ossie Davis e Leon Bibb, attori e musicisti. Un forte valore aggiunto, nei dischi e nei concerti dei due, è la componente divulgativa, preziosa ma mai eccessiva a discapito del divertimento Juba Dance vede la partecipazione di un valentissimo bluesman italico. Il disco esce con la dicitura di copertina Guy Davis feat. Fabrizio Poggi, e in effetti l’armonicista/cantautore pavese suona in metà dei brani del disco, che è andato al numero 1 delle classifiche blues americane. Poggi è presente anche (insieme al leggendario coro dei Blind Boys of Alabama) nella versione da brividi del capolavoro See That My Grave Is Kept Clean, di Blin Lemon Jefferson, un brano che basterebbe a sintetizzare l’irrinunciabile lavoro che Davis sostiene da più di vent’anni. Lo stesso discorso vale per il magnifico gospel Drinkin’Gourd che apre alla grandissima il disco di Bibb, intitolato Jericho Road.


Recensione apparsa su Rockerilla di Francesco Paolo Paladino
Juba Dance è un disco acustico, in cui il grande bluesman americano Guy Davis, che riassume in sé le anime di Blind Willie McTell, Skip James, Mississippi John Hurt e Buddy Guy si propone – in una session per lo più italiana (Suonovivo recording Studio di Bergamo, a cui si riferisce peraltro anche il servizio fotografico che accompagna il cd) con grande maestria e amore per quelle polverose strade acustiche che oggigiorno sono abbandonate. Ad accompagnarlo in questa fatica, per quasi tutta la durata del delizioso cd, c’è Fabrizio Poggi e le sue mille armoniche, musicista universale noto ai nostri lettori per la bontà delle sue produzioni discografiche ormai ventennali. I due si trovano a meraviglia e sembra che abbiano suonato insieme da sempre. Se Lost Again è il brano che ha fatto sobbalzare tutte le radio blues americane e non ultimo il mitico Blues Brother Elwood Blues (aka Dan Akroyd) nel suo programma “The Lost Mobile”; la canzone che non smetteremo mai di ascoltare è See that my grave is kept clean dove il duo, rispettoso della “Storia” del blues introduce, con una grande magia, le voci (e l’anima) dei The Blind Boys of Alabama. E qui il tempo si ferma e ci leviamo il cappello per il piacere di un classico infinito. Anche Black Coffee è da antologia e tutti gli altri brani sono l’esempio di quanto -ancor oggi- si possa essere creativi e ossequiosi del passato; vivi e immersi in un mondo irreale dove spiriti e santi giocano alla roulette russa. Imperdibile per chi ama la musica da cui tutto è nato.


Recensione apparsa su Rootshighway di Matteo Fratti
E’ quasi mentre infilo il cd nel lettore che leggo la news che Juba Dance, l’ultimo album di Guy Davis, è primo nella Hit Parade Blues Usa Top 50. L’ultimo lavoro del bluesman newyorkese per la Dixiefrog esce coadiuvato dal nostro armonicista Fabrizio Poggi, e insieme ne scaturisce un curioso melange acustico talora nello stile piedmont, alla Sonny Terry & Brownie McGhee, per intenderci, ma molto spontaneo e senza alcun artifizio di sorta nel voler apparire come loro. Neppure quand’anche Davis abbia arrangiato a Broadway uno show dedicato a Terry è questo l’intento del presente lavoro, sebbene alcune songs possano trarre in inganno con quell’incedere fatto di alternarsi tra chitarra finger style e armonica, pulita e “acustica”. Ma poi, il sapore di Juba Dance si rivela nel complesso come una spontanea ricerca sonora che rende un ventaglio di più umori da american folk music a tutto tondo, invece che solo di uno stile, sicché è già di matrice deltatica la My Eyes Keep Me In Trouble di Muddy Waters, così come profuma di classico da settantotto giri Some Cold Rainy Day in compagnia stavolta di Lea Gilmore, offrendo uno spaccato che tralascia ben poco dalle radici intorno al Mississippi. Suonano così persino dylaniane le atmosfere della ballata Love Looks Good On You, con quel che il menestrello di Duluth potrebbe aver carpito a Mississippi John Hurt a Newport, e Mr. Davis non si fa proprio mancare nulla nemmeno quando alla bellissima See That My Grave Is Kept Clean di Blind Lemon Jefferson si aggiunge, prima dell’intervento alle ance, oltre a una “added lyrics” di Guy, anche l’onda vocale degli amici Blind Boys Of Alabama, per un classico senza tempo. C’è un’intesa tangibile di cui è persino possibile testimoniare, tra il bluesman americano e l’ospite Fabrizio: in qualche live dalle nostre parti li abbiamo anche visti in azione ed il feeling che ne emerge non è qualcosa che si compera al negozio sotto casa, ma quest’album in studio, registrato tra Hanover (Pensylvania), Bergamo e Atlanta, è l’approdo di una conoscenza di vecchia data e un sodalizio musicale già presente nei bei dischi licenziati da Poggi alla fine del nostro primo decennio in blues del ventunesimo secolo. Così la title – track come alcune altre diverte allorché lo stesso Davis si sbizzarrisce tra banjo, battito di mani, cucchiai e ritmica del piede, e nel “blueseggiare” assorto di alcuni pezzi del lotto, suona pressoché ogni cosa, che l’armonica accompagna ora con un ululato solista, ora con corali accordi. Guy Davis è solo in poche tracce, un quartetto che vede echi perduti di armoniche lontane in Did You See My Baby (Lost John), mentre That’s No Way To Get Along o Saturday Blues rievocano pure il reverendo Robert Wilkins o Ishman Bracey. Statesboro Blues rimanda a ricordi da Fillmore East, ma nelle loro scelte, Guy Davis e Fabrizio Poggi tornano sempre alle radici, regalando al contempo tradizione e modernità nel blues del nuovo millennio.


Recensione tratta da La Hora del Blues by Vicente Zumel (Spagna)
Guy Davis feat . Fabrizio Poggi – Juba Dance (traduzione)
Guy Davis è un musicista che suona sempre ciò che vuole, ciò che più gli piace e ciò che intimamente sente di più. Lo fa senza vincoli o concessioni, perché, musicalmente parlando, non è sposato con nessuno. Quando suona la sua musica lo fa con un approccio molto delicato, un incredibile carisma e una buona dose di appagamento. La musica che troviamo qui è un blues acustico che segue i canoni della tradizione, senza inutili orpelli ma sempre elegante e lineare. Guy Davis canta e suona chitarra acustica a sei e dodici corde, banjo, armonica a bocca, tamburello, chitarra slide e percussioni varie. Fabrizio Poggi aggiunge la sua armonica e fornisce un’ amabile pennellata di colore e deliziosi tratti alle composizioni di Davis. Musicisti ospiti in un paio di canzoni la cantante Lea Gilmore, con una squisita e deliziosa performance, e i Blind Boys of Alabama, su un brano davvero ispirato a cui donano delicate influenze gospel. Entrambe le collaborazioni danno originalità e bellezza ad un album già di per sé accattivante. OTTIMO.


Review from La Hora del Blues by Vicente Zumel (Spain)
Guy Davis feat . Fabrizio Poggi – Juba Dance (spanish)
Guy Davis es un músico que interpreta siempre lo que quiere, lo que le apetece y lo que le viene en gana y además lo hace sin ataduras y sin concesiones, puesto que no se casa con nadie. Todo lo que interpreta lo hace con un gusto muy delicado, mucho carisma y una gran satisfacción. La música que aquí encontramos es blues acústico que sigue los cánones de la tradición, sin ningún tipo de fastos y siempre elegante y directo. Guy Davis canta y toca guitarra acústica, guitarra de doce cuerdas, banjo de seis cuerdas, armónica, tambourine, guitarra slide y percusiones diversas. Fabrizio Poggi añade su armónica, aportando buenos coloridos y exquisitas pinceladas a las composiciones de Davis. Asimismo intervienen como invitados en un par de temas la cantante Lea Gilmore, exquisita en su intervención y los Blind Boys Of Alabama, siempre inspirados, en una canción con delicadas influencias gospel. Ambos invitados aportan originalidad y belleza a un disco ya de por sí vistoso y apetecible. MUY BUENO.


Recensione tratta da blackgrooves.org (USA) di Brenda Nelson-Strauss (traduzione e adattamento)
Guy Davis, uomo dai molti talenti, si è mosso tra musica e recitazione per tutta la vita, cosa che non sorprende visto che è figlio di Ruby Dee e del compianto Ossie Davis. Il suo stile folk riverbera anche quella che è stata la sua prima esposizione alla musica delle radici avvenuta in un campo estivo gestito dalla famiglia Seeger, dove Guy ha imparato a suonare il banjo. Nel suo ultimo lavoro, Juba Dance, Davis mette insieme ancora una volta tutte le sue influenze, presentando alcune grandi storie in musica, il suo banjo suonato in stile finger picking, balli d’altri tempi e del buon vecchio country blues… Ospite di primo piano, Fabrizio Poggi , virtuoso dell’armonica italiano, che contribuisce alla maggior parte delle tracce e che è particolarmente efficace in ” My Eyes Keep Me in Trouble” di Muddy Waters, “Prodigal Son” di Josh White oltre ad aggiungere un delizioso strato di crema al caffè nero di ” Black Coffee “, un omaggio al maestro del Delta blues John Lee Hooker . In “Some Cold Rainy Day”, una canzone resa celebre da Georgia Tom (meglio conosciuto Thomas A. Dorsey ) e Bertha “Chippie ” Hill, Davis è affiancato dall’ “imperatrice del blues e del gospel ” Lea Gilmore e insieme ci fanno assaporare una riuscita riproposizione di questo classico. Uno dei punti forti del disco è la rilettura di “See That My Grave Is Kept Clean” di Blind Lemon Jefferson, con i cori dei Blind Boys of Alabama a supporto della voce solista di Davis e del suo banjo a 5 corde . Un altro è “Dance Juba Dance”, un brano originale composto in stile ballata popolare e che fa riferimento a una danza afro americana del 19 ° secolo, con tanto di banjo suonato in stile claw – hammer e cucchiai per dar vita ad un ritmo coinvolgente. I bambini saranno certo affascinati da “Did You See MY Baby “, in cui Davis si trasforma in un one-man band , e in cui suona chitarra a 6 corde, armonica (a cui risponde con la voce) e batte il suo piede, trasportandoci in un racconto di Paperino ambientato nella fattoria di Nonna Papera. L’ album si chiude con “Statesboro Blues” di Blind Willie McTell in cui Davis ammette di aver aggiunto alcuni accordi in stile “Motown ” per dare qualcosa di diverso alla canzone. Il tutto è fatto naturalmente con estrema delicatezza immettendo in un blues tradizionale un pizzico di soul. Tale approccio riassume tutta la filosofia dell’album: reinterpretare e rinvigorire i classici con l’aggiunta di qualche nuovo brano per un repertorio in grado di soddisfare i tradizionalisti ma anche, se si è fortunati, di coinvolgere le nuove generazioni .


Recensione # 2 tratta da Red Hot Blues – VAN DE BLUES (traduzione e adattamento)
Il bluesman Guy Davis cresciuto a New York, nel corso della sua carriera è sempre andato alla ricerca delle radici del blues, spesso scegliendo di riproporre canzoni di blues acustico dei grandi maestri del blues e della storia afroamericana; composizioni in cui lui ritrova sé stesso e le storie crude e tristi che si raccontavano in casa. Il nuovo album “Juba Dance” (Dixiefrog) è un disco in cui ci sono un sacco di splendidi blues e che ha un ospite speciale all’ armonica: Fabrizio Poggi musicista blues di grande talento che arriva dall’Italia.


Review # 2 from Red Hot Blues – VAN DE BLUES
El bluesman Gay Davis criat a Nova York, al llarg de tota la seva carrera ha buscat les arrels del blues, ha optat moltes vegades pel blues acústic tocant cançons de grans mestres del blues i també per histories afroamericanes isobre tot hi trobem composicions d’ell on explica crues i tristes histories que li explicaven a casa, avui us vull proposar el seu nou àlbum “Juba Dance”(Dixiefrog), es un disc on hi trobem blues de molta qualitat ien ell conta amb un convidat d’excepció a l’harmònica, el gran talent del music de blues itàlia us parlo de Fabrizio Poggi.


Recensione apparsa su Mescalina di Gianni Zuretti
Guy Davis, ovvero l’alfiere moderno del blues delle radici, appartiene alla ormai ex “novelle vague” del blues, riferendoci a quella generazione che ha ereditato il testimone post bellico da Muddy Waters e John Lee Hooker ma che a sua volta, con i coetanei Eric Bibb e Keb’ Mo’ John Hammond (per migliorare la compagnia ci piazzerei anche la Signora Rory Block), è già diventata storia del blues moderno avendo raggiunto, anagraficamente, la sessantina e oltre. Purtroppo dobbiamo tenerceli stretti perché non si riesce a vedere all’orizzonte qualche giovane talento che sia in grado di prenderne a sua volta il testimone. Juba Dance è il nuovo album di Davis, inciso per la DixieFrog e co-prodotto da Fabrizio Poggi, la collaborazione con il nostro bluesman più accreditato negli States assomma ormai ad almeno sei anni e si fa di volta in volta, sia live che in studio, sempre più proficua. Poggi suona l’armonica in almeno metà dei pezzi e lascia un segno importante ricamando delicatamente, mettendosi al servizio di Davis senza strafare. Il disco è di quelli che si facevano un tempo, le Gibson 6 e 12 corde, il banjo 5 e 6 corde, il foot stomp e la voce profonda e dinamica di Guy, le armoniche di Fabrizio e niente più, salvo un tamburino qua e là e l’intervento, sempre emozionante, dei Blind Boys of Alabama in See That My Grave Is Kept Clean (Blind Lemon Jefferson, cover da brivido), e la cantante gospel Lea Gilmore in Some Cold Rainy Day (Bertha Hill). Metà delle tredici canzoni sono originali scritte da Davis, alcune brillano di luce intensa come Love Looks Good On You, eseguita dallo stesso in solitudine, voce, chitarra e armonica, un brano destinato a restare, Dance Juba Dance, che possiede un tiro straordinario tutta giocata tra banjo, foot stomp, cucchiai di legno e battito di mani è le migliore del lotto, Black Coffee degna dei migliori brani del delta con un Poggi superlativo e quella Satisfied che ci mostra un Davis nella sua completezza di cantante, compositore e duttile perito delle corde. Tra le cover irresistibile My Eyes Keep Me In trouble di Muddy Waters, vocione di Davis, slide da manuale e ritmo sostenuto dell’armonica. Prodigal Son (Josh White) è un piccolo capolavoro che mostra il grado d’intesa tra i due musicisti che sciorinano a memoria il loro sapere musicale, sembra provenire direttamente da dischi prebellici. L’album registrato allo studio Suonovivo Recording di Bergamo è un grande disco e non poteva che, lentamente ma inesorabilmente, finire in cima alle classifiche USA dedicate al Blues, lo sarà certamente in quelle internazionali a fine anno e lotterà per qualche Grammy Award di genere; una grande soddisfazione per due artisti duri e puri che non si lasciano tentare dall’imboccare, a mo’ di scorciatoie verso l’effimero successo, strade alternative ma tengono la barra e il cuore sempre orientati verso le origini, riuscendo ancora ad emozionare e stupire nonostante molto, forse tutto, sia stato già detto nel corso del tempo e questo è un ulteriore grande merito.


Recensione apparsa su MIA PAVIA di Furio Sollazzi
Blues, Blues e ancora Blues
Vi avevo annunciato che mi erano “rimaste nel cassetto” alcune recensioni e che presto avrei rimediato; ed eccomi qui con la prima (che in realtà ne contiene quasi tre). Il musicista preso in esame è Fabrizio Poggi che, contrariamente a quanto potrebbe suggerire la sua aria calma e paciosa, è quello che, in dialetto pavese, si potrebbe definire bonariamente un “avia màta” (un ape impazzita). Fabrizio non è mai fermo; se non suona in qualche concerto, scrive articoli e libri, incide dischi e li produce anche. Se leggeste una delle sue newsletter vi verrebbe il capogiro nel cercare di seguire l’attività frenetica che lo caratterizza e le mille iniziative e collaborazioni in cui è coinvolto. Nel 2013, oltre ad aver pubblicato Spirit of Mercy (una raccolta dei brani blues e spiritual tratti dagli acclamati album Mercy e Spirit & Freedom, al momento fuori catalogo, che contiene versioni alternative di “Jesus on the mainline” e “The soul of a man”) se ne esce con Juba Dance, inciso per l’etichetta franco americana DixieFrog, album che suggella la collaborazione di vecchia data con il celebre bluesman statunitense Guy Davis, unico vero erede di Robert Johnson e John Lee Hooker; Fabrizio Poggi è coproduttore dell’album e protagonista con la sua armonica in diversi brani. Sembra incredibile che un nero americano ed un bianco italiano siano così in sintonia come dimostra questo album. Un disco acustico, di autentico blues, essenziale in cui la voce, supportata da chitarra, banjo e armonica diventa protagonista assoluta. Ospiti prestigiosi dell’album i leggendari Blind Boys of Alabama (con cui Fabrizio ha collaborato ed ha avuto l’onore di suonare in concerto) e la cantante afroamericana Lea Gilmore. Per chi ama il roots-blues delle origini Juba Dance e Harpway 61 sono due dischi imperdibili. Fabrizio sta sicuramente progettando qualcosa d’altro.. ma, per il momento, preferisco ignorarlo: c’è già tanta carne al fuoco!


Recensione tratta da PAPERBLOG.DE (traduzione e adattamento)
Guy Davis è con Keb’ Mo’ e Eric Bibb al top della scena contemporanea per ciò che riguarda il blues acustico. Per la registrazione del suo nuovo album ” Juba Dance”, ha collaborato, tra gli altri, con Fabrizio Poggi (all’armonica) e i Blind Boys of Alabama. I dischi di Guy Gavis racchiudono sempre qualcosa di affascinante, come se fossero lezioni vere e proprie in cui il cantante chitarrista propone classici del blues accanto a nuove canzoni che affondano le radici nella tradizione. In “Juba Dance” interpreta brani di di Blind Lemon Jefferson, Rev. Robert Wilkins e Blind Willie McTell . Pochi riuscirebbero a reinterpretare questa musica in modo così vivace e coinvolgente riportando il blues esattamente nel luogo in cui è originariamente nato. A volte lo fa con il miglior Mississippi Blues, in altre come in “Lost Again”, il brano d’apertura, ispirandosi alle Jug Bands di Memphis. Anche gli amanti del ragtime in stile Piedmont avranno pane per i loro denti. Ma non si pensi minimamente che si tratti di una scontata rivisitazione. Davis e i suoi colleghi , anche se tradizionalisti e conservatori nel senso migliore del termine, non dimenticano mai che il blues può essere “autentico” solo quando si riesce a far diventare la propria musica qualcosa di unico e originale, come la vita. Questo disco ricorda le migliori cose di Terry & McGhee grazie alla collaborazione assolutamente convincente di Davis con l’armonicista italiano Fabrizio Poggi. Tra i brani più rilevanti oltre alla già citata ” Lost Again “, la titletrack “Dance Juba Dance”, ipnotica e tempestosa con banjo e percussioni in evidenza, dove reminiscenze di ” John Henry ” mutano in una danza tribale; e “Some Cold rainy day” che ci porta al seguito di una marcia funebre per le strade di New Orleans, in cui Davis canta in duetto con Lea Gilmore. E poi, naturalmente, la bellissima versione di “See That My Grave Is Kept Clean” di Blind Lemon Jefferson che grazie ai Blind Boys of Alabama possiede una profondità spirituale che troppo spesso manca invece in tante canzoni rock. Un lavoro coinvolgente e notevole, e per me disco di blues acustico dell’anno 2013!


Review appeared on PAPERBLOG.DE
Guy Davis gehört mit Keb‘ Mo‘ und Eric Bibb zur Spitze der akustischen Bluesszene der Gegenwart. Bei den Aufnahmen zu seinem neuen Album „Juba Dance“ arbeitete er unter anderem mit Fabrizio Poggi (mharm) und den Blind Boys of Alabama zusammen. Platten von Guy Davis haben immer etwas von einer äußerst unterhaltsamen Unterrichtsstunde an sich: Der Sänger und Gitarrist bringt Klassiker des Blues neu zum Klingen und stellt sie neben neue Songs, die im gleichen traditionellen Stil verwurzelt sind. So interpetiert er auf „Juba Dance“ Stücke von Blind Lemon Jefferson, Rev. Robert Wilkins und Blind Willie McTell. Was anderswo leicht zur unsinspirierten Covernummer geraten würde, wird bei ihm zu einer äußerst lebendigen und tanzbaren Musik: Hier ist der Blues genau dort, wo er ursprünglich entstanden ist angekommen. Manchmal ist das feinster Mississippi-Blues, manchmal fühlt man sich wie gleich beim Opener „Lost Again“ an die Jugbands von Memphis erinnert. Und auch die Freunde des ragtimlastgen Piedmont-Blues kommen hier auf ihre Kosten. Aber niemals glaubt man, einer billigen Kopie lzu lauschen. Denn Davis und seine Mitstreiter sind zwar Traditionalisten oder Konservative im besten Sinne des Wortes. Doch niemals vergessen sie, dass ein Blues nur dann „echt“ ist, wenn man ihn selbst musikalisch durchlebt und sich zu Eigen macht. Manch Kritiker fühlt sich von der absolut überzeugenden Zusammenarbeit von Davis mit dem italienischen Harpspieler Fabrizio Poggi gar an eine Neuauflage von Terry & McGhee erinnert. Höhepunkte sind neben dem schon erwähnten „Lost Again“ der Titelsong „Dance Juba Dance“, eine hypnotisch dahinstürmende Nummer mit Banjo und Percussion, wo Motive aus „John Henry“ zum Stammestanz mutieren und der auf die Straßen von New Orleans passende Trauermarsch „Some Cold Rainy Day“, den Davis im Duett mit Lea Gilmore singt. Und natürlich die wundervolle Version von „See That My Grave Is Kept Clean“ von Blind Lemon Jefferson, was dank der Blind Boys of Alabama endlich mal wieder die spirituelle Tiefe erhält, die so vielen Rockversionen des Songs einfach fehlt. Eine unterhaltsame Unterrichtsstunde – und ein bemerkenswertes akustisches Bluesalbum des Jahres 2013!


Recensione apparsa su “Living Blues” e scritta da Frank Matheis (traduzione e adattamento)
Fresco del progetto True Blues con i connazionali Alvin ” Youngblood ” Hart , Corey Harris , Phil Wiggins , Taj Mahal , e Shemekia Copeland , Guy Davis continua il suo percorso con Juba Dance, il suo primo album da Sweetheart Like You che risale al 2009. Juba Dance segna il distacco dalla sua vecchia label, la Red House Records , con la quale ha realizzato nove album dal 1995, e l’approdo alla MC Records, etichetta blues di New York. Davis è diventato uno dei più importanti protagonisti del blues acustico, e qui mette in mostra la sua abilità al banjo, alla chitarra a sei e a dodici corde, e alla slide. La danza chiamata Juba, spesso anche denominata ” Pattin ‘ Juba ” è un ballo afro americano di origine africana che risale a prima della schiavitù. I ballerini muovono i piedi ritmicamente mentre con le mani percuotono il proprio corpo creando così complessi ritmi percussivi. Questa danza era popolare nelle piantagioni, soprattutto quando l’uso dei tamburi era proibito, ed è l’antenato del tip tap. È interessante notare che in Dance Juba Dance Guy Davis canta di un danzatore nero di nome Juba, forse riferendosi a William Henry Lane, il famoso “Master Juba ” dei minstrel show. Per questo album, Guy Davis è andato in Italia per registrare nella splendida città di Bergamo sulle montagne a nord di Milano, facendo coppia e collaborando con l’armonicista italiano Fabrizio Poggi, il cui delicato accompagnamento aggiunge al lavoro un tocco di dolcezza, anche se talvolta sin troppo discreto. Il bluesman italiano suona con perizia, in alcuni momenti in maniera davvero splendida, evocando l’antico stile dei suonatori di country-blues e dimostrando ancora una volta che il blues non ha confini nazionali. Il brano che più colpisce in questo album è See That My Grave Is Kept Clean, in cui tra spiritual e gospel il duo si unisce ai Blind Boys of Alabama. E come sempre succede quando i “ragazzi” prestano le proprie impeccabili armonie vocali a una canzone a quest’ultima si aggiungono elementi fortemente emozionanti e che toccano il cuore. Una canzone che ti fa venir voglia di ascoltarla più e più volte. Guy Davis ci fa conoscere anche cantante Lea Gilmore che canta con lui Some Cold Rainy Day e che porta nell’album piacevoli sfumature speziate. In tutti questi anni, Guy Davis ha esplorato gli archivi del blues e il grande songbook afroamericano prebellico alla ricerca di materiale da interpretare e preservare. In Juba Dance, Guy Davis propone anche alcune ottime canzoni originali, come Lost Again, Black Coffee, e Did You See My Baby e due eccellenti brani che sono ormai diventati suoi veri e propri cavalli di battaglia, That’s No Way To Get Along di Rev. Robert Wilkins e Statesboro Blues di Blind Willie McTell. Un altro trionfo anche nel 21° secolo per il buon vecchio blues acustico.


Review appeared on Living Blues by Frank Matheis
Fresh off the True Blues project with compatriots Alvin “Youngblood” Hart, Corey Harris, Phil Wiggins, Taj Mahal, and Shemekia Copeland, Guy Davis carries on with Juba Dance, his first album since Sweetheart Like You back in 2009. Juba dance marks a departure from his longtime label Red House Records, with whom he had issued nine albums since 1995, and a switch to the New York blues label M.C. Records. Davis has developed into one of the most significant practitioners of the acoustic blues, and here he showcases his prowess on banjo, six- and twelve-string guitar, and slide. The Juba dance, often called “Pattin’ Juba,” is an African American folk dance that traces its path back to pre-slavery African origins. The dancers stomp their feet rhythmically while slapping their own body to create complex percussive rhythms. This dance was popular on plantations, especially when drumming was forbidden, and it was a precedent to tap dancing. Interestingly, on Dance Juba Dance Guy Davis sings about a particular black dancer named Juba, possibly the famous “Master Juba” of the minstrel shows, William Henry Lane. For this album, Guy Davis went over to Italy to record in the beautiful city of Bergamo in the mountains north of Milan. He duo-partnered with Italian harmonica player Fabrizio Poggi, whose subtle accompanying adds a touch of sweetness, albeit with occasional tentativeness. The Italian bluesman plays competently, in moments beautifully, evoking old-style country-blues players and demonstrating again that the blues has no national boundaries. The special treat on this album is the gospel/spiritual See That My Grave Is Kept Clean, on which the duo is joined by the Blind Boys of Alabama. Whenever those guys bring on their impeccable harmonies they add powerfully moving and heartfelt elements, and that one song surely creates a longing for more. Guy Davis also brings out singer Lea Gilmore on Some Cold and Rainy Day, and she brings more than a bit of spice to the album. Throughout the years, Guy Davis has searched the blues archives for material to preserve and interpret from the great songbook of the African American prewar blues. On Juba Dance, Guy Davis brings on a few great originals, like Lost Again, Black Coffee, and Did You See My Baby and two standout songs that have become his recent trademarks, Rev. Robert Wilkins’ That’s No Way to Get Along and Blind Willie McTell’s Statesboro Blues. Another triumph for the old-time acoustic blues in the 21St century.


Recensione tratta da Markin Book Review di Frank Jackman
(estratto – traduzione e adattamento)
Molti anni fa ho posto una domanda ad alcuni amici appassionati del genere, su chi avrebbe portato avanti la tradizione blues, il blues nero per intenderci . Quello che si suonava un tempo giù nel Delta, quando si raccoglieva cotone dall’alba al tramonto, vivendo giorno e notte secondo le leggi di Jim Crow, e si passava il sabato sera in qualche juke joint senza elettricità a bere pessimi liquori e posando lo sguardo sul seno prosperoso di alcune donne, pronti a usare il coltello anche più volte, sino ad arrivare alla domenica mattina se l’umore era quello giusto … La risposta, o le risposte, a questa domanda si concretizzò in un elenco piuttosto breve di artisti, soprattutto neri, che invece di aderire alla “nazione hip-hop” voleva mantenere un legame con le proprie radici, con blues del delta e quello urbano di Chicago, andando magari ancora più indietro sino alle radici della Madre Africa. Proprio in cima di quel breve elenco c’era il nome Guy Davis, che nel corso degli anni attraverso le sue performance live, l’insegnamento, e, come in questo caso, con questo ultimo CD, Juba Dance, ha sempre fatto l’impossibile per mantenere vive quelle tradizioni … …Guy Davis , figlio di Ossie Davis e Ruby Dee due famosi attori e attivisti dei diritti civili, un ragazzo fondamentalmente di città, magari non riesce esattamente ad evocare ciò che si suonava nei tempi andati, ma ci va dannatamente vicino. E tutto questo ci porta quindi a questo nuovo album di Guy che contiene qualche nuovo brano scritto da lui come la titletrack Juba Dance (che ci riporta agli anni della schiavitù e alla Madre Africa) e roba d’altri tempi come Statesboro Blues di Blind Willie McTell dove la sua voce roca evoca i musicisti country blues di epoche lontane. Guy fa tutto questo con un grande senso della storia, una storia spesso difficile, usando un proprio stile (o meglio, forse dovrei dire i suoi stili, visto che su alcune cose suona come se fosse il figlio di Mississippi John Hurt e in altre come se fosse il figlio di Mississippi Fred McDowell ). Aggiungo inoltre che l’ho visto di recente suonare molti dei brani presenti in questo CD e vi posso assicurare che in concerto è un autentico mattatore che sa come intrattenere il suo pubblico. E poi suona l’armonica da impazzire spesso richiamando Sonny Terry… Deve essere qualcosa che c’è nel suo DNA . Ossie e Ruby sarebbero stati orgogliosi di lui.


Review from Markin Book Review by Frank Jackman (excerpt)
Many years ago I posed a question to some friends, some aficionados of the genre, about who would carry on the blues tradition, the black-etched blues. You know, the old time country down in the Delta, picking Mister’s cotton dawn to dusk, living day and night by Mister James Crow’s rules, and living for Saturday night in some no electricity juke joint drinking low-shelf hooch, eying some full-breasted women, and ready to cut any man six ways to Sunday, maybe more, if the mood struck… The answer, or answers, to that question came up in a pretty short list of those, mainly black, who rather than grab onto the hip-hop nation coattails wanted to keep the roots, the Delta and Chicago city blues roots, and maybe going back further to Mother Africa roots alive. Right at the top of that short list stood one Guy Davis who over the years has through his performances, teaching, and, as here with this latest CD, Juba Dance, done his damnedest to keep the traditions alive… …Guy Davis, son of the late famed actors and civil right activists Ossie Davis and Ruby Dee, a city boy mainly, does not exactly evoke that downtrodden edge either, but he comes damn close. And that bring us to this compilation of Guy works with some new work like the title cut Juba Dance (Juba going back to slavery times and back further to Mother Africa time) and old-time stuff like Blind Willie McTell’s Statesboro Blues where his gravelly voice evokes those old-time country blues players. He does his work with a strong sense of history, his hard scrabble history, and in his own style (or better, styles since on some stuff he sounds like the son of John Hurt and others like the son of Mississippi Fred McDowell). I might add that I have recently seen his perform many of the cuts on this CD in concert and he proved quite the showman, quite the entertainer. And played a harmonica to die for, practically devouring the night and evoking Sonny Terry when he held forth on that instrument. It must be in the DNA. Ossie and Ruby would have been proud.
http://markinbookreview.blogspot.it/


Recensione tratta da from www.paisajeselectricos.com (Spagna)
(traduzione e adattamento)
Questo grande cantante, compositore, chitarrista (ma suona brillantemente anche il banjo) nonché attore ha iniziato a suonare il blues acustico quasi controcorrente negli anni ’90 e oggi è già un veterano del genere. Ha anche collaborato con nomi interessanti e vicini al blues più puro emersi nel medesimo periodo come Corey Harris (che in seguito ha esplorato diversi campi tra cui il reggae), Keb ‘Mo’ e Alvin Youngblood Hart. Tutti sono considerati eredi musicali di Taj Mahal , ma Guy Davis segue anche la strada tracciata da Blind Willie McTell , Blind Lemon Jefferson e Muddy Waters (secondo le sue stesse parole). Potremmo anche citare Son House, John Lee Hooker, Mississippi Fred McDowell, Charley Patton, Woody Guthrie, Howlin’ Wolf, Sleepy John Estes, Big Bill Broonzy e Fats Waller. E continua su questo percorso anche oggi che ha superato la boa dei 60 anni! In qualche brano dell’album (tra i migliori secondo me), suona da solo mentre in altri si fa accompagnare da una delle migliori armoniche in Europa con tutto il rispetto per JJ Milteau e per il nostro Antonio Serrano. Si tratta dell’italiano Fabrizio Poggi, presente in 7 dei 13 brani di questo lavoro e che suona ispirandosi ad un altro dei loro bluesmen preferiti, l’armonicista Sonny Terry. L’album come sempre quando si tratta della DixieFrog / Karonte , si presenta con un eccellente confezione in digipack triplo e un libretto colmo di belle immagini, e completo di crediti e di tutti i testi delle canzoni. Il disco si apre in maniera scoppiettante con la divertente “Lost Again” dal sapore antico, subito seguita da un brano di uno dei loro favoriti, Muddy Waters , di cui rifanno ” My Eyes Keep Me in trouble”. In entrambi i brani Poggi soffia con grande impeto. Subito dopo, suonata in solitario, scarna e tra folk e blues arriva “Love Looks Good On You”. In “Some Cold rainy Day ” di Bertha ” Chippie ” Hill c’è la voce di Lea Gilmore . Per un omaggio a uno dei loro artisti preferiti, Blind Lemon Jefferson, Guy è accompagnato dai Blind Boys of Alabama e da Poggi. Tra tutti questo è il brano che con il suo disadorno gospel vi farà toccare il cielo. “Dance Juba Dance ” è un brano da paura suonato con il banjo a 5 corde e lo stesso potrei dire di “That’s No Way To Get Along” di Reverend Robert Wilkins eseguito con la chitarra a 12 corde. C’ è appena il tempo per un pezzo quasi dimenticato di Ishman Bracey, anche questo suonato da solo; per poi unirsi nuovamente a Poggi per attaccare ” Prodigal Son” di Josh White. Davis conclude da solo con un altro classico che sembra fatto apposta per essere messo lì e cioè ” Statesboro Blues ” di Blind Willie McTell, un brano che cantato dalla sua voce si rivela prezioso e autentico. Un disco di blues puro fenomenale e senza tempo!


Review from www.paisajeselectricos.com (Spain)
Este gran cantante, compositor, guitarrista (también se maneja genialmente con el banjo) y actor comenzó contracorriente con el blues acústico en la década de los 90 y siendo ya un veterano. Por eso se le asoció con nombres interesantes que surgieron en dicha época cercanos al más puro blues como Corey Harris (luego si probó reggae y otras hierbas diferentes), Keb’ Mo’ o Alvin Youngblood Heart. Se les consideró herederos del legado de Taj Mahal, pero a Guy Davis, por ejemplo, también le encandilaban Blind Willie McTell, Blind Lemon Jefferson o Muddy Waters (según propias palabras). También se pueden citar a Son House, John Lee Hooker, Mississippi Fred McDowell, Charley Patton, Woody Guthrie, Howlin’ Wolf, Sleepy John Estes, Big Bill Broonzy o Fats Waller. ¡Y en ello sigue al cumplir los 60! Aparece en este disco en muchos temas a pelo (algunos de ellos los mejores para mí) pero en otros le acompaña uno de los mejores armónicas de Europa con el permiso de J.J. Milteau y de nuestro Antonio Serrano. Se trata de el italiano Fabrizio Poggi, presente en 7 de los 13 temas del trabajo y haciendo las veces de otro de sus bluesmen predilectos, el armonicista Sonny Terry. Viene, como siempre en DixieFrog/Karonte, excelentemente presentado en un triple digipack y con un excelente libreto repleto de buenas fotografías y con todas las letras y créditos. Abre con chispa, arcaico pero divertido en “Lost again” y sigue con uno de sus favoritos, Muddy Waters, en “My eyes keep me in trouble”. En ambas, con Poggi soplando como un poseso. A pelo y con folk-blues crea su “Love looks good on you”. En “Some cold rainy day” de Bertha “Chippie” Hill le acompaña la voz de Lea Gilmore. Para otro de sus favoritos, Blind Lemon Jefferson, se acompaña de The Blind Boys Of Alabama y también de Poggi. Entre todos te llevan al cielo en forma de brutal góspel. Se lo monta de miedo cn el banjo de 5 cuerdas en “Dance Juba dance” y con la guitarra de 12 cuerdas en “That’s no way to get along” del Reverend Robert Wilkins. Nos recupera a otro olvidado como Ishman Bracey también en solitario y vuelve Poggi para atacar con el clásico “Prodigal son” de Josh White. Finaliza con otro clásico como es el “Statesboro Blues” de Blind Willie McTell, en solitario, que le viene también como anillo al dedo y que suena precioso e igual de puro en su voz. ¡Fenomenal disco de blues puro y atemporal!


Recensione tratta da Folk Roots / Folk Branches by Mike Regenstreif
GUY DAVIS feat. Fabrizio Poggi Juba Dance M.C. Records
Negli ultimi due decenni , Guy Davis è stato uno degli interpreti di prima grandezza del blues acustico tradizionale e uno di quei compositori che pur lavorando su materiale tradizionale ha mantenuto il genere attivo e rilevante anche in tempi moderni . Nelle mani di Guy e di alcuni suoi colleghi, le forme del blues tradizionale sono davvero senza tempo e sono importanti nel 2013 come lo erano 30, 50 o 80 anni fa. Tutte le incisioni che Guy ha realizzato dopo l’ edizione limitata di Guy Davis Live nel 1993 (rieditato come Stomp Down Rider nel 1995) sono state un omaggio ai suoi antenati musicali e un contributo decisivo alla musica contemporanea. Juba Dance, che si avvale in circa la metà dei brani dell’eccellente contributo dell’armonicista blues italiano Fabrizio Poggi , è tra i migliori dischi di Guy in quanto spazia attraverso vari stili, da quello delle jug band al delta blues, al gospel e all’old time. Io amo particolarmente la musica delle jug band e Guy inizia l’album proprio con “Lost Again”, una divertente melodia che suona come se ad eseguirla fosse la Memphis Jug Band di 80 fa. Lo stile delle jug band miscelato con il blues anima la reinterpretazione da parte di Guy di “Some Cold Rainy Day” un classico di Bertha ” Chippie ” Hill, in cui Guy duetta deliziosamente con Lea Gilmore. Guy ancora una volta rende un omaggio diretto ad alcuni dei suoi antenati musicali reinterpretando e rivitalizzando canzoni scritte da loro o brani a loro ispirati. La sua versione acustica di “My Eyes Keep Me In Trouble “, non sembra aver perso nulla della forza contenuta nell’originale elettrico di Muddy Waters. “See That My Grave Is Kept Clean” di Blind Lemon Jefferson sembra fatta apposta per il banjo di Guy che qui ottiene un feeling di toccante gospel grazie alle formidabili armonie dei Blind Boys of Alabama; Blind Willie McTell viene invece ricordato da Guy con un’intensa versione di “Statesboro Blues”. Un altro tributo di cui Guy è assoluto protagonista è “Did You See My Baby? “, in cui rende omaggio allo stile di Sonny Terry (qui è Guy e non Fabrizio a suonare l’armonica). Guy in questo brano ha anche aggiunto una parte di chitarra in omaggio a Brownie McGhee, partner di lunga data di Sonny. Un paio di altre canzoni guidate dal banjo sono tra le più belle del disco. “Dance Juba Dance” è una canzone vivace che richiama la tradizione delle string band afroamericane, “Satisfied ” è invece una potente prison song con Guy al banjo suonato slide in perfetto stile blues. Roba forte.


Review from Folk Roots / Folk Branches by Mike Regenstreif
GUY DAVIS feat. Fabrizio Poggi Juba Dance M.C. Records
Over the past two decades, Guy Davis has been one of the premiere interpreters of traditional acoustic blues and one of the songwriters whose in-the-tradition work has kept the genre vital and alive in modern times. In the hands of Guy and a few of his peers, the traditional blues forms remain timeless – as relevant in 2013 as they were 30, 50 or 80 years ago. All of the recordings Guy has released since the limited edition Guy Davis Live in 1993 (repackaged as Stomp Down Rider in 1995) have been both a homage to Guy’s musical forebears and a crucial contribution to contemporary music. Juba Dance, about half of which features excellent contributions from Italian blues harmonica player Fabrizio Poggi, is one of Guy’s best as it ranges through various styles from jug band to delta blues to gospel and old-time. I love jug band music and Guy kicks off the album with “Lost Again,” a happy sounding tune that sounds like it could have been played by the Memphis Jug Band 80 or so years ago. A jug band-meets-classic blues feel animates Guy’s version of Bertha “Chippie” Hills “Some Cold Rainy Day,” a delightful duet with Lea Gilmore. Guy pays direct tribute to some of his musical ancestors by reinterpreting and revitalizing songs written or associated with them. His acoustic version of “My Eyes Keep Me in Trouble,” seems to have lost none of the force of Muddy Waters’ electric original. Blind Lemon Jefferson’s “See That My Grave is Kept Clean” seems organically suited to Guy’s banjo accompaniment and gets a deep gospel feel from the formidable harmonies of the Blind Boys of Alabama, and Blind Willie McTell is recalled in Guy’s intense version of “Statesboro Blues. Another tribute is Guy’s “Did You See My Baby,” in which he pays homage to the whoop-and-holler style of Sonny Terry (that’s Guy, not Fabrizio playing harmonica on this track). Guy also added a guitar part in homage to Brownie McGhee, Sonny’s long-time partner. A couple of other banjo-driven songs are among the album’s highlights. “Dance Juba Dance,” is a “butt shaking” song that recalls the African American string band tradition, and “Satisfied,” with Guy playing some very bluesy slide banjo is a powerful prison song. Great stuff.


Recensione tratta dal sito da www.ingeplugd.nl (The Netherlands)
Guy Davis (featuring Fabrizio Poggi) – Juba Dance, ****(*)
(traduzione e adattamento)
Guy Davis (1952 ) è a tutt’oggi uno dei più importanti artisti blues contemporanei. Con una vasta discografia alle spalle come “recording artist” – definizione che suona sempre accattivante in lingua inglese ¬¬– Davis non ha certo più nulla da dimostrare. Attraverso gli anni si è sempre guadagnato grande apprezzamento per la sua straordinaria traduzione in un linguaggio contemporaneo di un’antica forma musicale quale è il blues. Chitarrista, suonatore di banjo, cantautore e attore; nel corso degli anni è stato candidato a nove Handy Awards (ora Blues Music Awards) e si è sempre dedicato a far rivivere la tradizione del blues acustico. Al suo attivo una dozzina di eccellenti lavori tra cui il sublime album Live On Air ( 2007) e l’assoluto ‘must ‘ The Adventures of Fishy Waters ( 2012). Questo eccellente elenco comprende anche il suo nuovo album Juba Dance, perché, ancora una volta, quest’ uomo è riuscito a realizzare qualcosa di speciale. Per chi lo conosce, non c’è nulla di nuovo sotto il sole se non il suo approccio sincero e onesto alla causa del blues; un lavoro in cui come sempre le sue composizioni si alternano a bellissime cover. In quest’ album è assistito dal magistrale armonicista e co-produttore Fabrizio Poggi, noto per aver collaborato tra gli altri con Otis Taylor e Eric Bibb. Insieme in Did You See My Baby lasciano che i loro strumenti entrino in dialogo tra loro, con la calda voce di Guy che trasporta la musica a un livello emozionale superiore. In See That My Grave Is Kept Clean ( Blind Lemon Jefferson ) Davis canta con i Blind Boys of Alabama e le sfumature gospel conferiscono al brano una bellezza senza precedenti. Ma non è l’unico momento magico di questo disco. Anche My Eyes Keep Me In Trouble di Muddy Waters e Statesboro Blues di Blind Willie McTell vantano ottime interpretazioni. Il suo virtuosismo al banjo può essere ascoltato nell’ondeggiante Dance Juba Dance al quale un impressionante arpeggio in stile clawhammer dona al brano un passo spedito e fantasioso! Il duetto con Lea Gilmore nella lenta Some Cold Rainy Day ci offre un mix di blues e gospel che è piacere puro! Juba Dance è un album notevole con un suono acustico ricco e molto bello. I veri amanti del blues acustico moderno torneranno spesso e volentieri a riascoltare questo disco. Un piccolo capolavoro pieno di calore e assolutamente benvenuto in questi giorni freddi!


Review from www.ingeplugd.nl (The Netherlands)
Guy Davis (featuring Fabrizio Poggi) – Juba Dance, ****(*)
Guy Davis (1952) behoort nog steeds tot de prominente hedendaagse bluesartiesten. Met zijn ruime staat van dienst als ‘recording artist’ – zoals dat zo lekker bekt in het Engels- hoeft hij niets meer te bewijzen. Keer op keer oogst hij grote waardering voor zijn buitengewoon adequate vertalingen van stokoude bluesvormen naar de hedendaagse blues. Hij is gitarist en banjospeler, songwriter en acteur. Door de jaren heen is hij genomineerd voor negen Handy Awards (Blues Music Awards) en heeft hij zich ingezet voor de heropleving van de traditie van de akoestische blues. Een flink dozijn uitstekende releases heeft hij al op zijn naam staan inclusief het sublieme live-album Guy Davis on Air (2007) en het absolute ‘must-have’ album The Adventures of Fishy Waters (2012). In dit rijtje hoort ook zijn nieuwe album Juba Dance thuis. Want weer is de man er in geslaagd om een puik album af te leveren. Voor degenen die hem kennen is er niets nieuws onder zon wat betreft zijn doodeerlijke benadering van de originele bluessong. Eigen nummers worden daarbij afgewisseld met sublieme covers. Op dit album wordt hij bijgestaan door de meesterlijke mondharmonicaspeler en co-producer Fabrizio Poggi, bekend van onder anderen Otis Taylor en Eric Bibb. Samen laten zij op Did you see my Baby hun instrumenten in dialoog gaan met Guy’s warme stem waardoor de muziek er een spannende laag bij krijgt. Op See That My Grave Is Kept Clean (Blind Lemon Jefferson) zingt hij samen met The Blind Boys of Alabama op gospelachtige wijze een lied van een ongekende schoonheid. Het is niet het enige kippenvelmoment op dit album. Ook Muddy Waters’ My Eyes Keep Me in Trouble en Blind Willie McTells Statesboro Blues worden knap vertolkt. Zijn virtuoze banjospel is te horen op het swingende titelnummer Dance Juba Dance met zijn indrukwekkend, snel en inventief claw-hammer banjospel! Samen met Lea Gilmore in het trage Some Cold Rainy Day brengt hij een mengeling van blues en gospel. Dit is puur genieten! Juba Dance is een opmerkelijk album met een zeer rijk en mooi akoestisch geluid. De ware liefhebber van moderne akoestische blues zal keer op keer opnieuw naar dit album teruggrijpen. Een bescheiden meesterwerkje! Daarom is dit album voor mij ook het bluesalbum van deze maand. Een warm welkom in deze koude dagen!


Recensione tratta da www.bluesbreeker.nl (The Netherlands)
(traduzione e adattamento) Guy Davis ha viaggiato in tutto il mondo per diffondere attraverso la “sua ” musica il suo messaggio. Dopo numerosi concerti dal vivo e una dozzina di CD si può sicuramente dire che Guy Davis non è cambiato. Puro blues come solo l’oro potrebbe essere. Potete provare ad immaginarlo un centinaio di anni fa seduto con la chitarra su una sedia traballante sotto un grande albero, in compagnia di un tamburo fatto in casa e un pugno di vecchie armoniche singhiozzanti e pensare che il suo tempo migliore sia ormai passato. I tempi sono cambiati e in suo favore, solo la musica è rimasta la stessa. La qualità è sempre di alto livello e per una serie di fortunati accadimenti oggi Guy Davis può raggiungere con la sua musica molte più persone rispetto a cent’anni fa. E non c’è molto altro di cui lui abbia bisogno. Forse di un collega musicista che potrebbe essere un tassello importante, perché Fabrizio Poggi (all’armonica), forse non sarà molto noto, ma si inserisce perfettamente nell’atmosfera di questo CD. Questa collaborazione si è concretizzata nella realizzazione di un disco interamente acustico dal titolo ” Juba Dance” registrato in Italia per la Smokeydoke Records, e distribuito da Harmonia Mundi. Lea Gilmore presta le sue parti vocali nella lenta “Some Cold Rainy Day ” e i Blind Boys of Alabama elevano a livelli superiori ” See That My Grave Is Kept Clean “, un originale di Blind Lemon Jefferson, che sembra tornare sotto quel grande albero di cent’anni fa. Un blues semplice e senza fronzoli e sfumature che sanno di gospel fanno di questo brano un autentico gioiello… A queste due interpretazioni non si può chiedere nulla di più. 13 canzoni di cui 6 provenienti dalla sua penna e i restanti sette dalla storia del blues americano, una storia che Guy Davis sente nel profondo, storia che è da sempre la sua ispirazione. Lui crede davvero in quello che suona, lui è cieco come Blind Lemon Jefferson e Blind Willie McTell , lui è Josh White quando si schierava per i diritti civili, e lui è Muddy Waters. “Did you see my baby” è il suo tributo a Sonny Terry, accompagnata solo dalla chitarra e dal battito del piede. Questi due ingredienti sono alla base dell’intero CD insieme al lavoro all’armonica di Fabrizio Poggi. Anche “Black Coffee ” è un’ode questa volta destinata a John Lee Hooker. La title track “Dance Juba Dance” è un altro brano con il banjo in primo piano. Guy Davis non ha più nulla da dimostrare con nove nomination per gli ” Handy Awards” in tasca, anche se ” Juba Dance” sarà sicuramente in vetta alle classifiche nella categoria Roots / Blues tra i dischi migliori dell’anno. Questo è sicuro, e se volte potete scommetterci anche dei soldi . Notevole e molto curata anche la confezione, con un bel libretto in cui sono riportati i testi…Oltre alle orecchie ogni tanto bisogna coccolare anche gli occhi. Per gli amanti del vecchio blues, questo è un disco da avere assolutamente, perché per i veri appassionati di blues, che magari non saranno molti, in giro non c’è nulla di più sincero e delizioso.


Review from www.bluesbreeker.nl (The Netherlands)
Guy Davis reisde de wereld rond om zijn boodschap uit te dragen via “zijn” muziek. Talloze live concerten en inmiddels een dozijn CD’s verder kunnen we stellen dat Guy Davis nog niets veranderd is. Goudeerlijke blues zoals die honderd jaar geleden ook gespeeld zou kunnen zijn. Je ziet hem al zitten met zijn gitaar op een krakkemikkige stoel onder een grote boom, geflankeerd door een zelfgemaakt armzalig drumstelletje en een jankende mondharmonica die zijn beste tijd lang geleden had. De tijden zijn veranderd, Guy Davis maakt dan nog wel diezelfde muziek, de omstandigheden zijn nu in zijn voordeel. De kwaliteit is van hoog niveau en hij is in de gelukkige bijkomstigheid dat hij heel veel mensen kan bereiken met zijn muziek. En daar heeft hij nog niets eens zo heel veel voor nodig. Een mede muzikant al is dat niet de minste, want Fabrizio Poggi (harmonica) mag dan niet erg bekend zijn, hij past perfect in de sfeer van deze CD. Deze samenwerking resulteerde in een volledig akoestische CD met de titel “Juba Dance”opgenomen in Italië bij Smokeydoke Records, Harmonia Mundi zorgt voor de verspreiding. Lea Gilmore neemt de vocals voor haar rekening op het langzame “Some Cold Rainy Day” en The Blind Boys of Alabama tillen ”See That My Grave is Kept Clean” , origineel van Blind Lemon Jefferson, naar de hogere sferen of juist terug naar dat plekje onder die grote boom. Eerlijke gospelachtige blues ontdaan van alle opsmuk maken dit nummer tot een pareltje. Bij deze 2 gastoptredens blijft het dan ook. 13 Nummers waarvan er 6 uit zijn eigen pen kwamen, de resterende 7 komen uit de geschiedenis van de Amerikaanse Blues, deze geschiedenis is de inspiratiebron van Guy Davis en dat hoor je gewoon. Hij gelooft wat hij speelt , hij is net zo blind als Blind Lemon Jefferson of Blind Willie McTell, hij is de activist Josh White, hij is Muddy Waters.“Did You See My Baby” is zijn ode aan Sonny Terry, alleen met een gitaar en wat foot-stomp. Deze ingrediënten zijn trouwens de basis voor de hele CD met het harmonicawerk van Fabrizio Poggi. Een andere ode is “Black Coffee”gericht aan “John Lee Hooker”. De titelsong Dance Juba Dance is weer een vlot eigen nummer met ditmaal de banjo in de hoofdrol. Guy Davis hoeft niets meer te bewijzen met 9 nominaties op zak voor de “Handy Award”, al gaat hij met dit “Juba Dance” hoge ogen gooien in de categorie Roots/Blues als op het einde van het jaar de lijstjes weer verschijnen. Dat is zeker, je kunt je geld erop zetten. Ook opvallend is de verzorgde uitvoering van het hoesje, met een fraai boekje wordt u ook nog eens voorzien van de songteksten. Zo krijgt het oog ook wat, de oren worden al genoeg verwend. Voor de liefhebbers van de oude blues is dit een “must have”, zelfs menig niet liefhebber zal deze CD toch weten te waarderen, want blues zo eerlijk is heerlijk.


Recensione tratta da www.bluesnews.de (Germania) (Traduzione e adattamento)
Guy Davis è un rappresentante del “nuovo” blues acustico, che suona per lo per lo più la chitarra, ma che si produce molto bene anche all’armonica. Dopo una serie di CD per la Red House Records, un cd live tra tradizione e suoni più moderni realizzato da Radio Brema, un doppio CD prodotto lo scorso anno in cui racconta attraverso il blues la storia dei neri americani neri; Davis si presenta ora con “Juba Dance” uscito per l’etichetta francese DixieFrog; un disco che vede la presenza dell’armonicista Fabrizio Poggi e ospiti speciali come i Blind Boys of Alabama e Lea Gilmore.


Review from www.bluesnews.de (Germany)
Guy Davis ist dagegen ein jüngerer Vertreter des akustischen Blues, der meistens Gitarre, aber auch sehr gut Mundharmonika spielt. Nach einem Haufen CDs für Red House Records, einer Radio-Bremen-Live-CD auf Tradition & Moderne und einer im vergangenen Jahr selbst produzierten Doppel-CD mit einem Hör-Theaterstück taucht der schwarze US-Blueser jetzt mit “Juba Dance” auf dem französischen DixieFrog-Label auf. Mit dabei sind der Harpspieler Fabrizio Poggi sowie als Special Guests die Blind Boys Of Alabama und Lea Gilmore.


Recensione apparsa su www.blues.about.com (USA)
Guy Davis feat. Fabrizio Poggi –Juba Dance (M.C. Records)
(traduzione)
Il bluesman acustico Guy Davis è stato piuttosto occupato ultimamente nel perseguire una carriera poliedrica come musicista, cantautore, attore e regista. Juba Dance è il sesto album pubblicato dal chitarrista folk-blues negli ultimi dieci anni, un ritmo più che prolifico rispetto agli standard del blues contemporaneo; l’ellepì segue la brillante scia tracciata dal suo acclamato The Adventures of Fishy Waters un album di racconti e canzoni datato 2012. Juba Dance raccoglie 13 canzoni ed è un’opera relativamente essenziale, che vede per la maggior parte del disco Guy, la sua chitarra e l’armonicista Fabrizio Poggi lavorare su un mix di originali di Davis e ispirate reinterpretazioni di gente come Blind Lemon Jefferson e Blind Willie McTell. Juba Dance include anche la partecipazione dei Blind Boys of Alabama, il che è sempre un piacere.


Review from www.blues.about.com (USA)
Guy Davis feat. Fabrizio Poggi –Juba Dance (M.C. Records)
Acoustic bluesman Guy Davis has been pretty busy as of late, pursuing a multi-faceted career as a musician, songwriter, actor, and director. Juba Dance makes the sixth album released by the folk-blues guitarist in the past decade, a prolific pace by contemporary blues standards, the LP following hot on the heels of his acclaimed 2012 story-song album The Adventures of Fishy Waters. A 13-song collection, Juba Dance is a relatively stripped-down affair, featuring mostly Guy and his guitar and harp player Fabrizzio Poggi working out on a mix of Davis originals and inspired covers from folks like Blind Lemon Jefferson and Blind Willie McTell. Juba Dance also features a guest appearance by The Blind Boys of Alabama, which is always a treat.


Recensione apparsa su www.folkbulletin.com di Andrea Lupini
GUY DAVIS feat. Fabrizio Poggi JUBA DANCE – DIXIEFROG, 2013 Raro in periodo in cui il blues è spesso contaminato dalle sonorità rock, trovare un disco in cui l’anima folk del blues venga fuori in modo così spontaneo e naturale come in Juba Dance, pregevole disco acustico del bluesman newyorkese Guy Davis. Affiancato dal “nostro” Fabrizio Poggi all’armonica (e coproduttore), Davis propone dodici canzoni tra brani originali e classici del blues. Oltre a Poggi, il disco vede tra gli ospiti la cantante afroamericana Lea Gilmore e i famosi Blind Boys Of Alabama.


Recensione apparsa su Somethingelsereviews.com di S. Victor Aaron (USA) traduzione
Guy Davis sa recitare , fare il regista , scrivere , comporre … ma soprattutto sa suonare il blues. In un mondo in cui gli artisti di country blues acustico che emergono sono davvero pochi, Guy Davis ha trovato il proprio spazio, diventando un autorevole ambasciatore di questo stile di musica afro-americana insieme a Keb Mo’ (quello degli inizi, almeno) e il suo vecchio amico Eric Bibb . Davis, figlio degli attori e attivisti per i diritti civili Ruby Dee e il compianto Ossie Davis , ha inciso il suo primo disco nel ’78 , ma per un po’ ha seguito le orme paterne intraprendendo una carriera di attore di successo. Il suo ritorno alla musica acustica delle radici risale alla metà degli anni ’90 . Davis trae ispirazione dai più grandi bluesmen : Son House , Blind Willie McTell , Skip James e Mississippi John Hurt , solo per citarne alcuni. Sono in tanti quelli che suonano country blues con influenze folk , e allora cosa rende Guy Davis così speciale? Sebbene sia come Bibb anche lui di New York, Guy è riuscito a immergersi in questo mondo con l’entusiasmo di un bambino, imparando dai grandi e lavorando su questo materiale per tutta la vita, persino nel periodo in cui recitava a tempo pieno. Davis è dotato di una voce ruvida e sincera e di uno stile di fingerpicking ingegnoso e non lontano da quello di Robert Johnson . Dopotutto in fondo è solo una questione di feeling e lui questo feeling ce l’ha. Juba Dance è il suo primo lavoro per l’etichetta discografica roots MC Records ed è caratterizzato dalla partecipazione di un maestro dell’armonica, l’italiano Fabrizio Poggi che suona nella maggior parte dei brani, una combinazione equilibrata di originali di Davis e alcune gustose reinterpretazioni di vecchi blues. Con Davis alle chitarre acustiche , banjo, percussioni rudimentali e voce, il duo sembra una versione moderna di Sonny Terry e Brownie McGhee . L’iniziale “Lost Again” ci regala subito uno squisito duetto che vede Davis all’ armonica “alta”e Poggi all’ armonica basso. Ci sono però un sacco di altre chicche in serbo in Juba , smentendo subito l’idea che non sia rimasto nulla a di fresco e originale in questa antica forma musicale. Davis suona un banjo slide dal suono grezzo in ” Satisfied” catturando perfettamente l’essenza di questo “prison spiritual”, si cimenta sempre al banjo in un vivace stile claw-hammer in “Dance Juba Dance”; e da lustro a” Statesboro Blues ” di McTell con nient’altro che una chitarra acustica a sei corde e qualche venatura errebì. La nota cantante gospel e blues Lea Gilmore duetta con Davis in “Some cold rainy day”un vecchio brano di Chippie Hill datato 1928 che ricorda gli anni d’oro del jazz e a cui manca solo la cornetta di Satchmo . I Blind Boys of Alabama forniscono splendidi cori a “See that my grave is kept clean” di Blind Lemon Jefferson conferendo al tutto un’aura davvero nobile . Poggi offre il suo contributo ad alcuni dei brani già citati e la sua armonica genuinamente rurale e gioiosa ben si amalgama alla slide di Davis in “My Eyes Keep Me Trouble ” ed esprime con convinzione il blues più scuro, autentico e profondo in “Black Coffee”.
E’ vero, questa musica è stata registrata in Italia e l’armonicista, che ha anche co-prodotto il disco, viene da lì; eppure non c’è mai stato un solo momento in cui quella musica abbia lasciato la regione del Piedmont o il Delta del Mississippi .
D’altronde il blues altro non è se non uno stato della mente, e tonificato dall’armonica e dalle idee stimolanti di Poggi, Juba Dance ha il cuore nel posto giusto.


Review from Somethingelsereviews.com by S. Victor Aaron (USA)
Guy Davis can act, direct, write, compose…and he can play the blues. In a world where few acoustic country blues performers thrive, Guy Davis has made his mark, serving as an effective ambassador of the great African American music form along with Keb’ Mo’ (early on, at least) and old pal Eric Bibb. Davis, the son of actors and civil rights activists Ruby Dee and the late Ossie Davis, made his first record in ’78 but for a while followed in his parent’s footsteps and pursued an acclaimed acting career. Eventually, he made his way back to acoustic roots music by the mid 90s. Davis’ draws his blues from some of the best: Son House, Blind Willie McTell, Skip James and Mississippi John Hurt, among others. A lot of people can still play that country folk blues, so what makes Guy Davis so special? Like Bibb, he might be from NYC, but he immersed himself in the stuff as a child, learned from some of the best and worked at it his whole life, even when he was acting full time. He’s also gifted with a gruff, sincere voice, and a nifty fingerpicking style not that far removed from Robert Johnson. Ultimately, it just comes down to feel, and Davis does feel it. Juba Dance is his first for roots record label M.C. Records and this one is most notable for featuring Italian harmonica master Fabrizio Poggi on most of the songs, which are a balanced combination of Davis originals and some tasty old blues covers. Combined with Davis on acoustic guitars, banjo, rudimentary percussion and vocal, the duo forms a modern-day version of Sonny Terry and Brownie McGhee. The head-nodding “Lost Again” even treats us to Davis on high harmonica and Poggi on low harmonica. There are plenty of other treats in store on Juba, belying any notion that there isn’t anything left fresh and new to do with such an old music form. Davis plays a rustic sounding bottleneck banjo on “Satisfied” that perfectly captures the essence of this prison spiritual. He plays a lively claw-hammer banjo for “Dance Juba Dance,” and undertakes McTell’s “Statesboro Blues” with nothing but a six-string acoustic guitar, but inserts some RnB stylings to it. Noted blues and gospel singer Lea Gilmore duets with Davis for the old 1928 Chippie Hill tune “Some Cold Rainy Day” that’s reminiscent of the hot jazz of its day, missing only Satchmo’s cornet. The Blind Boys of Alabama supply uplifting backing vocals for Blind Lemon Jefferson’s “See That My Grave Is Kept Clean,” giving it a noble aura. In addition to contributions on some of those aforementioned tunes, Poggi’s genuinely pastoral, joyful harp goes good with Davis’s slide on “My Eyes Keep Me Trouble” and expresses the dirty lowdown blues with conviction for “Black Coffee.”
The music was recorded in Italy and the harp player, who also co-produced the record, is from there, too. But there was never a single moment where the music itself left the Piedmont or the Mississippi Delta. Blues, after all, is a state of mind, and bolstered by the harmonica and input from Poggi, Juba Dance has its heart in the exact right place.
http://somethingelsereviews.com/2013/08/29/guy-davis-featuring-fabrizio-poggi-juba-dance-2013/


Commento apparso su GaryBluesStarBlues (traduzione)
…Guy Davis facendo il paio con l’armonicista italiano Fabrizio Poggi attinge grandemente al pozzo di Sonny e Brownie (ma non è detto che sia una brutta cosa)…

Comment appeared on GaryBluesStarBlues
Guy Davis’ pairing with Italian harp player with Fabrizio Poggi drew heavily from the SonnyAndBrownie well (who says that’s a bad thing).


GUY DAVIS feat. Fabrizio Poggi/Juba Dance Recensione apparsa su midwestrecords.com (USA) (traduzione e adattamento)
Davis ha un talento naturale nel prendere brani “retrò” appartenenti all’ iconografia classica del blues e farli sembrare scritti oggi di suo pugno. Qui è possibile ascoltare alcune delle vostre canzoni preferite e tutti i grandi del blues che fanno capolino qua e là in ogni parte del disco il che certamente non guasta. Non c’è niente di più elementare di un cantante che suona contemporaneamente chitarra e armonica, eppure tutto ciò nelle mani di Davis diventa qualcosa di meraviglioso, qualcosa che è un piacere ascoltare. Se pensate che il blues tradizionale non sia roba che fa per voi, questo insieme di canzoni vi porterà in un luogo senza tempo, sotto la veranda di una casa del sud.
Un disco davvero coinvolgente che non lascia scampo.


GUY DAVIS feat. Fabrizio Poggi/Juba Dance Review appeared on midwestrecords.com (USA)
Davis has this wild knack for doing a retro thing that pulls on blues iconography from all over that he somehow makes his own in the end. You can hear all your faves and all the greats somewhere in these grooves but it never leaves you rolling your eyes. It doesn’t get anymore basic than a singer with his guitar and his harmonica playing sidekick but somehow, in Davis’ hands, it’s a wonderful racket that’s such a kick to hear. If you think that down home stuff isn’t for you, this set will get you out on the back porch, kicking back in no time. Killer stuff that really connects.


Recensione apparsa su muruch.com (USA) (traduzione)
Juba Dance è il nuovo album di Guy Davis, virtuoso del blues acustico. Le tredici tracce dell’album, la maggior parte delle quali vedono la presenza dell’armonicista Fabrizio Poggi, sono un mix di originali scritti da Guy Davis e cover di canzoni di Muddy Waters, Blind Lemon Jefferson, Rev. Robert Wilkins e Blind Willie McTell. La cantante Lea Gilmore duetta su “Some Cold Rainy Day” mentre i Blind Boys of Alabama prestano le loro voci alla versione da brividi di “See That My Grave Is Kept Clean”.
I brani migliori sono l ’esuberante “My eyes keep me in trouble” di Muddy Waters, l’originale, singolare e piena di ritmo “Dance Juba Dance” e la blueseggiante “Black Coffee”. L’unica traccia che non mi piace affatto è “Did You See My Baby.” Capisco il concetto del dialogo tra voce e armonica, ma il risultato è un po’ noioso. Questo però non è che un piccolissimo difetto per un album altrimenti davvero eccellente.


Review appeared on muruch.com (USA)
Juba Dance is acoustic blues virtuoso Guy Davis new album. The album’s thirteen tracks, most of which feature harmonica player Fabrizio Poggi, are a mix of Guy Davis originals and covers of songs by Muddy Waters, Blind Lemon Jefferson, Rev. Robert Wilkins and Blind Willie McTell. Singer Lea Gilmore duets on “Some Cold Rainy Day” and The Blind Boys of Alabama lend vocals to the chilling “See That My Grave is Kept Clean.” The standout tracks are: the buoyant Muddy Waters cover “My Eyes Keep Me in Trouble;” the uniquely rhythmic original “Dance Juba Dance” and the bluesy “Black Coffee.”
The only track I don’t like at all is “Have You Seen My Baby.” I admire the concept of dueling vocals and harmonica, but the result is an irksome listen. But that’s a minor complaint for an otherwise excellent album.


Recensione apparsa su Feel the blues with all that jazz (Polonia) (estratto e traduzione)
In questo nuovo album Guy Davis ci presenta come sempre brani tratti dalla tradizione del blues delle radici accanto a pregevoli e originali composizioni proprie. Inciso in Italia, nel disco c’è la sobria e raffinata armonica del bluesman Fabrizio Poggi a fare compagnia alle impeccabili chitarre di Guy, al suo banjo e all’armonica suonata in qualche occasione anche da Guy stesso. Highlights dell’album “See That My Grave Is Kept Clean” di Blind Lemon Jefferson con le voci dei Blind Boys of Alabama e “Some Cold Rainy Day” in cui Guy duetta con Lea Gilmore… Le canzoni tratte dal repertorio altrui sono reinterpretate con originalità al punto che sembrano scritte dallo stesso Davis; mentre tra gli originali spicca “Love Looks Good on You” …


Review from MUSICA JAZZ magazine (Italy) by Edoardo Fassio
GUY DAVIS feat. Fabrizio Poggi – JUBA DANCE
Guy Davis (guit, mand, bjo, arm, voc); Fabrizio Poggi (arm);
Lea Gilmore (voc,4); Blind Boys Of Alabama (voc, 5)
Who said that the blues revival can only be sterile , repetitive and tedious ? “Juba dance” is the result of a long alliance on the frontline of the stage between New York Blues musician, storyteller, and theater man, Guy Davis and Fabrizio Poggi , unstoppable international ambassador of folk and blues harmonica . Davis , an expert traditionalist and musical craftsman , conveys an intelligent sense of humor in this selection of his own songs and carefully adapted tunes from the immense blues songbook. The exuberant interaction between the two partners and friends, sort of a postmodern Sonny Terry and Brownie McGhee , play on the record with an exquisite sense of balance , enriching it, but only when needed, by prestigious guests . Curiously, the only song dedicated directly to the most famous acoustic blues duo of the history is “Did You See My Baby” , performed by Davis as a solo performance, taking care of vocals, harmonica and guitar, as he did in a Broadway show where Guy reprized the role made famous by Sonny.


Recensione apparsa su MUSICA JAZZ (Italy) di Edoardo Fassio
GUY DAVIS feat. Fabrizio Poggi – JUBA DANCE
Guy Davis (chit, mand, bjo, arm, voc); Fabrizio Poggi (arm);
Lea Gilmore (voc,4); Blind Boys Of Alabama (voc, 5)
Chi ha detto che il revival può essere soltanto sterile, ripetitivo e tedioso? Juba Dance è il risultato di una lunga alleanza sul fronte del palco tra il cantastorie e uomo di teatro newyorkese Davis e Poggi, inarrestabile ambasciatore internazionale dell’armonica folk e blues. Davis, esperto tradizionalista e duttile artigiano, trasmette un senso di avveduto buonumore nella selezione di brani autografi o attentamente recuperati e riadattati dall’immenso canzoniere del blues. L’esuberante interazione tra i due amici e partner, sorta di Sonny Terry e Brownie McGhee postmoderni, riproduce su disco uno squisito senso della misura, arricchito, ma solo quando serve, da ospiti prestigiosi. Curiosamente l’unica canzone a ispirarsi direttamente al duo di blues acustico più famoso della storia è Did you see my baby, in cui è il solo Davis, che ha arrangiato a Broadway uno show dedicato a Terry, a occuparsi sia del canto sia delle parti di armonica e chitarra.


Recensione apparsa su Blogfoolk di Salvatore Esposito
Bluesman di razza e tra gli armonicisti più apprezzati in Europa come negli States, Fabrizio Poggi vanta un percorso artistico di grande prestigio che lo ha portato negli anni a collezionare una lunga serie di collaborazioni eccellenti, e a mettere in fila una discografia di grande pregio. In particolare negli ultimi anni la sua carriera ha toccato il suo vertice con la pubblicazione di due grandi album come “Mercy” e “Spirit & Freedom”, ma sapevamo benissimo che non si sarebbe seduto sugli allori a godersi il successo, piuttosto avrebbe rilanciato. Infatti in breve tempo sono arrivati lo splendido “Live In Texas” e quel gioiello che è il disco strumentale “Harpway 61” in cui protagonista assoluta è la sua armonica, e da ultimo quest’anno è arrivato “Juba Dance”, album del vecchio amico Guy Davis, del quale Fabrizio Poggi ha curato la produzione e che ha impreziosito con la sua armonica, ormai vero e proprio marchio di fabbrica. Si tratta di un disco di puro country blues acustico, che raccoglie tredici brani tra originali e rielaborazioni, caratterizzati dal dialogo tra le due armoniche che si sviluppa sulle trame acustiche della chitarra e del banjo. Durante l’ascolto brillano brani come “My Eyes Keep Me in Trouble” in cui spicca l’ottima prova vocale di Guy Davis, “Some Cold Rainy Day” in cui è Guy Davis duetta con Lea Gilmore, ma soprattutto la superba versione di “See That My Grave Is Kept Clean” in cui all’armonica di Fabrizio Poggi si affiancano le voci dei leggendari Blind Boys Of Alabama. Il disco riserva però anche altre sorprese come lo slow blues “Black Coffee” in cui apprezziamo l’eccellente vibrato all’armonica di Fabrizio Poggi, il folk blues di “Did You See My Baby” eseguita dal solo Guy Davis e la conclusiva “Statesboro Blues”, dal repertorio di Blind Willie McTell, qui riletta per sola voce e chitarra. Illuminati interpreti e conservatori del roots blues acustico, Guy Davis e Fabrizio Poggi con “Juba Dance” hanno firmato un disco che è già un classico del genere, e siamo certi che la scia di successo che ne ha salutato l’arrivo nei negozi non si esaurirà in breve tempo.


Review from www.blogfoolk.com (Italy) by Salvatore Esposito
Guy Davis feat. Fabrizio Poggi – Juba Dance (Dixiefrog)
Great bluesman and among the most popular harmonica players in Europe and the United States, Fabrizio Poggi has an artistic career that brought him great prestige in the years to collect a long series of excellent collaborations, and to line up a discography of great value. In particular, in recent years his career reached its apex with the publication of two great albums like “Mercy” and “Spirit & Freedom”, but we knew that would not sit to enjoy success, but he would have some other new work. In fact, in a short time he released the wonderful “Live In Texas” and the jewel that is the instrumental record called “Harpway 61” in which the protagonist is his harmonica, and this year there is “Juba Dance” an album by his old friend Guy Davis. Fabrizio Poggi produced it and has made it precious with the sound of his trademark harmonica. It is a disc of pure acoustic country blues, which contains thirteen songs between originals and covers, characterized by the dialogue between two harmonicas that develops on the acoustic sound of guitar and banjo. During the listening the songs that mostly shine are “My Eyes Keep Me in Trouble” which features excellent vocals by Guy Davis, “Some Cold Rainy Day” in which Guy Davis sings with Lea Gilmore, and especially the superb version of ” See That My Grave Is Kept Clean “in which there are Fabrizio Poggi’s harmonica alongside with the voices of the legendary Blind Boys Of Alabama. The record, however, reserve other surprises as the slow blues “Black Coffee” in which we appreciate the excellent Fabrizio Poggi’s harmonica, the folk blues of “Did You See My Baby” performed by Guy Davis as a solo and the conclusive “Statesboro Blues”, from the repertoire of Blind Willie McTell, reinterpreted here with just voice and guitar. Enlightened performers and keepers of the flame of roots acoustic blues, Guy Davis and Fabrizio Poggi with “Juba Dance” released a record that is already a classic of the genre, and we are confident that the trail of success that has greeted his arrival in stores will not ended in a short time…


Review from www.musiczine.net (France/The Netherlands)
Guy Davis feat. Fabrizio Poggi – Juba Dance Guy Davis has a good reputation in the world of folk blues. He spent his childhood in the suburbs of New York. Complete artist, he became lead singer, guitarist, songwriter (NDR: also for soundtracks) and theater actor. Very steeped in African-American and especially acoustic blues traditions, it has its roots in primitive blues legends: Blind Willie McTell, Mance Lipscomb, Skip James and Mississippi John Hurt. He is also passionate about his contemporary, Taj Mahal. The release of his first album was in 1995 when he recorded “Stomp Down Rider” for Red House label. Among his discography, unanimously appreciated by critics, especially “Call down the thunder” and “You don’t know my mind.” His last album dates back to 2012, a double album entitled “The adventures of Fishy Waters: In bed with the blues.” During the recording of “Juba dance”, he mostly received the support of the Italian harmonica player Fabrizio Poggi, leader of Italian blues band Chicken Mambo It is the latter that provides production. “Juba Dance” combines personal compositions and covers. Like a horse trotting, “Lost Again” opens the plate with a full sound produced by 6 and 12 strings guitars. Guy blows in his bass harmonica register, while Fabrizio plays the higher one. Muddy Waters’ “My eyes keep me in trouble” is an authentic country blues played on a lively tempo. Davis’s voice is hoarse. He plays slide in the manner of the Chicago master, perfectly supported by Transalpin mouth harmonica. Guy is joined on vocals by gospel singer Lea Gilmore to perform “Some cold rainy day,” a traditional blues. The duo lazily stretching his voice on a base made by a six-string banjo. Special treatment and chills in the back was reserved for Blind Lemon Jefferson “See That my grave is kept clean” supported by the voices of Blind Boys of Alabama.
Excellent!


Recensione apparsa su www.musiczine.net (France/The Netherlands)
Guy Davis feat. Fabrizio Poggi – Juba Dance Guy Davis ha un’ottima reputazione nel mondo del folk blues. Ha trascorso la sua infanzia nei sobborghi di New York. Artista completo, è diventato cantante, chitarrista, compositore (anche di colonne sonore n.d.r) e attore di teatro. Conosce a fondo la tradizione del blues afro-americano, soprattutto quello acustico, che ha le proprie radici nel blues primitivo di leggende come Blind Willie McTell, Mance Lipscomb, Skip James e Mississippi John Hurt. Ha una grande stima anche per un suo contemporaneo, Taj Mahal. L’uscita del suo primo album risale al 1995. Si tratta di ” Stomp Down Rider ” per l’etichetta Red House. Tra la sua discografia, grandemente apprezzata dalla critica, si fanno notare soprattutto “Call down the thunder” e “You don’t know my mind”. Il suo ultimo lavoro risale al 2012, un doppio album dal titolo “The adventures of Fishy Waters: In bed with the blues.” Durante la registrazione di “Juba Dance”, si è avvalso del sostegno dell’armonicista italiano Fabrizio Poggi, leader della blues band italiana Chicken Mambo. È quest’ultimo che si occupa anche della produzione del disco. “Juba Dance” unisce composizioni personali a brani altrui. “Lost Again” apre il disco come un cavallo al galoppo con un suono robusto prodotto dalle chitarre a 6 e 12 corde. Guy soffia nella parte bassa della sua armonica, mentre Fabrizio si dedica al registro acuto. “My eyes keep me in trouble” di Muddy Waters, è un autentico country blues caratterizzato da un ritmo vivace. La voce di Davis è pungente e la slide è suonata alla maniera del maestro di Chicago, perfettamente supportata dall’armonica a bocca d’oltralpe. Guy si unisce alla voce della cantante gospel Lea Gilmore per eseguire “Some cold rainy day”, un blues tradizionale in cui il duo stende pigramente la propria voce su una base di banjo a sei corde. Un trattamento speciale, da brividi lungo la schiena, è riservato a “See that my grave is kept clean” con il supporto delle voci dei Blind Boys of Alabama.
Eccellente!


Review from www.musiczine.net (France/The Netherlands)
Guy Davis feat. Fabrizio Poggi – Juba Dance Guy Davis jouit d’une belle notoriété dans l’univers du folk blues. Il a passé son enfance dans les faubourgs de New York. Artiste complet, il est devenu chanteur, guitariste, compositeur (NDR : également pour musiques de films) et acteur de théâtre. Très imprégné des traditions afro-américaines et notamment du blues acoustique, il puise ses racines chez les légendes du blues primitif : Blind Willie McTell, Mance Lipscomb, Skip James et Mississippi John Hurt. Il est aussi passionné par son contemporain, Taj Mahal. La sortie de son premier elpee remonte à 1995. Il grave alors “Stomp down rider” pour le label Red House. Parmi sa discographie, unanimement appréciée par la critique, on épinglera surtout “Call down the thunder” et “You don’t know my mind”. Son dernier opus remontait à 2012, un double opus intitulé “The adventures of fishy waters : In bed with the blues”. Lors de l’enregistrement de “Juba dance”, il a surtout reçu le concours de l’harmoniciste italien Fabrizio Poggi, le leader de Chicken Mambo, un blues band italien. C’est également ce dernier qui assure la production. “Juba dance” réunit compositions personnelles et reprises. Tel un cheval au trot, “Lost again” ouvre la plaque. Une plage balayée de sonorités produites par des guitares à 6 et 12 cordes. Guy souffle dans les basses de son harmonica, tandis que Fabrizio se consacre aux parties aigues. Signé Muddy Waters, “My eyes keep me in trouble” est un country blues authentique imprimé sur un tempo vivace. La voix de Davis est éraillée. Il joue de la slide à la manière du maître de Chicago, parfaitement secondé par la musique à bouche du Transalpin. Guy est rejoint au chant par la chanteuse de gospel Lea Gilmore pour interpréter “Some cold rainy day”, un traditionnel du blues. Le duo étend paresseusement ses vocaux, sur fond de banjo à six cordes. Un traitement particulier a été réservé à la voix de Blind Lemon Jefferson sur “See that my grave is kept clean” pour soutenir les répliques vocales des Blind Boys of Alabama. De quoi vous flanquer des frissons dans le dos. “Dance juba dance” est abordé à la manière d’un holler nerveux. Soutenu par un banjo à 5 cordes très rythmique, et dans un concert de claquements de mains et de cuillères en bois, Guy récite ses lyrics. Superbe blues, “Black coffee” rend hommage à John Lee Hooker. Tout y est : la voix hypnotique, la slide et l’harmonica impeccable de Poggi. “Did you see my baby” est un autre hommage, mais réservé à Sonny Terry. Mais c’est Guy en personne qui souffle dans l’harmo. Une splendide version caractérisée par les fameux ‘Whoops’ à la Terry! Le long playing ne baisse jamais d’intensité. Et épingle encore quelques reprises. Dont le “That’s no way to get along” de Reverend Robert Wilkins, le “Saturday blues” d’Ishman Bracey, illustré par un superbe one man band de Davis à la guitare, mandoline, harmo et tambourin ; et en final le célèbre “Statesboro blues” de Blind Willie McTell, adapté en folk blues traditionnel.
Excellent!


Review from www.bluesmagazine.nl (The Netherlands) by Stan van der Lugt
Guy Davis featuring Fabrizio Poggi – Juba Dance Roots musician Guy Davis passed over the pond to Italy where he recorded assisted by Fabrizio Poggi (beautiful name, by the way) the thirteen tracks for his new, full acoustic album. Guy plays various stringed instruments with a leading role for his (slide) guitar, which influences include Blind Blake and Robert Johnson. Fabrizio Poggi plays his harmonica as if the devil is at his heels, he’s a master of his instrument with a fat, nasty and varied sound. The songs are a combination of their own pieces of work and fresh covers of songs by Muddy Waters, Blind Willie Jefferson and Blind Willie McTell. Lost Again seems inspired by ragtime guitarists from the 20s of the last century. The vocals of The Blind Boys Of Alabama on See That My Grave Kept Clean (BW Jefferson) transform this blues classic in a beautiful gospel.
Final conclusion: Juba dance has the duo of Davis / Poggi surpassing himself, and they released a great Roots / Blues album that I cannot take out of my CD player.


Recensione apparsa su www.bluesmagazine.nl (The Netherlands) di Stan van der Lugt
Guy Davis featuring Fabrizio Poggi – Juba Dance Guy Davis, un musicista estremamente legato alle radici ha attraversato l’oceano per recarsi in Italia dove ha registrato, assistito da Fabrizio Poggi (bel nome, tra l’altro) i tredici brani del suo nuovo album, completamente acustico. Guy suona vari strumenti a corda con un ruolo di primo piano per la sua chitarra (slide), il cui sound è influenzato da Blind Blake e Robert Johnson. Fabrizio Poggi suona la sua armonica come se avesse il diavolo alle calcagna, tirando fuori con maestria dal suo strumento un suono pastoso, deciso e variegato. Le canzoni sono una mescolanza di brani propri e inedite reinterpretazioni di canzoni di Muddy Waters, Blind Willie Jefferson e Blind Willie McTell. Lost Again sembra trarre ispirazione dai chitarristi ragtime dagli anni ’20 del secolo scorso. Le parti vocali dei Blind Boys of Alabama in See That My Grave Kept Clean (BW Jefferson) trasformano questo classico del Blues in un meraviglioso gospel.
Conclusione finale: con Juba Dance il duo Davis / Poggi ha superato se stesso, realizzando un grande album di Roots e Blues che non riesco più a togliere dal mio lettore CD.


Review from www.bluesmagazine.nl (The Netherlands) Tekst: Stan van der Lugt
Guy Davis featuring Fabrizio Poggi – Juba Dance Roots muzikant Guy Davis toog over de grote plas naar Italië waar hij met hulp van Fabrizio Poggi (prachtige naam, overigens) de dertien tracks voor zijn nieuwe, volledig akoestische, album heeft opgenomen. Guy bespeelt diverse snaarinstrumenten met een hoofdrol voor zijn (slide) gitaar, waarbij invloeden zijn te horen van o.a. Blind Blake en Robert Johnson.Fabrizio Poggi bespeelt zijn mondharmonica alsof de duivel hem op de hielen zit, wat een vette, vuige en gevarieerde klanken haalt deze geweldenaar uit zijn instrument.De songs zijn een combinatie van eigen werkstukjes en frisse covers van songs van o.a. Muddy Waters, Blind Willie Jefferson en Blind Willie McTell. Lost Again lijkt geïnspireerd door de ragtime gitaristen uit de jaren 20 van de vorige eeuw. De vocalen van The Blind Boys Of Alabama op See That My Grave Kept Clean (B.W. Jefferson) transformeren deze bluesklassieker in een fraaie gospel.Eindconclusie: Met Juba Dance heeft duo Davis/Poggi zichzelf overtroffen en een geweldig roots/blues album op de markt gebracht dat voorlopig niet uit mijn cd-speler is weg te branden.


Recensione apparsa sul sito www.bibliotek.kk.dk (Danimarca) di Jacob Wandam (traduzione)
Guy Davis & Fabrizio Poggi: Juba Dance
Intenso duo di country blues che evoca il ricordo di grandi duetti di chitarra e armonica come quelli di Sonny Terry & Brownie McGhee e Cephas & Wiggins.
Guy Davis appartiene ad una generazione di musicisti blues neo-tradizionalisti che comprende anche nomi come Alvin Youngblood Hart, Otis Taylor e il leggermente più anziano Taj Mahal. Tutti sono (tra le altre cose) ferventi sostenitori del sound del country blues acustico che si suonava nei primi decenni del 20 ° secolo. Nella maggior parte dei brani di “Juba dance”Guy Davis collabora con l’armonicista italiano Fabrizio Poggi. Poggi non è forse un nome conosciutissimo a livello internazionale, ma è ben introdotto nella tradizione del blues americano e in aggiunta ha pubblicato 15 CD e libri di ricerca sulla musica folk e blues più autentica. Insieme, Davis e Poggi hanno realizzato un album di Piedmont blues che evoca il ricordo di grandi duetti di chitarra e armonica come quelli di Sonny Terry & Brownie McGhee e Cephas & Wiggins. La voce forte e aspra di Guy Davis si ispira a grandi icone del Delta Blues come Son House e Howlin’ Wolf. Qui ovviamente possiamo anche ascoltare Davis suonare il banjo e altri strumenti. La track list è una miscela di brani originali di Guy Davis e celebri blues standards come “That’s no way to get along” di Robert Wilkins, “Statesboro Blues” di Blind Willie McTell e una versione molto intensa di “See that my grave is kept clean”con i Blind Boys of Alabama. Se vi piace il country blues, e soprattutto la classica formazione voce chitarra e armonica, Juba Dance è altamente raccomandato.


Review from www.bibliotek.kk.dk (Denmark) by Jacob Wandam
Guy Davis & Fabrizio Poggi: Juba Dance
Intense country blues duo evokes memories of great guitar / harmonica duos as Sonny Terry & Brownie McGhee and Cephas & Wiggins.
Guy Davis belongs to a generation of neo-traditionalist blues musicians that also includes names such as Alvin Youngblood Hart, Otis Taylor and the slightly older Taj Mahal. All profess themselves (among other things) to the acoustic country blues as it was played in the first decades of the 20th century. On ‘Juba dance’ Guy Davis at most intersections has teamed up with the Italian harmonica player Fabrizio Poggi. Poggi is perhaps no internationally known name, but he is well versed in the American blues tradition and in addition to 15 CDs released books about the quest for the pure role of folk and blues music. Together, Davis and Poggi committed a Piedmont blues album that evokes memories of great guitar / harmonica duo Sonny Terry & Brownie McGhee and Cephas & Wiggins. Guy Davis ‘strong, hoarse vocals, draws from the great delta blues icons like Son House and Howlin’ Wolf. And then we hear of course Davis on banjo and various other instruments. Track list is a mixture of Guy Davis originals and well-known blues standards like Robert Wilkins ” That’s no way to get along ‘, Blind Willie McTells’ Statesboro Blues ‘and a very intense version of Blind Lemon Jefferson’s “See that my grave is kept clean’ with the Blind Boys of Alabama. If you like country blues, and not least to the classic vocals / guitar / harmonica combo is Juba dance is highly recommendable.


Recensione apparsa su Il Blues di Luca Zaninello
Il profilo artistico di Guy Davis non si limita soltanto alla stretta sfera musicale, ma si estende anche nell’ambito teatrale, dove è un apprezzato attore: tuttavia la caratura del sessantenne bluesman newyorkese è tale da poterlo considerare un degno erede della scuola dei Robert Johnson e John Lee Hooker. Il blues acustico che lui propone ha profonde radici nella storia e nella cultura di questa musica e nello stesso tempo si presenta con quella comunicativa che lo rende immediatamente fruibile da ogni ascoltatore. Quest’ultimo lavoro lo vede in compagnia del nostro Fabrizio Poggi, armonicista che gode di notorietà e rispetto sia in Europa che negli States, come confermano i suoi album prodotti negli USA e le sue esibizioni in luoghi particolarmente significativi, una su tutti la House of Blues di New Orleans. Il CD in questione inizia subito con un classico country blues, ascoltando il quale ci si può facilmente immaginare un vecchio bluesman che racconta la sua storia nella veranda della sua casa di legno (musicalmente impreziosito dal dialogo fra due armoniche). “My Eyes Keep Me in Trouble” è musica radicata nella terra, con l’armonica che arricchisce di sfumature ogni passaggio e la voce di Davis che trasmette tutta la sua grande intensità emotiva, che ritroviamo nella superba ballad successiva, basata su un semplice arpeggio, dove l’armonica resta rispettosamente nel sottofondo. I due brani successivi sono autentiche testimonianze delle radici più profonde e vere dell’America rurale, impreziositi dalle armonie vocali create prima da Davis e da Lea Gilmore e quindi dai leggendari Blind Boys of Alabama; a seguire la title track che si sviluppa su un ritmo ipnotico, guidato dal banjo e ritmato semplicemente col piede e con dei cucchiai di legno. “Black Coffee” è un altro superbo slow, dove Fabrizio dimostra nuovamente non solo il suo talento ma pure la sensibilità che la sua armonica sa tradurre meravigliosamente in ogni passaggio, grazie al sapiente uso del vibrato, qui quanto mai opportuno. Sempre l’armonica protagonista in “Did You See My Baby”, ma questa volta troviamo il solo Guy Davis, vero hobo e ottimo intrattenitore. I tre brani successivi si caratterizzano tutti per la loro cadenza ipnotica, più cupa il primo, decisamente più brioso “That’s No Way to Get Along” e quasi medi tat ivo “Saturday Blues”, come annotato nel booklet stesso, ma risultano tutti molto coinvolgenti, tanto che anche l’ascoltatore non può non battere il piede insieme a quello di Guy. “Prodigal Son” è un altro blues senza tempo, si coglie subito l’affiatamento dei due amici musicisti, tant’è vero che nel libretto si nota che la registrazione è avvenuta in un’unica sessione; la conclusione è lasciata a “Statesboro Blues”, un classico di Blind Willie McTell, offerto qui in tutta la sua essenzialità e bellezza, come la voce e la chitarra di Davis sanno regalare. Ecco quindi un album di quelli che meritano di essere apprezzati e ascoltati con attenzione, indispensabile per tutti gli amanti del blues acustico, ma che consigliamo certamente anche a chi magari ama le sonorità più elettriche, perché è sempre bene ritornare a quei suoni da cui è nato e si è sviluppato il blues.


Review from IL BLUES (Italy) by Luca Zaninello
The artistic profile of Guy Davis is not confined to just a narrow music sphere, but extends also in the theater, where he is a popular actor: however, the caliber of the sixty year-old, New York bluesman is such that some consider him a worthy heir to the school of Robert Johnson and John Lee Hooker. The acoustic blues that he performs has profound roots in the history and culture of this music and at the same time shows that communication that makes it immediately accessible to every listener. This latest work includes the company of Italy’s own Fabrizio Poggi, who’s reputation with his harmonica playing and the respect he earns in both Europe and the United States, is confirmed by his albums recorded in USA and his live performances in famous places such as the House of Blues in New Orleans. This CD starts off with a classic country blues, “Lost Again”, and upon listening, one can easily imagine an old bluesman who recounts his story on the front porch of his wooden house (musically enriched by the dialogue between two harmonicas). “My Eyes Keep Me in Trouble ” is music rooted in the earth, with assorted shades of harmonica embellishments at each step, and the voice of Davis that transmits all its great emotional intensity. We find in the next superb ballad based on a simple arpeggio, where the harmonica remains respectfully in the background. The two following songs are authentic testimonies of the deepest and true roots of rural America, preciously embellished with vocal harmonies created by Davis and Lea Gilmore, and then again by the legendary Blind Boys of Alabama, followed by the title track which is spread over a hypnotic rhythm, led by banjo and simply paced by a stomping foot and wooden spoons. “Black Coffee” is another superb slow song, where Fabrizio shows again not only his talent, but also to the feeling that the his harmonica can marvelously translate in each step, thanks to the clever and very fitting use of vibrato. Again the harmonica is in a leading role in “Did You See My Baby,” on this one we find Guy Davis in a solo performance, true hobo and great entertainer. The three subsequent tracks are all characterized by their hypnotic cadence, the first darker, “That’s No Way to Get Along” which is much more lively, and “Saturday Blues”, as noted in the enclosed booklet, is almost meditative, but all are very engaging, so that the listener cannot help but tap his foot along with Guy’s own. “Prodigal Son” is another timeless blues, it immediately captures the interplay between the two musician friends, so much so that in the booklet it reads that the recording took place in one take. The final song is “Statesboro Blues,” a classic by Blind Willie McTell, offered here in all its simplicity and beauty, with just Davis sharing his gifts of voice and guitar playing. So here’s an album which deserves to be appreciated and listened to with attention, essential for all acoustic blues lovers. But that it’s certainly recommended to those who maybe love more the electric sounds, because it is always good to go back to those sounds from which was born and has developed the blues.


Intervista apparsa sul Blog di Athos Enrile www.athosenrile.blogspot.it
Come nasce l’idea di “sintetizzare” la vecchia collaborazione tra te e Guy Davis con un album, “Juba Dance”?
Il nostro primo incontro risale al 2007, quando ci siamo conosciuti ad un festival blues negli States. Tra noi è nata quasi subito, come per miracolo, una profonda amicizia basata non solo sulla stima reciproca, ma anche sulla passione che abbiamo entrambi per il blues più autentico, quello delle radici. Negli ultimi sei anni il nostro stretto legame personale si è concretizzato in concerti dal vivo in Italia e soprattutto all’estero, nell’incisione da parte di Guy di un paio di tracce nel mio disco “Spirit & Freedom”, e ora in questo album a quattro mani che vuole in qualche modo “fotografare” lo stato del nostro splendido rapporto.
Il disco racconta di un blues acustico: è questa la dimensione che tu e Davis preferite?
Sì, Guy ed io siamo estremamente affascinati dal sound primitivo del blues e dello spiritual. Da quella musica che si suonava “senza elettricità”, sotto la veranda di quelle baracche sparse tra i campi di cotone del Sud degli States. Gran parte dell’ “anima del blues” sta ancora nelle canzoni che si cantavano laggiù. E poi il suono acustico ci permette di raccontare meglio le storie che stanno dentro e intorno a questo misterioso e magico genere musicale.
Leggendo il comunicato stampa si evidenzia come i fan di Guy Davis siano trasversali, non necessariamente amanti di un certo tipo di musica: a cosa attribuisci questa capacità di soddisfare differenti palati?
Questo è dovuto soprattutto al fatto che il blues è la madre di tutte le musiche moderne, e che quindi chiunque abbia ascoltato musica negli ultimi 100 anni ha fondamentalmente ascoltato un derivato del blues.
E poi Guy è un performer assolutamente straordinario che non può lasciare indifferenti. Sa catturare l’ascoltatore e portarlo in un’altra dimensione senza grandi trucchi, assoli pirotecnici e numeri da giocoliere. La sua voce e la sua chitarra hanno l’energia e la potenza che non trovi nemmeno assemblando amplificatori su amplificatori. Pochi artisti riescono a fare ciò che fa Guy con la stessa semplicità e la stessa naturalezza. Ma questo è l’unico modo di toccare il cuore della gente. E lui lo sa.
Se dovessi estrapolare l’anima, il messaggio dell’album, come potresti disegnarlo?
L’anima del disco, che vede l’incontro, l’abbraccio e la fusione totale e completa tra due musicisti provenienti da mondi apparentemente lontani, distanti anni luce, non può che assumere il colore un po’ virato di una vecchia fotografia in bianco e nero o quello di un disegno a carboncino. Questo perché probabilmente in un’altra vita Guy ed io eravamo fratelli e già suonavamo il blues sotto la veranda di casa. Solo per noi… senza pensare a quello che sarebbe venuto dopo. E forse in quell’altra vita non c’erano nemmeno le macchine fotografiche ma solo un ragazzino che seduto innanzi a noi tracciava i nostri ritratti su di un foglio di carta ingiallita, recuperata chissà dove…
Difficile per me fare graduatorie tra giganti… mi affido quindi ad un esperto come te: perché Guy è considerato il vero erede di Robert Johnson e J.L. Hooker?
Perché Guy Davis è un bluesman vero, autentico come lo erano Robert Johnson e John Lee Hooker. Per loro il blues era ed è molto più di un genere musicale. Era ed è la vita stessa. Fa parte di loro. E questo non è affatto scontato. Oggi ci sono bluesman che “recitano una parte”. A volte sono attori straordinari e riescono quasi a sembrare veri. Imitano gli originali risultando talvolta persino “più veri” dei loro stessi eroi. L’anima del blues però sta da tutt’altra parte. Come dice spesso il mio amico Charlie Musselwhite: “Molti pensano di suonare il blues, ma il blues è un’altra cosa”. Ecco, Guy Davis, come Hooker e Johnson, non ha trovato quell’altra cosa, ossia il blues, su Google o su YouTube, ma l’ha cercata (e trovata) girando il mondo con la sua chitarra, il suo banjo, senza furbi espedienti o scorciatoie, semplicemente conquistando ogni sera che Dio manda sulla terra le persone che siedono davanti a lui in un famoso jazz club di Parigi, Londra o New York, o in malfamato locale sperduto tra Mississippi, Texas e Louisiana. Se fosse nato 50 anni prima oggi Guy non sarebbe l’erede di Hooker o di Johnson, ma molto più semplicemente uno di loro, uno di quelli che ha fatto la storia del blues.


Recensione apparsa sul Blog di Athos Enrile www.athosenrile.blogspot.it
Guy Davis Featuring Fabrizio Poggi – Juba dance
Spesso si parla e si scrive di musica partendo da un grande handicap di cui si è pienamente consci, e il rimedio non è quasi mai dietro l’angolo; mi riferisco all’impossibilità di partecipare ad un live dell’artista in oggetto, fatto non determinante per il commento di un album, ma decisivo se si vuole avere la visione completa del musicista. Ho più volte visto da vicino… molto vicino, Fabrizio Poggi; ho anche avuto la fortuna di vedere Fabrizio a fianco del suo amico Guy Davis, considerato il vero erede dei grandi del blues, i seminali Robert Johnson e John Lee Hooker. Questo accadeva circa tre anni fa, in un pub, un ambiente ideale per contatto e atmosfera. La premessa mi è utile per introdurre la testimonianza della felice unione di intenti tra Guy e Fabrizio, sintetizzata in un nuovo album dal titolo JUBA DANCE. Credo sia superfluo tracciare i profili di questi due artisti, due amici, due uomini che nascono casualmente a migliaia di chilometri di distanza, ma che forse hanno bazzicato altre vite suonando assieme l’armonica – Fabrizio – e sicuramente ne vivranno altre accompagnandosi con la chitarra e il banjo – Guy. Tredici le tracce proposte all’interno di un album che sta guadagnando i primati di ascolto nella terra ortodossa, quella dove il blues è nato, l’America, anche se sarebbe doveroso che anche nei nostri luoghi questa musica, forse la più suonata, diventasse anche molto ascoltata, potendo unire il suono all’idea di condizione umana, alla storia dei popoli, alla grandezza dei concetti espressi attraverso pochi e semplici accordi. L’album è acustico, essenza del blues, ed è forse questo il format vincente per tornare al vero spirito, alle origini, all’anima di uomini e donne che ritrovano il senso della loro vita proprio attorno ad uno strumento qualsiasi, magari grezzo, ma capace di trasformarsi in orchestra, realizzando l’unica vera magia possibile, quella felicità derivante dalla condivisione di ciò che si ha… e si sa, la musica è un bene comune. Nello scambio di idee a seguire, Fabrizio Poggi fornisce l’oggettività di questo fantastico JUBA DANCE, un disco che farà piangere, gioire e anche ballare, come è giusto che sia. Il connubio tra due grandi artisti come Poggi e Davis non poteva che portare ad un rilevante risultato, premiato dagli ascolti e dai giudizi, e credo sia questa per loro una enorme soddisfazione. Due uomini che hanno in comune molte cose, ed ogni ascoltatore si farà la propria idea; certo è che la capacità di comunicare ed il livello espressivo raggiunto, garantisce ad entrambi una certa trasversalità di gradimento, senza distinzione di genere e di etichetta. E questo è tipico solo dei grandi, qualunque sia il contesto in cui ci si muove.
E che sia per tutti un buon ascolto!


Recensione apparsa su www.bluesonline.pl (POLONIA) traduzione e adattamento
Guy Davis è una delle leggende del blues acustico moderno. Ha ricevuto nove nomination agli Handy Awards, e continua a comporre e suonare blues tradizionale per chiunque lo voglia ascoltare. Fabrizio Poggi è stato premiato dalla Hohner Harmonicas e ha collaborato con molte stelle del blues. Insieme hanno registrato “Juba Dance”, un autentico gioiello sonoro. Sin dalle prime battute di “Lost Again” ci si può rendere conto della musica che ci troviamo di fronte. La canzone ricorda il ragtime d’inizio secolo con tanto di banjo, chitarra acustica, un po’ di slide e l’armonica… “My Eyes Keep Me in Trouble” contraddistinta dalla slide e da un sacco di energia, sembra una di quelle canzoni un po’ sboccate che si cantavano sotto il portico durante i “tempi difficili”. Qui si fanno notare le risposte Fabrizio che sa bene come arricchire il lavoro di un cantante. “Love Looks Good On You” è una ballata con un’atmosfera quasi country, o forse, più semplicemente Americana. In questo contesto si possono ascoltare meglio tutte le sfumature della voce di Davis e il lavoro sui registri acuti della Hohner di Poggi. Con “Some Cold Rainy Day” ci si dirige verso la cucina musicale di New Orleans. Naturalmente il tutto è in chiave acustica e questa canzone ospita la voce di Lea Gilmore che aggiunge colore al brano e che seduce con l’aiuto dell’armonica ogni ascoltatore. La storia si fa seria quando si arriva alla canzone “See That My Grave Is Kept Clean” arricchita dalle voci dei Blind Boys of Alabama. Il banjo tiene il passo, ma altrettanto importante è la parte cantata dai “ragazzi”. I toni gospel danno vita a una grande e intensa performance. Dita vestite a festa pizzicano un banjo e danno forma a “Dance Juba Dance” scioglilingua fonetico ornato da un bel gioco percussivo. Vista l’atmosfera che la pervade “Black Coffee” potrebbe essere di John Lee Hooker. E’ un brano scuro e doloroso contraddistinto dall’armonica e da una voce grave. Un Guy Davis urbano ma in versione rigorosamente acustica. “Did You See My Baby” è un classico divertente e delizioso in cui l’armonica crea un perfetto dialogo musicale che è un po’ l’essenza del blues suonato dal vivo. Anche “Satisfied” energica e ritmica ha di nuovo l’atmosfera dalla musica roots americana… In “That’s No Way To Get Along” la classe di Guy Davis come chitarrista è in grado di fornire virtuosismi senza alcuno sforzo apparente. Gli strumenti a corda lavorano al meglio per contribuire al sound di un altro classico racconto popolare. Ancora più interessante è “Saturday Blues”. Una delle due chitarre diventa un mandolino, ma sono i riff e gli stop a dare alla canzone una dinamica incredibile in special modo quando Davis canta all’unisono con la chitarra. L’ interpretazione ha qualcosa di soprannaturale. Scriverlo magari può sembrare inquietante, ma il fatto che Davis abbia interpretato la parte di Robert Johnson in una commedia fa apparire il tutto più chiaro. Un brano come “Prodigal Son” può essere considerato il “blues standard” per eccellenza . La chitarra suona le frasi e gli accordi giusti e c’è una grande armonica. Non ci sono fronzoli, né cose superflue. Solo le mani e la bocca, e tutto funziona.
L’album si conclude con “Statesboro Blues”… una ballata con la quale Guy Davis saluta il suo pubblico dopo essersi divertito a suonare la chitarra da solo o accompagnato da un’ armonica. Un album mirabilmente ispirato in cui chi ama il blues acustico troverà esattamente ciò che sta cercando: grandi canzoni che suonano bene, il sole, la pioggia e …


Recensione apparsa su www.bluesonline.pl (POLONIA)
Guy Davis to jedna z legend wspó³czesnego akustycznego bluesa. Ma dziewiêæ nominacji do „Handy Award”, wci¹¿ komponuje i bawi s³uchaczy tradycyjnym bluesem. Fabrizio Poggi to harmonijkarz uhonorowany przez Hohnera i wspó³pracownik wielu gwiazd bluesa. Wspólnie nagrali akustyczn¹ pere³kê – „Juba Dance”. Od pierwszych taktów „Lost Again” mo¿na siê zorientowaæ, z jak¹ muzyk¹ mamy do czynienia. Piêciostrunowe banjo, gitara akustyczna, troszkê slide, troszkê przeszkadzajek i dwie œcie¿ki harmonijki. W studiu nie takie rzeczy wychodz¹. A sama piosenka przypomina ragtime z pocz¹tku stulecia. Ale ju¿ „My Eyes Keep Me in Trouble” nie powstydziliby siê zagraæ i nasi Hard Times. Jest drive, coœ z nastroju werandy, slide i mnóstwo energii. I te responsy Fabrizio – jak on umie uzupe³niaæ wokalistê. „Love Looks Good On You” to niemal ballada w klimacie country, a mo¿e bardziej po prostu americana. W takiej spkojnej atmosferze mo¿na jeszcze lepiej wys³yszeæ niuanse g³osu Davisa i ws³uchaæ siê w wysoko brzmi¹cego hohnera Poggiego. W „Some Cold Rainy Day” powracamy do nowoorleañskich knajpek. Oczywiœcie wszystko czysto akustyczne, tyle, ¿e w tej piosence pojawiaj¹ siê goœcie. G³os Lea Gilmore dodaje barwy utworowi, a czyœciutka harmonijka dodatkowo uwodzi s³uchaczy. Prawdziwa opowieœæ, wzbogacona g³osami Blind Boys of Alabama p³ynie z pieœni „See That My Grave Is Kept Clean”. Banjo trzyma rytm, ale równie wa¿ne s¹ frazy wyœpiewywane przez Boysów. Œwietne korzenne granie, z elementami gospel. Radosne przebieranki palcami po strunach banjo wzbogacone o odrobinê postukiwañ i tupañ tworz¹ ca³e t³o dŸwiêkowe piosenki „Dance Juba Dance” Za to w klimacie „Black Coffee” œmia³o mo¿na doszukiwaæ siê opowieœci na miarê Johna Lee Hookera. A i harmonijka jakby mroczniejsza, g³os ni¿szy i bardziej rozedrgany. Guy Davis w takiej miejskiej acz akustycznej wersji sprawdza siê idealnie. Klasyczna zabawa i niemniej wyborne granie harmonijkarza tworzy „Did You See My Baby”. Idealne uzupe³niaj¹ce frazy dialogi to esencja ¿ywego bluesowego muzykowania. „Satisfied” znów zagrane zosta³o w lekko kowbojskim klimacie charakteryzuj¹cym americanê. I energia i rytmika tej piosenki, mimo akustycznego brzmienia z rytmicznym banjo, œmia³o mog³aby mu pozwoliæ rozbrzmiewaæ w radiach. Tylko gdzie? O klasie Guya Davisa jako gitarzysty mo¿e œwiadczyæ niewymuszona wirtuozeria, z jak¹ gra „That’s No Way To Get Along”. Strunowe instrumenty pracuj¹ tworz¹c folkowo brzmi¹ce t³o do kolejnej klasycznej opowieœci. Jeszcze ciekawiej brzmi „Saturday Blues”. Jedna z gitar udaje mandolinê, za to riffy z zatrzymaniami nadaj¹ utworowi niezwyk³¹ dynamikê. A kiedy trzeba – machina zatrzymuje siê, a Davis œpiewa kilka taktów unisono z gitar¹. A i sama interpretacja ma w sobie coœ nieziemskiego. A¿ strach pisaæ, ale podobno Davis gra³ w jakimœ przedstawieniu Roberta Johnsona i wszystko staje siê bardziej jasne. Klasyczny „Prodigal Son” z bluesowymi zagrywkami akordów akustyka mo¿e byæ uznany za wzorzec metra – podobnie partie harmonijki. Bez udziwnieñ, przesterów, tylko rêce i usta i wszystko dzia³a. P³ytê koñczy „Statesboro Blues”. Ka¿dy wie, o co chodzi, a i Guy Davis nie stara siê odkrywaæ Ameryki. Gra bardziej balladowo, jakby ¿egnaj¹c siê ze s³uchaczami, którzy nie mog¹ wyjœæ z podziwu. Kto lubi sam graæ na gitarze b¹dŸ z towarzyszeniem harmonijkarza na p³ycie tej znajdzie mnóstwo inspiracji, a kto akustycznego bluesa kocha – znajdzie dok³adnie to, czego szuka – œwietnie brzmi¹ce piosenki dobre i w S³oñcu i na deszcz.


Recensione apparsa su VAN DE BLUES (Spagna ) vandeblues.blogspot.com (traduzione) di Josep Palmada – Red Hot Blues (Radio Vilafant)
INSIEME DUE GRANDI BLUESMEN, UNO AMERICANO E L’ALTRO ITALIANO.
Guy Davis bluesman cresciuto a New York, nel corso della sua carriera ha esplorato le radici del blues, spesso scegliendo di suonare brani di blues acustico dei grandi maestri del blues e collegati alla storia afro-americana e soprattutto di trovare composizioni in cui espone le storie crude e tristi che gli sono state raccontate a casa. Ora vi voglio proporre il suo nuovo album “Juba Dance” (Dixiefrog); un album di blues di alta qualità con un ospite speciale all’armonica, un grande talento della musica blues che viene dall’Italia e cioè Fabrizio Poggi.


Recensione apparsa su VAN DE BLUES (Spagna ) vandeblues.blogspot.com di Josep Palmada – Red Hot Blues (Radio Vilafant)
DOS GRANS BLUESMEN JUNTS, UN AMERICÀ I UN L’ALTRE ITÀLIA.
El bluesman Guy Davis criat a Nova York, al llarg de tota la seva carrera ha buscat les arrels del blues, ha optat moltes vegades pel blues acústic tocant cançons de grans mestres del blues i també per histories afroamericanes i sobre tot hi trobem composicions d’ell on explica crues i tristes histories que li explicaven a casa, avui us vull proposar el seu nou àlbum “Juba Dance” (Dixiefrog), es un disc on hi trobem blues de molta qualitat i en ell conta amb un convidat d’excepció a l’harmònica, el gran talent del music de blues itàlia us parlo de Fabrizio Poggi.


SOUNDGUARDIAN – Croatia di Mladen “Mike” Lonèar (traduzione e adattamento – estratto)
Il blues non è per tutti, forse perchè è troppo vero e sincero, vivo e vitale … Il blues è pura percezione emotiva… Guy Davis e Fabrizio Poggi sono grandi musicisti brillanti e capaci, talmente legati al blues da averne fatto la loro ragione di vita… Qui il blues tradizionale si irradia letteralmente da ogni nota… Guy Davis è da molti anni un rispettabile bluesman. Chitarrista, cantante, compositore e attore, Guy ha dalla sua una qualità e un valore che son ben riassunti nelle 9 candidature per il WC Handy Awards (oggi Blues Music Awards) il più prestigioso premio musicale in ambito blues . Di fronte a Guy Davis, c’è uomo, un musicista e produttore che ha lavorato con molti nomi famosi (Garth Hudson di The Band, The Blind Boys of Alabama, Eric Bibb, Marcia Ball, Charlie Musselwhite, Flaco Jimenez, Little Feat, Steve Cropper e molti altri ancora di pari livello). Fabrizio Poggi è un armonicista notevole, il cui soffiare risuona così convincente e sembra quasi che emerga dalle acque profonde e fangose dal fiume Mississippi. In quest’ album possiamo anche ascoltare le emozionanti parti vocali di Lea Gilmore nella canzone Some Cold Rainy Day, e dei Blind Boys Of Alabama (Jimmy Carter, Ben Moore, Eric “Ricky” McKinnie and Joey Williams) nel brano See That My Grave Is Kept Clean… Black Coffee è una canzone che rende omaggio a un grande del calibro di John Lee Hooker; mentre Satisfied è un brano in cui Guy suona il banjo slide ispirandosi a Gus Cannon, Harrison Kennedy e soprattutto a T-Bone Wolke. Did You See My Baby ci ricorda un altro grande: Sonny Terry e la sua parte di chitarra è un tributo al grande Brownie McGhee e a Bukka White. Statesboro Blues è un’ode a Blind Willie McTell, e potrei andare avanti a lungo… Una raccomandazione: non ascoltate l’album in maniera casuale, magari scegliendo qua e là tra le composizioni di Juba Dance; ma cominciate dall’inizio e andate fino in fondo e quando sarete arrivati lì sono sicuro che in un lampo tornerete ad ascoltarlo da capo! Guy Davis e Fabrizio Poggi vi apriranno orizzonti totalmente nuovi e imprevedibili che sicuramente apprezzerete. In poche e semplici parole, non perdetevi questa meraviglia.


SOUNDGUARDIAN – Croatia by Mladen “Mike” Lončar
Uvijek kada se radi o akustičnom, tradicionalnom bluesu dodatno sam oprezan jer znam koliko bi njegova, samo naoko ili na prvo slušanje neatraktivnost mogla veliki broj slušatelja jednostavno odbiti. Naravno, malo je ljudi koji su dobili tako stresno i šokantno prosvjetljenje u bluesu kao moja malenkost. Zašto? Evo zašto, do 1974. bio sam uvjeren kako je to ipak pjesma od Wintera ili Creamovaca, a onda sam vidio oznaku ‘traditional’ i u specijaliziranom magazinu pročitao da se uz ovu pjesmu vežu imena poput: Hambone Willie Newbern ili McKinley Morganfield (aka. Muddy Waters), ali isto tako da je tu podugačka lista glazbenika pa evo samo nekih koji su ovu pjesmu snimili s godinom snimanja: Robert Johnson, 1936 Sonny Boy Williamson I, 1938 Muddy Waters, 1950 Memphis Slim, 1959 Elmore James, 1960 Cream, 1966 Canned Heat, 1967 Johnny Winter, 1968 Bonnie Raitt, 1972 te mnogi drugi tijekom nadolazećih godina. Za moju osobnost bilo je to izuzetno bolno i razočaravajuće iskustvo i stoga sam sljedećih gotovo punih 10 godina slušao isključivo tradicionalni, akustični blues američkih afroamerikanaca. Sve sam ostalo isključio, jer sam se tada osjećao prevarenim, iz manipuliranim i ne znam što sve još. A potom došlo je do ponovnog buđenja moje svijesti i spoznaje da ta moja isključivost ne vodi nikuda. Dok ste mladi puni ste nekih čudnih ideala, vežete se za neke jednostavne, čak i pomalo iskrivljene maštarije. Trebalo je proći još jedno desetljeće, pa čak i više vremena da bih se odlučio krenuti nekim drugim putem…i tek sada, vidim kuda sam otišao. Glazbeni portal SoundGuardian.com sa svojim BLUES CORNERom dio su velike europske zajednice na čijem je tlu tijekom šezdesetih taj i takav blues doživio svoj BLUES BOOM. A sudeći po izdanjima koja i dan danas pokrivaju europske izdavačke kuće taj BOOM se još uvijek nije stišao. Juba Dance van serijskih Guy Davisa i Fabrizio Poggija otkriti će kako je taj BOOM jak i da se te i takve detonacije šire u koncentričnim krugovima, što Davisovim vokalom i svirkom gitare, a što Fabriziovom usnom harmonikom, koja iz svake note jasno ocrtava upravo taj tradicionalni blues Delte. Početkom ove godine Guy Davis preko Smokeydoke Records i francuske izdavačke kuće Dixiefrog Records, objavljuje svoj novi studijski album Juba Dance – Guy Davis featuring Fabrizio Poggi. A ponovno obasuti izuzetnim zalaganjem i pažnjom te željom za promocijom Angela Megassini – Poggi uspostavila je most između Italije i Hrvatske i moje malenkosti. Baš poradi toga smo krenuli u zajedničku akciju oko promocije onoga što radi i čime se sve bavi Fabrizio Poggi. Toliko za uvod! No, kako je ovo album Guy Davisa nekako je pošteno da upravo on bude ovaj put primaran i da ovaj njegov album dobije zasluženo mjesto u mojoj skromnoj kolekciji tekstova o albumima. Kako osobno još uvijek na posebni način uživam u ovom jedinstvenom glazbenom stilu, nije mi nimalo teško pisati o onome što toliko volim. Od vokalne, do instrumentalne prezentacije u svakoj pjesmi nalazimo mnoštvo izuzetnosti, koje nam čine ovaj blues itekako raskošnim i zanimljivim.Uvijek se iznova čudim onima koji tradicionalni blues doživljavaju kao nešto jednolično, kao nešto što nema ništa. Bože moj, kako je to moguće, da li ti ljudi imaju imalo sluha. Možda je kod nas neka druga slušna ali i emocionalna percepcija. Neki su to čak željeli i dići na neki viši nivo, razinu; te priču postaviti da blues nije za svakoga. Ma, blues je baš za svakoga, on je realan i stvaran, on je živ i životan…ne moguće je razdvajati takve stvari. Ako se samo još malo vratim na onaj BLUES BOOM sa početka i sredine šezdesetih vidjeti ćete ono što ja u svojim mladim danima nisam …a to je neporeciva istina da su bijeli blues glazbenici, bandovi učinili STRAHOVITO puno kako bi promovirali, prezentirali i učinili sve da taj i takav blues približe što većem broju publike, slušateljstva. S druge pak strane, učinili su jako puno da originalnim afroameričkim glazbenicima odaju dužno poštovanje i priznanje. Svjedoci smo mnogih akcija sa ciljem osiguranja različitih vidova opstanka nama legendarnih majstora bluesa a njihovim sredinama to su bili samo tako neki…to su bili zatvorenici poput primjerice Huddie Ledbettera aka Leadbelly, da, baš njega sam se sada sjetio. No, bila je tu jedna cijela plejada ljudi, glazbenika, koji su preko dana radili na plantažama, u pekarama, mesnicama, čistili su ulice, bili su grobari, mehaničari, perači suđa radili su sve i svašta a navečer su postajali lokalne, klupske ‘zvijezde’. Trebalo je proći puno godina, da bi ipak koliko – toliko neke stvari sjele na svoje mjesto. Da bi dobili itekako dobre izvođače ovog blues stila. A onda su godine prohujale, došli smo do današnjih dana…a tu su i sjajni i nadasve vrsni glazbenici poput Guy Davisa i Fabrizio Poggi, toliko su predani bluesu i to je jednostavno njihov život. Sve je danas poprimilo malo drugačije konotacije i na kraju ova priča ima zapravo jedan i jedini, osnovni cilj da vam pokaže i pokuša približiti taj tradicionalni blues, koji doslovno zrači iz svake note. No da bi to postigli, morate imati dosta utakmica u nogama. Guy Davis je već dugi niz godina respektabilni blues umjetnik.Gitarista, pjevač i skladatelj te glumac Guy je svoju kvalitetu i vrijednost snažno istaknuo svojim nominacijama (9) za najprestižniju glazbenu nagradu, kada je u pitanju blues … W.C. Handy Awards danas je to BMA (Blues Music Awards). Nasuprot Guy Davisu imamo čovjeka, glazbenika, producenta koji je radio sa brojnim poznatim imenima i bandovima ( Garth Hudson ex-The Band, The Blind Boys Of Alabama, Eric Bibb, Marcia Ball, Charlie Musselwhite, Flaco Jimenez, Little Feat, Stev


Recensione apparsa su www.absentamusical.com (Chile) di Felipe Suarez (traduzione)
Come narra la leggenda, nel XIX secolo in America nacque un afro-americano che venne al mondo da uomo libero, il suo nome era Juba e sapeva ballare. Questa è l’origine del titolo del nuovo album del musicista e attore Guy Davis. La sua discografia ci ha offerto prevalentemente blues acustico rurale e motivi folk legati alle radici, unite all’eredità delle storie del Sud raccontate a Guy Davis dai nonni quand’era molto piccolo. Juba Dance non fa eccezione. In questo nuovo lavoro, Davis affianca la sua chitarra e il suo banjo all’armonica dell’italiano Fabrizio Poggi, una collaborazione presente nella maggior parte della tracklist, che prevede anche l’intervento di un altro paio di ospiti. Juba Dance è un album geniale e pieno di vitalità. L’agile fingerpicking di Davis al banjo e la voce baritonale che ricorda a tratti quella di Johnny Cash possono da soli sostenere qualsiasi livello di performance, tuttavia, se a tutto ciò si aggiungono le frasi energiche di Poggi, il disco sale a una quota decisamente superiore. Armonica e corde sono sempre andati d’accordo. E qui, ne abbiamo la riprova. All’inizio l’invito è a muoversi seguendo l’impronta ritmica del banjo vagabondo di Davis in Lost Again. Poco più della metà delle canzoni di Juba Dance sono brani altrui: la prima è My eyes keep me in trouble di Muddy Waters, per passare poi da Chicago al sound della Big Easy, a New Orleans, con Some Cold Rainy Day, che vede il supporto di Lea Gilmore. I Blind Boys of Alabama aggiungono le loro armonie vocali a See That My Grave is Kept Clean originale di Blind Lemon Jefferson. E’ il brano più toccante e quasi in contrasto con la tranquilla e melodiosa Love Looks Good on You. In Dance Juba Dance, il brano che dà il titolo all’album il banjo è suonato con grande forza. Fabrizio Poggi soffia nella sua armonica con grandezza e determinazione nell’intensa Black Coffee, e la stessa vitalità è presente nel ritmo festoso di Did You See My Baby. La sessualità implicita è estremamente diffusa nel blues e qui la troviamo in Satisfied in cui è notevole il lavoro di slide che scorre sull’incedere fiero degli accordi. Guy Davis aveva già suonato Saturday Blues nell’ album Chocolate to the Bone (2003), ma questa nuova versione sembra essere più vicina al suo reale significato. Prodigal Son ha tutta l’asprezza del blues, esplicitata dalla commovente performance di Davis e dalla sempre attenta collaborazione di Poggi. Sembra che abbiano atteso anni per fare questo disco insieme. In chiusura dell’album Guy Davis ci offre una delle più grandi interpretazioni di Statesboro Blues il classico di Blind Willie McTell, di cui esistono svariate versioni. In un momento in cui molti sono impegnati nella modernizzazione del Blues, altri semplicemente guardano indietro alle radici di questo genere. Guy Davis è tutt’altro che un novellino in questo profondo scavare nella terra del Blues e ci offre nuovamente un album piacevole con autorità ed equilibrio. Il Blues è un suono che vibra in profonda sintonia con l’anima, e questo Guy Davis sembra saperlo molto bene. Voto 4.5 / 5


Recensione apparsa su www.absentamusical.com (Chile) por Felipe Suarez
Según cuenta la historia, en el siglo XIX nació en Estados Unidos un afroamericano que fue dado a luz como un hombre libre, por lo cual podía bailar; su nombre era Juba. Ése es el origen del título del nuevo álbum del músico y actor, Guy Davis.Su discografía ha abordado permanentemente el Blues acústico rural y también algunos motivos del folk más enraizado, elementos legados de las historias que sus abuelos le contaron acerca del sur desde muy pequeño a Guy Davis. Juba Dance no es la excepción. En este nuevo trabajo, Davis hermana su guitarra y banjo a la armónica del italiano Fabrizio Poggi, colaboración presente en el grueso del tracklist, a la que también se suman un par de invitados. Juba Dance es un álbum orgánico y genial.El ágil fingerpicking de Davis en el banjo, junto al barítono registro de su voz -que recuerda a ratos al más curtido Johnny Cash- logran una relación que ya se vale por sí sola y a qué nivel, empero, esto sumado a los torácicos licks de Poggi, llevan el elepé al siguiente peldaño. La armónica y las cuerdas siempre se han llevado bien. Aquí, un argumento más a lo anterior.Al principio, la invitación es a moverse con la impronta rítmica de Lost Again y el banjo andante de Davis. En Juba Dance un poco más de la mitad de las canciones son versiones; la primera es a Muddy Waters con My Eyes Keep Me in Trouble, una escala por Chicago que luego arriba a los sonidos de la Big Easy, New Orleans, con Some Cold Rainy Day, la cual cuenta con la colaboración de Lea Gilmore. Por su parte, los Blind Boys of Alabama refuerzan las armonías vocales en la original de Blind Lemon Jefferson, See That My Grave is Kept Clean. El punto más conmovedor es junto a la apacible y melodiosa Love Looks Good on You.El banjo es atacado con magnífica intención en Dance Juba Dance, resuelta en el título del álbum. Fabrizio Poggi sopla con decisión y grandeza la armónica en la adherente Black Cofee, misma vitalidad presente en la festividad rítmica de Did You See My Baby. La sexualidad implícita es tremendamente frecuente en el Blues y aquí tiene su ministro con Satisfied, el fiero azote de las cuerdas con el slide es notable. En el álbum Chocolate to the Bone (2003), Guy Davis ya había interpretado Saturday Blues. No obstante, esta nueva versión pareciera estar más próxima a su núcleo.Prodigal Son se vale de su crudeza blusera, nutrida por la conmovedora interpretación de Davis y la siempre atenta compañía de Poggi. Pareciera que este álbum fuese el que ambos esperaron por años para realizar juntos. Guy Davis ofrece una de las grandes interpretaciones al multiversionado clásico de Blind Willie McTell, Statesboro Blues en el cierre del álbum. Cuando muchos apuestan por la modernización del Blues, otros simplemente buscan volver a las raíces del género. Guy Davis no es para nada un novato en esto de cavar profundo en la tierra del Blues, y nuevamente ofrece un álbum con autoridad y confortable desenvoltura. Porque cuando el Blues es acústico el alma resuena en orgánica sintonía, y de eso Guy Davis pareciera saber mucho.
Calificación 4.5/5


New England Flame-USA (traduzione)
L’incisione più recente di Guy Davis è un CD dal titolo “Juba Dance” pubblicato dall’etichetta francese Dixie Frog nel mese di aprile 2013. Il disco uscirà invece negli Stati Uniti entro la fine dell’estate. Registrato a Bergamo, Italia e prodotto da un vecchio amico di Guy, il celebre armonicista italiano Fabrizio Poggi, l’album presenta brani originali di Guy così come canzoni scritte da leggendari musicisti blues. Si tratta di una registrazione in cui spesso il solo protagonista è Guy alla voce, chitarra e armonica, con qualche armonica aggiunta da Fabrizio. Ci sono ospiti la cantante soul & gospel Lea Gilmore in “Some Cold Rainy Day” e i Blind Boys of Alabama” nel brano “See That My Grave Is Kept Clean”.


New England Flame – USA
Guy Davis’s latest recording is a CD entitled, “Juba dance” released on the French-based label, Dixie Frog in April 2013. It will be released in the U.S. later this summer. Recorded in Bergamo, Italy and produced by Guy’s old friend, the noted Italian harmonica player, Fabrizio Poggi, it features original songs by Guy as well as covers of legendary Blues musicians. It is a recording of just Guy on vocals, guitars and harmonica, with some harmonica added by Fabrizio. There are guest spots by Soul & Gospel singer Lea Gilmore on “Some Cold Rainy Day” and the “Blind Boys of Alabama” on the song, “See That My Grave is Kept Clean”.


Daily Herald Tribune, Grand Prairie, Alberta – Canada (traduzione)
… E ‘ sempre un piacere quando Guy suona in quest’area “, dice il promoter del concerto Thom Wolke, che gestisce anche Guy.” Ha sempre nuovo materiale da proporre, come l’album fresco di stampa e pieno di ottima musica che ha appena registrato in Italia e pubblicato in Europa. E poi sembra davvero conoscere tutte le vecchie canzoni che il pubblico vuole sentire “. La presenza di Davis sul palco, semplice e genuina, unita ai suoi divertenti monologhi offrono la sensazione che non si tratti di un vero concerto, ma piuttosto di una performance improvvisata sulla veranda di una casa situata ai bordi di una palude nel Sud degli States. Lo si avverte soprattutto quando Davis coinvolge il pubblico che a sua volta canta e batte mani e piedi”.


Daily Herald Tribune, Grand Prairie, Alberta – CANADA
“It’s always a treat when Guy plays the area,” says concert promoter Thom Wolke, who also manages Guy. “He’s constantly got new material, like the fresh album full of music he just recorded in Italy and released in Europe, and he seems to know the old songs the audience wants to hear.” Davis’ folksy and humble stage presence, combined with his humorous monologues, made one feel that this was not a concert, but rather, an impromptu performance on a front porch down in some southern swamp. Indeed, at times Davis had the audience singing, clapping and stomping their feet”.


Recensione apparsa sul sito Malbec & Blues (Argentina)
Blues in bianco e nero
Quest’uscita ha come protagonisti musicisti di diversa estrazione che hanno unito le loro forze e i loro talenti per dare uno sguardo diverso al sound e allo stile che li caratterizza. Guy Davis (feat. Fabrizio Poggi) – Juba Dance Davis è uno dei musicisti contemporanei che meglio interpreta il country blues prebellico. Ha 52 anni ed è nato e cresciuto a New York, lontano dai campi di cotone e le acque del fiume Mississippi. Tuttavia, la nonna lo ha cresciuto parlandogli del sud, dei suoi antenati e delle sue radici. Così Davis sin da piccolo ha iniziato ad ascoltare Blind Willie McTell, Mississippi John Hurt e Skip James. Ha cominciato a suonare la chitarra da adolescente e sviluppato in modo piuttosto naturale lo stile fingerpicking. Col passare del tempo è passato anche al banjo e oggi suona entrambi gli strumenti. Qui, questo straordinario artista, con quasi una decina di dischi pubblicati, presenta canzoni sue e brani tradizionali. La migliore interpretazione la offre in See that my grave is kept clean di Blind Lemon Jefferson, in cui a impostare il mood e ritmo sono il banjo, l’armonica e il supporto vocale dei Blind Boys of Alabama. Fabrizio Poggi, armonicista di punta italiano, lo accompagna in metà delle tracce soffiando con molta intensità, e la cantante Lea Gilmore brilla in Some cold rainy day di Bertha “Chippie” Hill. Con artisti come Guy Davis, il blues tradizionale è in ottime mani.


Review from malbecblues.blogspot.it (Argentina)
Blues en blanco y negro
Estos dos lanzamientos tienen como protagonistas a músicos con distintos backgrounds que sumaron esfuerzos y talento para darle una vuelta de tuerca al sonido y estilo que los caracteriza. Guy Davis (feat. Fabrizio Poggi) – Juba dance. Davis es uno de los músicos actuales que mejor interpreta el country blues de pre guerra. Tiene 52 años y nació y creció en Nueva York, muy lejos de los campos de algodón y las aguas del río Mississippi. Sin embargo, su abuela lo educó con la mente puesta en el sur, en sus antepasados y en sus raíces. Así, Davis empezó a escuchar desde muy chico a Blind Willie McTell, Mississippi John Hurt y Skip James. Comenzó a tocar la guitarra cuando era adolescente y desarrolló con mayor naturalidad el estilo del fingerpicking. Con el tiempo pasó al banjo y hoy toca ambos instrumentos por igual. Aquí, este notable artista, con casi una docena de discos editados, encara temas propios y algunas canciones tradicionales. Lo mejor está en su interpretación de See that my grave is kept clean, de Blind Lemon Jefferson, en la que el banjo y la armónica marcan el pulso mientras su voz juega a coro con la de los Blind Boys of Alabama. Fabrizio Poggi, destacado armonicista italiano, lo acompaña en la mitad de los tracks soplando con mucha intensidad, y la cantante Lea Gilmore se luce en Some cold rainy day, de Bertha “Chippie” Hill. Con artistas como Guy Davis, el blues tradicional está en muy buenas manos.


Recensione apparsa su www.musicwaves.fr di Mr. Blue (traduzione)
Non sono tante le persone che in Francia conoscono il nome di Guy Davis. Eppure, nell’ ambiente blues questo artista è una figura di primo piano da molti anni. Figlio di attori americani e attore lui stesso (ha interpretato il ruolo di Robert Johnson a teatro), ha frequentato i palchi di tutto mondo per diversi decenni, sostenendo, cosa rara tra i neri americani, il blues acustico delle radici. Con “Juba Dance”, Davis spinge il suo amore per la musica sino all’estremo. Con essenzialità, Guy concentra la sua musica intorno alla propria voce aspra e assolutamente unica, alla chitarra acustica, al banjo a 5 corde (di cui è maestro per la padronanza che ha dello strumento) e naturalmente all’armonica. E per dare ancora più forza al progetto, non ha avuto bisogno di alcuna trovata pubblicitaria, si è semplicemente unito a Fabrizio Poggi. Italiano e famoso egli stesso per aver suonato l’armonica con personaggi realmente grandi (Eric Bibb, Otis Taylor, Marcia Ball, e, naturalmente, i Blind Boys of Alabama, presenti qui in una delle migliori tracce dell’album, la commovente ‘ See That My Grave Is Kept Clean’), Poggi dà all’album un colore unico e un’autenticità ancora maggiore. Attraverso questi 13 brani, l’ascoltatore torna indietro alle radici del blues, ai canti del tempo degli schiavi, facendoci quasi dimenticare l’invenzione degli amplificatori e tutti i lustrini dello show business di oggi. Canzoni straordinariamente sincere come l’allegra e incalzante ‘Juba Dance ‘, o ‘Did You See My Baby’, con l’armonica protagonista, la sublime ‘Some Cold Rainy Day’ a due voci e ‘My Eyes Keep Me In Trouble’ (autoironica e con la melodia dell’armonica che rimanda all’intramontabile ritornello conosciuto in Francia sotto il nome di ‘Port de Tacoma’ interpretato a suo tempo da Hughes Aufray). Titoli che non stancano mai e che non sembrano invecchiare con il passare del tempo. Dalla disinvolta ‘Lost Again’ illuminata da sole del Mississippi; all’intima e deliziosa melodia della chitarra in ‘Statesboro Blues ‘,degna dei migliori compositori del genere, Davis rende omaggio alle sue radici e “difende” ancora una volta con forza il blues tradizionale, quello che delizierà i più esigenti e puristi tra di voi e quelli che hanno capito che il Blues è innanzitutto un’espressione dell’anima. Con grande compattezza e molto equilibrio l’album alterna brani divertenti a canzoni più malinconiche tenendo sempre alta l’attenzione di chi ascolta. In poche parole, ‘Juba Dance’ è un disco di blues acustico da avere assolutamente, perché lì sono cristallizzate con sincerità le origini del Blues.


Recensione apparsa su www.musicwaves.fr di Mr. Blue (FRANCIA)
Peu de gens en France doivent connaitre le nom de Guy Davis. Pourtant, dans le milieu du Blues le monsieur fait figure de proue depuis de nombreuses années. Fils d’acteurs américains, acteur lui-même (il a interprété le rôle de Robert Johnson au théâtre), il écume les scènes mondiales depuis plusieurs décennies en défendant son Blues, celui des racines, l’acoustique, celui des tout premiers noirs américains. Avec “Juba Dance”, Davis pousse son amour de la musique à l’extrême. Très dépouillée, sa musique se concentre autour de sa voix âpre et unique, guitare acoustique et Banjo à 5 cordes (il est passé maître dans la maîtrise de l’instrument) et harmonica bien sûr. Et pour enfoncer le clou, sans chercher un quelconque coup médiatique, il s’associe à Fabrizio Poggi. Lui-même célèbre harmoniciste italien ayant joué avec de vraies pointures (Eric Bibb, Otis Taylor, Marcia Ball, et bien entendu The Blind Boys Of Alabama, présent eux-mêmes sur l’un des meilleur titre de l’album, le théâtral ‘See That My Grave Is Kept Clean’), il apporte à l’album une couleur unique, une authenticité évidente. Ainsi tout au long de ces 13 titres, l’auditeur remonte aux sources du Blues, à la limite des chants des traites négrières, oubliant au passage l’invention de l’amplification et les paillettes du show business. Singulièrement authentiques, des titres comme les joyeux et galopants ‘Dance Juba Dance’ ou ‘Did You See Me Baby’ tout en harmonica, le sublime ‘Some Cold Rainy Day’ à deux voix ou un ‘My Eyes Keep Me In Trouble’ (proche de l’auto parodie avec sa mélodie d’harmonica reprenant l’éternelle ritournelle connue en France sous le nom du ‘Port de Tacoma’ interprété en son temps par Hughes Aufray) semblent ne pouvoir jamais lasser ni vieillir puisque déjà hors du temps. Et du nonchalant ‘Lost A Gain’ blanchi au soleil du Mississippi à l’intime ‘Statesboro Blues’ à la délicieuse mélodie de guitare, digne des plus fins compositeurs du genre, Davis rend hommage à ses racines et défend avec toujours autant de verve un Blues traditionnel qui ravira les plus exigeants et puristes d’entre vous, de ceux qui ont compris que le Blues est avant tout l’expression de l’âme. Alternant avec justesse le léger et le grave, se délestant de tout temps mort en allant à l’essentiel, ‘Juba Dance’ est un Must du Blues acoustique, cristallisant avec véracité les origines du Blues.


Recensione apparsa su FOLK ROOTS (UK) di Dave Peabody (traduzione)
(traduzione) Guy Davis bluesman americano sempre in viaggio, approda a Bergamo, Italia, per registrare il suo album più recente in cui è affiancato (in sei delle tredici tracce) da un maestro dell’armonica, l’italiano Fabrizio Poggi. I due suonano con grande intensità, lavorando molto bene insieme e producendo ottima musica. Spesso il suono è molto più pieno di quanto ci si aspetti generalmente da un duo grazie alla capacità di Guy di aggiungere una seconda chitarra, un banjo o una parte di mandolino e di fornire semplici ma efficaci ritmi percussivi battendo il piede, suonando campanaccio, tamburello e cucchiai e battendo le mani. La registrazione fa emergere tutte le ricche sfumature della voce di Guy con una miscela voce/strumenti bilanciata alla perfezione. Ci sono quattro brani che Guy esegue come solista più la versione di Some Cold Rainy Day di Bertha ‘Chippie’ Hill (che ospita la cantante Lea Gilmore) e See That My Grave Is Kept Clean di Lemon Jefferson (con i cori dei Blind Boys of Alabama) che contribuiscono a rendere Juba Dance una delle migliori incisioni di Guy Davis e del suo blues acustico in stile tradizionale.


Recensione apparsa su FOLK ROOTS (UK) by Dave Peabody
Travelling American bluesman Guy Davis ships up in Bergamo, Italy, to record his latest album where he’s joined (on six of the thirteen tracks) by Italian harmonic maestro Fabrizio Poggi. Both men are playing to top strength, working well together, playing some great music. Often the sound is fuller than you’d generally expect from a duo, due to Guy’s ability to double-track a second guitar, banjo or mandolin part and also to providing some simple foot stomp, cowbell, tambourine, spoon or hand clap percussion. The recording brings out all the rich tones of Guy’s voice with the vocal/instrumental mix balanced to perfection. There are four solo items from Guy plus versions of Bertha ‘Chippie’ Hill’s Some Cold Rainy Day (featuring guest vocalist Lea Gilmore) and Lemon Jefferson’s See That My Grave is Kept Clean (with The Blind Boys Of Alabama providing background vocals) that helps make Juba Dance one of Guy Davis’ very best recordings of his brand of traditional-styled acoustic blues.


Recensione apparsa su JAM di Roberto Caselli
Il chitarrista e banjoista incontra l’armonica di Fabrizio Poggi: fra preghiera e urlo disperato
Juba Dance è il lavoro che suggella la lunga collaborazione tra Guy Davis e Fabrizio Poggi, due musicisti lontani geograficamente, ma assolutamente complementari dal punto di vista musicale. Entrambi preferiscono la dimensione acustica del blues, quella che trasforma immediatamente in musica il sentimento, sia esso di carattere spirituale che passionale. Davis è un chitarrista e banjoista che riassume in sé la lunga tradizione del blues che arriva dalle piantagioni e dalle solitarie strade polverose e che sa evocare con grande sensibilità. Poggi usa un altro strumento, l’armonica, e anche per questo è complementare perché chiude perfettamente il cerchio aperto da Guy con il suo picking. Il repertorio scelto per il disco mescola composizioni di Davis con altri classici scritti da personaggi come Blind Lemon Jefferson (See That My Grave Is Kept Clean,in cui intervengono anche i Blind Boys Of Alabama), Blind Wille McTell (Statesboro Blues), Ishman Bracey (Saturday Blues), Josh White (ProdigaI Son) e poi dall’ultimo Muddy Waters (My Eyes Keep Me In Trouble) e dalla splendida Bertha Chippie Hill (Some Cold Rainy Day in cui presta la sua voce anche Lea Gilmore), artisti molto diversi tra loro per provenienza regionale e stile, ma tutti uniformati dall’immensa anima del blues che sa rappresentare il profondo di ciascuno di noi. Davis con la sua splendida voce conferisce pathos e grande emozione a ogni esecuzione fino a sfiorare in certi casi la preghiera e trattenere a stento l’urIo della disperazione in altri.


Review from JAM MAGAZINE by Roberto Caselli (english translation)
The guitarist and banjo player meets Fabrizio Poggi’s harmonica: between a prayer and a desperate cry
Juba Dance is the work that seals the long collaboration between Guy Davis and Fabrizio Poggi, two musicians geographically distant, but complementary in terms of music. Both prefer the acoustic dimension of the blues, the one that immediately transform music into feeling, whether it is of a spiritual nature or about passion. Davis is a guitarist and banjo player who embodies the long history of the blues coming from plantations and solitary dusty roads and knows how to evoke that with great sensitivity. Poggi uses another instrument, the harmonica, and also for this reason he is perfectly complementary because he closes the circle opened by Guy with his picking. The repertoire chosen for the disc mixes compositions by Davis with other classics written by personalities as Blind Lemon Jefferson (See That MyGrave Is Kept Clean, which involves also the Blind Boys Of Alabama), Blind Willie McTell (Statesboro Blues), Ishman Bracey (Saturday Blues), Josh White (Prodigal Son), the latest Muddy Waters (My Eyes Keep Me in Trouble) and the brilliant Bertha Chippie Hill (Some Cold Rainy Day in which Lea Gilmore lends his voice), all artists very different for regional origin and style, but all put together by the immense soul of the blues that is able to represent the depths of each one of us. Davis with his beautiful voice gives great pathos and emotion on every performance when he touches on a prayer or when he barely holds back a desperate cry.


Recensione apparsa sul sito belga REAL ROOTS CAFE’ www.realrootscafe.com (traduzione)
Pur avendo già inciso un ellepì nel 1978, la discografia del musicista e attore Guy Davis inizia a dare buoni frutti solo nel 1993. Da allora ci offre nuovi lavori con puntuale regolarità e Juba Dance è il suo CD numero quindici, se non ho sbagliato a contare. Le incisioni di questo CD sono state realizzate negli studi di registrazione Suonovivo di Bergamo. La maggior parte dei lavori di Davis sono usciti per Red House Records, al contrario di questo CD che è stato pubblicato dalla Smokeydoke Records in collaborazione con la Dixie Frog. Il disco è stato prodotto in collaborazione con l’armonicista italiano Fabrizio Poggi ed è un bellissimo album acustico nella tradizione di gente come Skip James, Blind Willie McTell e altri ancora. Davis scrive canzoni nello stile dei suoi eroi musicali, ma sa anche come reinterpretare i vecchi brani, aggiungendo freschezza ad ogni esecuzione. Canzoni come “Lost Again”, “Love Looks Good On You” e “Satisfied” sono tutte grandi canzoni, così come “Juba Dance “, in cui convergono sia le influenze africane che quelle americane. Anche le varie cover danno vita a ottime performances. “See That My Grave Is Kept Clean” di Blind Lemon Jefferson e proposta con il contributo dei Blind Boys Of Alabama dà un certo spessore alla canzone e lo stesso vale per “Some Cold Rainy Day” di Bertha “Chippie” Hill in cui Davis duetta con Lea Gilmore . L’antica “Statesboro Blues” esce dagli altoparlanti come se fosse stata scritta appena ieri. Speriamo che la collaborazione tra Guy Davis e Fabrizio Poggi si possa ascoltare maggiormente in un prossimo futuro. Con Juba Dance, i due hanno realizzato con grande semplicità un CD splendido sotto ogni punto di vista.


Review from REAL ROOTS CAFE’ www.realrootscafe.com (english translation)
Although he had released an LP in 1978 the discography of musician/actor Guy Davis starts really gets good only in 1993. Since then he delivers with great regularity new music and is now at number thirteen with Juba Dance CD, if I counted correctly. The recordings for this CD were made at Suonovivo Recording Studio in Bergamo. Most of the work of Davis has appeared on Red House Records, but this CD is released by Smokeydoke Records / Dixie Frog. This CD has been produced in collaboration with the Italian harmonica player Fabrizio Poggi and is a beautiful acoustic album in the tradition of people like Skip James, Blind Willie McTell and other performers. Davis writes songs in the style of his musical heroes, but also includes old works, once again putting a very fresh feel to it. Songs like “Lost Again”, “Love Looks Good On You” and “Satisfied” are all great songs, as is ” Juba Dance “, in which both the African and American influences converge. He also does strong performance of the covers. Blind Lemon Jefferson’s “See That My Grave Is Kept Clean” has the contribution of The Blind Boys Of Alabama, giving it some extra weight and the same goes for Bertha ‘Chippie’ Hill’s “Some Cold Rainy Day “, a duet of Davis with Lea Gilmore. The old ” Statesboro Blues” comes out of the speakers as if it were just newly written. The combination Guy Davis / Fabrizio Poggi will hopefully be something we will hear some more of in the future. With Juba Dance, they delivered a brilliant CD in any case in all simplicity.


Review from REAL ROOTS CAFE’ www.realrootscafe.com
Hoewel hij in 1978 al een LP/ CD had afgeleverd begint de discografie van muzikant/acteur Guy Davis eigenlijk pas goed in 1993. Sindsdien levert hij met grote regelmaat nieuw werk af en zit met Juba Dance inmiddels op vijftien cd, als ik goed geteld heb. De opnamen voor deze cd zijn gemaakt in de Suonovivo Recording Studio in het Italiaanse Bergamo. Het meeste werk van Davis is verschenen op Red House Records, maar deze cd is uitgebracht door Smokeydoke Records/Dixiefrog. Deze cd is tot stand gekomen in samenwerking met de Italiaanse harmonicaspeler Fabrizio Poggi en is een schitterend akoestisch album geworden in de traditie van mensen als Skip James, Blind Willie McTell en andere grootheden. Davis schrijft nummers in de stijl van zijn muzikale helden, maar weet ook het oude werk juist weer heel fris neer te zetten. Nummers als “Lost Again”, “Love Looks Good On You” en “Satisfied” zijn stuk voor stuk sterke nummers, evenals trouwens “Dance Juba Dance”, waarin zowel de Afro als Amerikaanse invloeden samenvloeien. Ook de diverse covers krijgen als gezegd een sterke uitvoering. Blind Lemon Jefferson’s “See That My Grave Is Kept Clean” krijgt door de bijdrage van The Blind Boys Of Alabama nog wat extra gewicht en hetzelfde gaat op voor Bertha “Chippie” Hill’s “Some Cold Rainy Day”, een duet van Davis met Lea Gilmore. Het aloude “Statesboro Blues” komt uit de speakers alsof het net nieuw geschreven is. De combinatie Guy Davis/Fabrizio Poggi is er hopelijk een, waar we in de toekomst nog wat meer van gaan horen. Met Juba Dance hebben ze in elk geval in alle eenvoud een schitterende cd afgeleverd.


Recensione apparsa su R2 ROCK’N’REEL MAY/JUNE 2013 di Trevor Hodgett
(4 stelle) (traduzione)
Il newyorkese Guy Davis, quasi un cantastorie dei giorni d’oggi, è un performer coinvolgente la cui musica spazia ampiamente tra vari stili ed emozioni diverse tra loro. “Lost Again”, una delle sei canzoni originali, per esempio è un modo di aprire il disco assolutamente geniale, con il suo testo intelligente e graffiante. L’ironia è immediatamente seguita dalla apparentemente contrapposta ” My Eyes Keep Me in Trouble”, una canzone di Muddy Waters, dichiarazione piuttosto sincera di un “disturbo compulsivo” piuttosto comune tra i maschi e cantata con voce profonda e sensuale. A sua volta è seguita da “Love Looks Good On You” incantevole lode in stile fingerpicking ai legami sentimentali. Ancora più avanti troviamo la prorompente “Dance Juba Dance” che Davis canta con voce infuocata sopra a un banjo suonato in stile claw-hammer, mentre “See That My Grave Is Kept Clean” di Blind Lemon Jefferson è caratterizzata dalle armonie da brivido dei Blind Boys Of Alabama qui in una performance di grande potenza emotiva. E’ un mood diverso quello che arriva con “Black Coffee”, tenebroso e conturbante tributo a John Lee Hooker, con la straordinaria armonica di Fabrizio Poggi, mentre “Did You See My Baby” è un brioso omaggio a Sonny Terry con Davis stesso a suonare l’armonica. Nell’interpretazione solista di “Statesboro Blues” di Blind Willie McTell Davis dimostra la sua grandezza di narratore e la versione di “That’s No Way To Get Along” del Rev. Robert Wilkins è magistrale.


Review from R2 ROCK’N’REEL MAY/JUNE 2013 by Trevor Hodgett (4 stars)
New Yorker Guy Davis, somewhat of a modern day songster, is an engaging performer whose music ranges widely, stylistically and emotionally. “Lost Again” one of the six original songs, is a genial opener, for example, with clever and humorous lyrics. Nut it’s immediately followed by the contrasting “My Eyes Keep Me in Trouble”, a Muddy Waters song that is essentially an unashamed declaration of compulsive hominess, sung in a lascivious growl. And this is turn is followed by “Love Looks Good On You”, a charmingly fingerpicked celebration of romantic commitment. Later, the menacing, caustically-sung “Dance Juba Dance” showcases Davis’s claw-hammer banjo playing while Blind Lemon Jefferson’s “See That My Grave Is Kept Clean” features the Blind Boys Of Alabama’s spine-chilling harmonies in a performance of great emotional power. Contrastingly again, “Black Coffee” is a dark, chilling tribute to John Lee Hooker, with striking harmonica from Fabrizio Poggi, while “Did You See My Baby” is a high-spirited Sonny Terry tribute, with Davis himself playing harmonica. Davis’s solo interpretation of Blind Willie McTell’s “Statesboro Blues” shows his greatness as a storyteller, the version of Rev. Robert Wilkins’s “That’s No Way To Get Along is masterful.


Recensione dal sito francese www.bluesagain.com di Max Mercier (traduzione e adattamento)
Il nuovo lavoro del bluesman di New York Guy Davis è, per parafrasare una celebre favola di La Fontaine, “il gorgheggio di un uccello raro e dal piumaggio sfavillante”. Le 13 canzoni registrate per questo album, grazie alla grande esperienza di questo artista hanno un suono scarno, primitivo e corposo allo stesso tempo. Un suono bellissimo da assaporare alla luce palpitante di una candela. L’onore delle “armi” usate nell’album faranno cadere in ginocchio i devoti appassionati del blues delle radici: qui ci sono chitarre acustiche a 6 e 12 corde, tra cui la leggendaria Gibson J45 dai bassi gravi e infernali, un banjo, un mandolino, e l’armonica di Fabrizio Poggi, elemento fondamentale per tracciare il ritmo dell’album; più un paio di ospiti davvero importanti i Blind Boys of Alabama e Lea Gilmore. Tutto qui. L’album inizia con un ritornello che sembra tessuto su un cotone leggero per arrivare ad un lamento finale suonato in finger picking e concluso da un bouquet di armonici della chitarra. Brani intensi e incalzanti, interpretati da Guy con bruciante passione; che ci proiettano nel profondo di un juke joint del Vecchio Sud, nel periodo tra le due guerre, un luogo dove troviamo uomini che lasciano il loro lavoro sulle rotaie della ferrovia per immergersi completamente in una pozza di whisky rancido. Ci sono brani da ballare, altri pieni di ironia, l’abbaiare di un cane senza padrone, e i voli targati Hohner di Fabrizio, frasi melodiche, e persino le radici del rock’n’roll che affiorano da questo humus fumante. Ruvido e di grande spessore. Questo è Juba Dance, un disco in cui troverete l’anima preziosa di un vero artista. Uno degli ultimi.


Review from www.bluesagain.com by Max Mercier
Devant cette nouvelle livraison du bluesman new-yorkais Guy Davis, Monsieur de la Fontaine aurait tort de se poser la question qui le taraude habituellement, et nous venons ici le rassurer en fanfare et douze mesures standard : oui, Jeannot, le ramage de l’oiseau rare se rapporte bel et bien à son étincelant plumage. Les 13 morceaux enregistrés pour cet album quasi-primitif sont charpentés à grandes fritées d’expérience. Le son porte beau et le choix des armes fera se prosterner à genoux, sous la flamme vacillante d’une bougie, les aficionados du blues des racines : des guitares acoustiques à 6 ou 12 cordes, dont la mythique Gibson J45 aux basses dantesques, un banjo, une mandoline, l’harmonica de Fabrizio Poggi, le stomp élémentaire pour frapper la cadence, des invités de marque, The Blind Boys of Alabama et Lea Gilmore. Et puis c’est tout. Du refrain des cotonnades introductif à la douce complainte finale, crypto-picking clôturé sur un bouquet d’harmoniques, on est projeté au fond d’un juke joint du Vieux Sud, entre les deux guerres, avec une enfilade de pièces à l’ancienne gavées de lancinances, de martellements surclassiques, en boucles obsessionnelles, où les êtres sortent des rails pour plonger tête nue dans une mare de mauvais whisky. En contrepoint, il y a l’interprétation embrasée de Guy. Il y a du shuffle à danser, de l’humour, des aboiements incontrôlés, les envolées de Hohner signées Fabrizio, des phrasés mélodieux, parfois même les soubassements du rock’n’roll qui affleurent de cet humus fumant. Rudimentaire. Epais. Juba Dance, ou l’âme saphir de l’homme debout.


Recensione dal sito russo www.blues.ru di Alexander Panin – cinque stelle – (traduzione)
Questo è Il nuovo album di Guy Davis, registrato nella città italiana di Bergamo, con la partecipazione di di Fabrizio Poggi un armonicista a me sconosciuto ma estremamente bravo… In questo disco, il rapporto tra cover e materiale di Davis è del cinquanta per cento, anche se tutte le tracce hanno un sound assolutamente personale. La canzone “See That My Grave Is Kept Clean” sostenuta dal banjo e dalle voci dei Blind Boys of Alabama diventa un ispirato numero gospel. “That’s No Way to Get Along” e “Saturday Blues” non sono brani originali ma sono straordinariamente favolosi e potenti. E le cose scritte da Guy? “Dance Juba Dance” tutta giocata sui riff ipnotici del banjo e sul suono dei cucchiai ha un fascino arcaico; e “Black Coffee” è il brano in cui lo strumento e il talento di Fabrizio si esprimono alla massima potenza; tanto che anche Davis prende la sua armonica e, ispirandosi a Sonny Terry, ci dona la divertente “Did You See My Baby?”. Da notare anche “Satisfied” caratterizzata dal suono pieno e compatto della chitarra a sei e dodici corde e dal banjo. Vi ho parlato di circa la metà dei brani contenuti in questo cd che ha al suo interno molti altri momenti luminosi. Un disco meraviglioso con un suono acustico ricco e bellissimo. Una vera perla nella discografia di Guy Davis!


Review from www.blues.ru (RUSSIA)
“Juba Dance” 2013 – @@@@@
Íîâûé àëüáîì Ãàÿ Äýâèñà, çàïèñàííûé â èòàëüÿíñêîì ãîðîäå Áåðãàìî ïðè ó÷àñòèè íåèçâåñòíîãî ìíå õàðïåðà Ôàáðèöèî Ïîäæè. Ñåé ãóáíîãàðìîíèñò çåëî õîðîø, íî ðå÷ü ñíà÷àëà íå î íåì. Íà ýòîì äèñêå ñîîòíîøåíèå êàâåðîâ è ñîáñòâåííîãî ìàòåðèàëà Äýâèñà ïðèìåðíî ïÿòüäåñÿò íà ïÿòüäåñÿò, è ñîâåðøåííî èñêëþ÷èòåëüíûå òðåêè åñòü â îáåèõ êàòåãîðèÿõ. Ïåñíÿ See That My Grave Is Kept Clean ñ ïàðòèåé áàíäæî è äîçàïèñàííûìè ïîäïåâêàìè ñàìèõ Blind Boys of Alabama ïðåâðàòèëàñü â ïðîíèêíîâåííûé ãîñïåë-íîìåð, That’s No Way to Get Along è Saturday Blues îðèãèíàëîâ, êîíå÷íî, íå çàìåíÿò, íî íåâåðîÿòíî ìîùíû è õîðîøè. À âåùè àâòîðñòâà Ãàÿ? Ñîâñåì àðõàè÷íî çâó÷àùàÿ Dance Juba Dance ñ ãèïíîòè÷íûì áàíäæî-ðèôôîì, ïðèòîïûâàíèÿìè è èãðîé íà ëîæêàõ! Black Coffee, ãäå â ïîëíóþ ìîùü ðàçâîðà÷èâàåòñÿ èíñòðóìåíò Ôàáðèöèî. È òóò æå ñàì Äýâèñ áåðåòñÿ çà ãàðìîøêó è âûäàåò ñìåøíóþ òåìó Did You See My Baby â äóõå Ñîííè Òåððè. Íåëüçÿ íå îòìåòèòü Satisfied ñ íàñûùåííûì çâóêîì: òóò íàëîæåíû øåñòè-, äâåíàäöàòèñòðóíêà è áàíäæî. ß ïåðå÷èñëèë âñåãî îêîëî ïîëîâèíû òðåêîâ äèñêà, íî è îñòàëüíûå ñîäåðæàò íåìàëî èçþìèíîê. Çàìå÷àòåëüíàÿ çàïèñü ñ î÷åíü áîãàòûì è êðàñèâû&


Recensione dal sito britannico www.redlick.com (traduzione)
GUY DAVIS featuring FABRIZIO POGGI – JUBA DANCE
Un nuovo album di Guy Davis è sempre un’ occasione degna di nota, in cui solitamente ci vengono offerti tanti brani di tradizione blues e roots abbinate a canzoni insolite e piacevoli. Questo nuovo CD non fa eccezione. Registrato (per lo più) in Italia con l’elegante e misurata armonica blues di Fabrizio Poggi (in circa la metà dei brani) a fornire l’unico supporto strumentale alle chitarre acustiche di Guy, al banjo, al tamburello e all’armonica suonata occasionalmente anche dallo stesso Guy. Tra i punti più elevati del disco ci sono sicuramente le canzoni cantate a più voci: particolarmente riuscito è il supporto vocale dei Blind Boys Of Alabama su una versione estesa di “See That My Grave Is Kept Clean” di Blind Lemon Jefferson. Inoltre abbiamo apprezzato la versione di “Some Cold Rainy Day” di Bertha ‘Chippie’ Hill in cui il duetto tra Lea Gilmore e Guy ci ha ricordato le eccellenti registrazioni di Diana Braithwaite e Chris Whitely pubblicate negli anni scorsi dalla Electro-fi. Le altre rivisitazioni (di Blind Willie McTell, Muddy Waters, Rev. Robert Wilkins e Ishman Bracey) sono maggiormente fedeli agli originali, ma, come accade sempre con Guy, in ogni brano c’è una sufficiente quantità della sua personalità da permettergli di mettere il proprio marchio su queste canzoni rendendole proprie. Anche i brani scritti di suo pugno sono eccellenti: in modo particolare ci piace “Love Looks Good on You“, un brano evocativo il cui incedere ci ha richiamato alla mente le prime registrazioni di Taj Mahal. Se avete avuto la fortuna di ascoltare Guy durante il suo breve tour britannico sapete già quanto questo musicista sia speciale. In caso contrario, questo CD è un ottimo modo per conoscere un vero musicista blues e roots.


Review from www.redlick.com (UK)
GUY DAVIS featuring FABRIZIO POGGI – Lost Again, My Eyes Keep Me In Trouble, Love Looks Good On You, Some Cold Rainy Day, See That My Grave Is Kept Clean. Dance Juba Dance, Black Coffee, Did You See My Baby, Satisfied, That’s No Way To Get Along, Saturday Blues, Prodigal Son, Statesboro Blues
A new album from Guy Davis is always a notable occasion, each invariably providing lots of traditional rootsy blues alongside a few unusual but enjoyable interludes.This new CD is no exception, recorded in Italy (mostly) and with the tasteful blues harp of Fabrizio Poggi (on about a half of the tracks) providing the only instrumental support to Guy’s own acoustic guitars, banjos, tambourine and occasional harmonica playing by Guy himself. Some of the most notable highlights come from Guy’s vocal exchanges on a couple of songs – particularly good is the vocal support of the Blind Boys Of Alabama on an expanded version of Blind Lemon Jefferson’s See That My Grave Is Kept Clean. I also like the version of Bertha ‘Chippie’ Hill’s Some Cold Rainy Day on which Lea Gilmore and Guy’s vocal duelling are reminiscent of the excellent recordings released over recent years by Diana Braithwaite and Chris Whitely on Electro-fi.The other covers (of Blind Willie McTell, Muddy Waters, Reverend Robert Wilkins and Ishman Bracey) are more faithful to the originals but, as always with Guy, have enough of his personality stamped over them to make these versions his. And the originals are excellent: I particularly enjoy Love Looks Good On You, an evocative and beautifully paced song that calls to mind the early recordings of Taj Mahal.If you were lucky enough to catch Guy on his short UK tour recently you will already know how special he is. If not, this CD is an excellent way to get yourself acquainted with a real blues and roots musician.


Recensione apparsa su www.rootstime.be di Luc Meert (traduzione)
Guy Davis è garanzia di qualità. Chi è familiare con il lavoro di quest’uomo e ha avuto il piacere di vederlo dal vivo sa benissimo che si tratta di uno degli artisti blues viventi più carismatici di oggi. A suo nome ci sono una dozzina di eccellenti lavori, ne citiamo solo un paio che sono tra gli album da “avere assolutamente”: il sublime album dal vivo “On Air”, il fantastico “Sweetheart Like You “e l’insolito e affascinante ” The Adventures of Fishy Waters”. “Juba Dance”, la sua ultima fatica, è sicuramente da aggiungere a questa lista perché il nostro ancora una volta ha fatto centro raggiungendo come sempre vette assolute. Niente di nuovo sotto il sole se non l’assoluta onestà di Guy Davis nell’approcciare il repertorio antico del blues. Canzoni scritte di suo pugno intervallate da sublimi cover. Le sue canzoni hanno sempre un fantastico tratto narrativo, la scrittura è sempre divertente, affascinante e mai caustica. Davis per questo disco si avvale del sostegno del magistrale armonicista Fabrizio Poggi e ascoltandolo si capisce facilmente perche abbia già conquistato Otis Taylor e Eric Bibb. Il suo strumento sembra quasi conversare con la calda voce di Guy e facendo ciò indubbiamente aggiunge una dimensione superiore a questo disco già di per sé attraente. E che dire di ospiti importanti e straordinari come i Blind Boys Of Alabama? In “See That My Grave Is Kept Clean” ” cantano in maniera così impressionante da costringerti a premere continuamente il pulsante del tuo stereo per ascoltare più volte il brano. La canzone di Blind Lemon Jefferson prende logicamente una sfumatura gospel ed è di una bellezza inimmaginabile. Ma non è il solo momento accattivante del disco. Davis, per esempio, ci offre una versione incredibilmente invitante di “My Eyes Keep Me In Trouble” di Muddy Waters “; e non si può certo restare indifferenti quando ci propone “Statesboro Blues” di Blind Willie McTell. Un’altra bella prova è la swingante title track “Dance Juba Dance” con quel conturbante, fantasioso e veloce gioco di mani su un banjo suonato in stile claw-hammer. Quasi un’ora di musica di una bellezza straordinaria. A ciò si aggiunge una particolare cura del libretto che contiene le note di ogni canzone… Inoltre, non si può ignorare la presenza di Lea Gilmore. La lenta “Some Cold Rainy Day”, perfetta simbiosi tra blues e gospel, è puro piacere! Quest’ album è l’ennesimo esempio di quanto il blues possa essere seducente. Guy Davis, è la prova vivente di quanto possa essere meraviglioso il blues più puro. Altamente raccomandato e già candidato tra i migliori dischi dell’anno… Luc Meert


Review from www.rootstime.be by Luc Meert
Guy Davis staat garant voor kwaliteit. Wie eigen is met het werk van de man en het genoegen al heeft gesmaakt om hem live aan het werk te zien weet dat hij een van de meest charismatische, doorleefde bluesartiesten is van het moment. Een flink dozijn uitstekende releases heeft hij al op zijn naam intussen en voor de vuist weg sommen we er een paar op die je gerust als absolute must-have albums mag catalogeren: het sublieme live abum “On Air”, het fantastische “Sweetheart Like You” en het ongemeen boeiende “The Adventures of Fishy Waters”. Voeg aan dat lijstje maar gerust zijn nieuwste worp “Juba Dance” aan toe want wederom is de man er in geslaagd om een absoluut topproduct af te leveren. Er is niets nieuws onder de zon. Guy Davis is er nog steeds met zijn doodeerlijke benadering van de oude, originele bluessongs. Zelfgepende songs, afgewisseld met sublieme covers. Zijn songs nog steeds verhalend gebracht, subliem afwisselend tussen, al dan niet bijtende, humoristische en/of beklijvend tekstgeschrijf. Davis krijgt op deze uitgave de steun van de meesterlijke mondharmonicaspeler Fabrizio Poggi en die laat probleemloos horen waarom ondermeer Otis Taylor en andere Eric Bibb’s op hem al beroep deden. Hij laat zijn instrument haast in dialoog gaan met Guy’s warme stem en voegt ontegensprekelijk een extra dimensie aan deze aantrekkelijke plaat. Maar wat dan gedacht van het gastoptreden van de ronduit briljante Blind Boys Of Alabama? Op “See That My Grave Is Kept Clean” zingen ze zo indrukwekkend knap dat een rush naar de repeatknop gegarandeerd is. Het Blind Lemon Jefferson nummer krijgt hierdoor een logischerwijze wat gospelachtig tintje aangesmeerd en is van een onvoorstelbare schoonheid. Het is niet het enige beklijvende moment op de plaat. Davis is bijvoorbeeld zo ongelooflijk pakkend bezig op Muddy Waters’ “My Eyes Keep Me In Trouble” of ook nog op Blind Willie McTell’s “Statesboro Blues” dat je daar onmogelijk onbewogen kan bij blijven. Dat hij het ook anders kan bewijst hij dan weer op het swingende titelnummer “Dance Juba Dance” met dat indrukwekkende, inventieve, snelle claw-hammer banjospel! Haast een uur onvoorstelbare schoonheid krijg je gepresenteerd. Voeg daarbij nog het bijzonder verzorgd boekje met uitleg over de songs en je bestelling moest al onderweg zijn! Je kan ook niet naast de aanwezigheid van Lea Gilmore. Het trage “Some Cold Rainy Day” is een perfecte symbiose tussen blues en gospel, puur genieten! Dit album is alweer een staaltje van ongebreideld kunnen. Guy Davis , het levende bewijs van hoe mooi pure blues wel kan zijn. Absolute aanrader en alvast kandidaat voor eindejaarslijstje, zijn warme plaat is welgekomen in deze (te )koude periode van het jaar!


Recensione apparsa sul sito francese ZICAZINE di Fred Delforge (traduzione)
A differenza del suo buon amico Eric Bibb, con il quale si frequenta sin da bambino (le loro famiglie sono state strettamente legate durante gli anni ’50 e ’60), Guy Davis viene solo raramente a portare la buona parola del blues rurale in Francia. Originario di New York, il bluesman ha forgiato il suo stile ascoltando le storie raccontate dai nonni e le ha usate per comporre nuovi brani in cui racconta le vecchie storie del sud degli Stati Uniti attraverso un sound acustico estremamente variegato. Nove volte nominato agli Handy Awards, Guy Davis non è solo un cantante dalla voce ruvida e un chitarrista ispirato, ma anche un attore e uno scrittore attivo nel mondo del cinema e del teatro; a Broadway infatti ha interpretato il ruolo di Sonny Terry nella commedia “Finian’s Rainbow “; e altrove si è assicurato il ruolo di protagonista nella commedia “Robert Johnson: Trick of The Devil “. Stella della scena blues americana, l’artista pur mantenendo un proprio tocco speciale e particolare, non dimentica di tenere accesa l’antica fiamma del blues celebrando regolarmente brani dei pionieri del genere, cosa che fa anche in questo nuovo album che vede la presenza di un altro grande compositore, cantante e armonicista italiano: Fabrizio Poggi, uno che ha collaborato con i più grandi artisti del genere. Volutamente sobrio e scarno “Juba Dance” ci accompagna in un pellegrinaggio sonoro in cui la voce è supportata talvolta solo da una chitarra, da un banjo e da un’armonica. Si passa attraverso Muddy Waters, Blind Lemon Jefferson, Josh White e Blind Willie McTell con la stessa meraviglia con cui si scoprono canzoni come “Lost Again”, “Black Coffee” e “Satisfied”, brani che non smettono di trasmettere emozioni in quanto colmi di ottimi spunti e soprattutto di grande feeling. La complicità tra i due formidabili bluesmen dà ottimi risultati in ogni momento e si traduce in tesori folk, blues e roots. E’ quasi naturale quindi l’invito a Lea Gilmore e ai Blind Boys of Alabama ad unirsi a loro rispettivamente in “Some Cold Rainy Day ” e ” See That My Grave Is Kept Clean “… Un album che sicuramente sarà difficile togliere dal lettore una volta una volta messo lì!


Review from ZICAZINE by Fred Delforge
Contrairement à son grand ami Eric Bibb qu’il fréquente depuis son enfance, leurs deux familles étant très liées dans les années 50 et 60, Guy Davis n’est que trop rarement venu porter la bonne parole de son blues rural en France. Natif de New York, le bluesman a forgé son style en écoutant les histoires racontées par ses grands-parents et les a utilisées pour ses propres morceaux dans lesquels il transpose sur des sonorités acoustiques très vastes les vieilles anecdotes du Sud des Etats Unis. Neuf fois nominé aux W.C. Handy Awards, Guy Davis n’est pas seulement un chanteur à la voix rugueuse et un guitariste inspiré mais écrit et joue également pour le cinéma et le théâtre puisqu’on pouvait le croiser à Broadway où il jouait le rôle de Sonny Terry dans la pièce « Finian’s Rainbow » et ailleurs où il assurait le rôle principal dans la pièce « Robert Johnson : Trick The Devil ». Incontournable de la scène blues américaine, l’artiste y apporte sa touche très particulière mais n’en oublie pas pour autant d’entretenir la flamme en reprenant régulièrement les morceaux des pionniers du genre, un exercice auquel il se livre une fois encore sur ce nouvel album sur lequel on remarque la présence d’un autre très grand songwriter, le chanteur et harmoniciste italien Fabrizio Poggi qui a déjà collaboré avec les plus grands artistes du genre. Volontairement très sobre, très dépouillé, « Juba Dance » nous entraîne dans des errances où la voix est juste soutenue par une guitare ou un banjo et un harmonica et nous fait passer de Muddy Waters à Blind Lemon Jefferson et de Josh White à Blind Willie McTell avec la même grâce qu’il nous dévoile des « Lost Again », des « Black Coffee » ou des « Satisfied » qui n’en finissent plus de donner le frisson tant ils sont remplis de bonnes choses et surtout de feeling. La complicité entre les deux formidables bluesmen se traduit à chaque instant par des trésors de blues roots et de folk blues pleins de naturel et c’est en invitant en prime Lea Gilmore mais aussi les Blind Boys Of Alabama à le rejoindre respectivement sur « Some Cold Rainy Day » et « See That My Grave Is Kept Clean » que Guy Davis met la touche finale à une « Juba Dance » qui, on l’espère, le ramènera dans l’hexagone un peu plus longuement que pour le concert qu’il donnera le 16 avril prochain au Sunset à Paris. Un album à ne surtout plus sortir de la platine une fois qu’on l’y a glissé !


Beautiful review and 5 stars from www.ctrlaltcountry.be
JUBA DANCE: a small masterpiece…
On his sixtieth and meanwhile over thirty-five years deep into his career as a “recording artist” – As in English bullied so delicious! – Guy Davis has of course long been nothing more to prove. With its extraordinarily appropriate translations of ancient rural blues form to the here and now harvest everytime tons of applause. And rightly so! For what a crack is this guy anyway! A real hell of a singer, an equally great storyteller-songsmith, a super guitarist, a boulder on the harmonica and moreover also a great entertainer. Basically one of the most prominent blues artists of the moment tout court. And if you join in too not immediately want to follow, then we recommend the man’s new album “Juba Dance” quickly somewhere to go give a listen. On that, if we get it right, meanwhile twelfth of him is Davis for the occasion flanked by the traces include all of Eric Bibb, Garth Hudson, Marcia Ball, Otis Taylor, Charlie Musselwhite and Flaco Jimenez earned having harmonica virtuoso Fabrizio Poggi . Together the pair carves its way through six new Davis songs and covers of obscure and less obscure all material respectively Muddy Waters, Bertha “Chippie” Hill, Blind Lemon Jefferson, Reverend Robert Wilkins, Ishman Bracey, Josh White and Blind Willie McTell. Well over fifty-five minutes acoustic blues of the really very best kind. The highlights in our opinion it is extremely catchy own tune “Lost Again”, Davis ‘absolutely captivating reading of Muddy Waters’ “My Eyes Keep Me In Trouble”, the pure love once again glorifying “whisper song” “Love Looks Good On You “it to walking pace with gospel (blues) diva Lea Gilmore shared” Some Cold Rainy Day “, the gospel-like, with a guest appearance by the legendary Blind Boys Of Alabama upgraded” See That My Grave Is Kept Clean “, talking about catching clawhammer banjo go wonderfully with the butt shaking title track “Dance Dance Juba and covers of” That’s No Way To Get Along “and” Statesboro Blues “from Davis’ own heroes the Reverend Robert Wilkins and Blind Willie McTell. Songs of that caliber will every true lover of modern acoustic blues again and again to this album do revert. A small masterpiece! http://www.ctrlaltcountry.be/pagina9.htm


Recensione e 5 stelle dal sito belga www.ctrlaltcountry.be (traduzione)
JUBA DANCE: un piccolo capolavoro…
Al suo sessantesimo compleanno e contemporaneamente dopo trentacinque lunghi anni di carriera come “recording artist” – delizioso termine anglofono – Guy Davis è sicuramente un veterano che non deve ormai dimostrare nulla. Con le sue straordinarie e appropriate interpretazioni dell’antica forma blues rurale raccoglie da sempre tonnellate di applausi. Ed è giusto così! … E’ un diavolo di cantante, un altrettanto grande narratore – compositore, un chitarrista eccellente, un solido armonicista e per di più anche un grande intrattenitore. In pratica per dirla tout court: uno degli artisti più importanti del blues del momento. E se ancora non siete suoi seguaci, allora vi consigliamo di procurarvi immediatamente il suo nuovo album “Juba Dance” e di trovare in fretta un posto dove andare ad ascoltarlo. In questo che è il suo dodicesimo disco per l’occasione è affiancato dal virtuoso dell’armonica Fabrizio Poggi, uno che si è guadagnato la stima di Eric Bibb, Garth Hudson, Marcia Ball, Otis Taylor, Charlie Musselwhite e Flaco Jimenez… Insieme la coppia si apre la strada attraverso sei nuove canzoni di Davis e reinterpretazioni di materiale più o meno oscuro di Muddy Waters, Bertha “Chippie” Hill, Blind Lemon Jefferson, Rev. Robert Wilkins, Ishman Bracey, Josh White e Blind Willie McTell. Ben oltre 55 minuti del migliore blues acustico. I punti salienti, a nostro avviso, sono l’estremamente orecchiabile melodia di “Lost Again”, la rilettura alla Davis e assolutamente affascinante di “My Eyes Keep Me In Trouble ” di Muddy Waters, il puro amore sussurrato e “celebrato” di Love Looks Good On You”, “Some Cold Rainy Day” condiviso con la cantante gospel (blues) Lea Gilmore, la rivisitazione quasi gospel di “See That My Grave Is Kept Clean” con ospiti i leggendari Blind Boys of Alabama, la coinvolgente title track “Juba Dance” che ti cattura con il suono del clawhammer banjo, e le riletture di “That’s No Way To Get Along “e” Statesboro Blues ” di due degli eroi di Davis: il Reverendo Robert Wilkins e Blind Willie McTell. Canzoni di questo calibro faranno si che ogni vero amante del blues acustico moderno ascolti questo disco più e più volte. Un piccolo capolavoro! http://www.ctrlaltcountry.be/pagina9.htm